martedì 29 gennaio 2013

SPECIALE HCS:L'IMPERATORE DIOCLEZIANO


Gaio Aurelio Valerio Diocleziano, nato Diocle (latino: Gaius Aurelius Valerius Diocletianus; greco: Διοκλῆς, DioclesSalona22 dicembre244[3] – Spalato3 dicembre 311[4]), è stato un imperatore romano che governò dal 20 novembre 284 al 1º maggio 305.
Nato in una famiglia di umili origini della provincia romana della Dalmazia, Diocle (questo il suo nome originario) salì i ranghi dell'esercito romanofino a diventare comandante di cavalleria sotto l'imperatore Marco Aurelio Caro (282-283). Dopo la morte di Caro e di suo figlio Numeriano nellacampagna contro i Sasanidi, Diocle fu proclamato imperatore (in questa occasione mutò il proprio nome in Diocleziano), in opposizione al figlio maggiore di Caro, Marco Aurelio Carino, che era stato nominato imperatore dal padre prima della campagna e che si trovava in Occidente: i due si scontrarono nella battaglia del fiume Margus, in cui Carino perse il regno e la vita (284).
Con l'ascesa al trono di Diocleziano ebbe fine il periodo noto come crisi del terzo secolo, caratterizzato da un elevato numero di imperatori che regnavano per pochi anni e si succedevano tramite colpi di Stato. Per consolidare il potere imperiale, infatti, Diocleziano mise in atto una serie di riforme politiche e amministrative, tra cui la condivisione dell'impero tra più colleghi. Nel 285, infatti, nominò il suo commilitone MassimianoAugusto, co-imperatore; il 1º marzo 293 nominò due Cesari, vice-imperatori, Galerio e Costanzo, dando così vita alla «Tetrarchia», il «governo dei quattro»: ciascun Augusto avrebbe governato su metà dell'impero, delegando il governo di metà del proprio territorio al proprio Cesare, il quale gli sarebbe succeduto dopo venti anni di regno.[5]
Separò l'amministrazione civile da quella militare, rafforzandole entrambe, e riorganizzò la suddivisione delle province, fondando nuovi centri amministrativi a NicomediaMediolanumAntiochia e Treviri, luoghi più vicini alle turbolente frontiere dell'impero dell'antica capitale, Roma. Completò l'evoluzione in senso autocratico dell'istituto imperiale, che aveva caratterizzato il III secolo, elevandosi al di sopra delle masse attraverso l'introduzione di un cerimoniale di corte molto elaborato e imponenti architetture.
Diocleziano rafforzò l'impero anche dal punto di vista militare, colpendo i nemici interni ed esterni. Sconfisse i Sarmati e i Carpi in numerose campagne tra il 285 e il 299, gli Alemanni nel 288, e schiacciò una ribellione in Egitto nel 297 e 298. Diede sostegno al proprio cesare Galerio nelle sue campagne contro i Sasanidi, che culminarono col sacco della capitale nemica, Ctesifonte, nel 299; Diocleziano condusse le successive negoziazioni e ottenne una pace favorevole e lunga.
La crescita degli apparati amministrativi civile e militare, i progetti di costruzione, il costante stato di guerra causarono l'aumento delle spese dello Stato, cui Diocleziano rispose con una completa riforma della tassazione: a partire dal 297, la tassazione imperiale fu resa più standardizzata, resa più equa e riscossa in genere a tassi più elevati.
Non tutte le riforme di Diocleziano furono dei successi. L'Editto sui prezzi massimi (301), il suo tentativo di controllare l'inflazione tramite l'introduzione di prezzi calmierati, fu contro-produttivo e rapidamente dimenticato. La Tetrarchia, che mostrò di essere un sistema di governo molto efficiente, non di meno collassò subito dopo l'abdicazione di Diocleziano a causa delle mire dinastiche di Massenzio e Costantino, figli rispettivamente di Massimiano e Costanzo. Infine, la persecuzione dioclezianea (303-311), l'ultima, più vasta e sanguinosa persecuzione ufficiale dei cristiani nell'impero, non distrusse la comunità cristiana, che, anzi, dopo il 324 divenne la principale religione imperiale sotto il primo imperatore cristiano, Costantino.
Malgrado questi fallimenti, le riforme di Diocleziano cambiarono radicalmente la struttura del governo imperiale, da lui ereditato sull'orlo del collasso, garantendo quella stabilità economica e militare che ne permise la continuazione, in forme essenzialmente intatte, per altri cento anni. Indebolito da una malattia, Diocleziano abdicò il 1º maggio 305, primo e unico imperatore a fare questa scelta volontariamente. Si ritirò nel proprio palazzo a Spalato, sulla costa dàlmata, fino alla morte, avvenuta nel 311, rifiutando gli inviti a riprendere il potere 
Anfiteatro di Salona
Di Diocleziano non si conosce con certezza né il luogo, né la data di nascita. Certamente dalmata, si sarebbe chiamato Diocle dal nome della madre e della città Doclea o Dioclea,[6] mentre suo padre sarebbe stato un libertoscriba del senatore Anullino,[7] Se si ammette che sia vissuto 68 anni e sia morto nel 313,[8] dovrebbe esser nato nel 243-244; ma è stata avanzata sia l'ipotesi[9] che Diocleziano sia morto nel 311 o 312, sicché sarebbe nato nel 242-243, sia che Diocleziano non sia morto a 68 anni, ma abbia abdicato a quell'età,[10]così che l'anno della sua nascita risalirebbe al 236; e si è ritenuto[11] che il 22 dicembre, data della sua proclamazione a imperatore, sia anche il giorno della sua nascita. Quanto alla città di nascita, oltre a Doclea, si è pensato a Salona, unicamente ritenendo che abbia deciso di ritirarsi a Spalato, sobborgo di Salona, per il desiderio di vivere i suoi ultimi anni nella città natale.[3][12]
Le origini umili, che non dovettero consentirgli un'educazione di alto livello, costituiscono probabilmente il motivo della mancanza di notizie sui suoi primi anni. Prima del 270 entrò nell'esercito, secondo una tradizione che vedeva nell'Illirico – gli odierni Balcani – una regione privilegiata di reclutamento dei militari e degli ufficiali di grado inferiore delle legioni romane: d'altra parte, dal III secolo essere un legionario significava, per un appartenente al rango deglihumiliores, entrare a far parte della superiore categoria degli honestiores. Con le riforme apportate da Gallieno, infatti, era mutata sia la composizione sociale dei comandanti militari e dei loro diretti subalterni, già monopolio aristocratico, che quella degli ufficiali intermedi, un tempo privilegio dell'ordine equestre: dopo il 260 il comando delle legioni e la carica di tribuno militare fu assegnata a ufficiali di carriera spesso di bassa origine sociale. Era ora possibile, anche per un semplice legionario che si distinguesse per abilità e disciplina, scalare i diversi gradi dell'esercito – centurione, protectordux – fino a ottenere incarichi amministrivi prestigiosi, quale quello di praefectus.
Riguardo alla carriera militare di Diocle, la spesso inaffidabile Historia Augusta riporta che servì in Gallia al tempo di Aureliano[13] e di Probo,[14] ma questa notizia non è confermata da altre fonti e ignorata dagli storici moderni.[15] Secondo lo storico Giovanni Zonara, attorno al 280 Diocle sarebbe stato dux Moesiae,[16][15] ossia comandante dell'esercito stanziato in Mesia, regione corrispondente all'odierna Serbia, vigilando le frontiere del basso Danubio.[15][17] Quando nel 282 Probo fu rovesciato e ucciso e il prefetto del pretorio Marco Aurelio Caro proclamato imperatore, Diocle divenne domesticos regens, ossia[18] comandante dei protectores domestici, la guardia a cavallo dell'imperatore, e l'anno dopo fu nominato console suffetto.[19]

Ascesa al trono [modifica]

Morte di Numeriano [modifica]

Moneta recante l'effige di Numeriano.
Nel 283 Diocle prese parte alla spedizione di Caro contro i Sasanidi. I Romani ottennero una facile vittoria sul nemico, in quanto il sovrano sasanideBahram II era impegnato a consolidare il proprio potere, ma l'imperatore Caro morì improvvisamente (luglio/agosto 283), e suo figlio Numeriano, consigliato dal suo prefetto del pretorio e suocero Arrio Apro, guidò l'esercito romano sulla via del ritorno, 1.200 miglia lungo il fiume Eufrate che percorse con ordine e lentamente: nel marzo 284 si trovavano ad Emesa, in Siria, a novembre ancora in Asia Minore.[20][21]
Quando l'esercito fece tappa ad Emesa, Numeriano sembra fosse ancora vivo e in buona salute (qui, infatti, promulgò l'unico suo rescrittoconservatosi),[22] ma quando lasciò la città, i suoi collaboratori dissero che era affetto da un'infiammazione agli occhi e Numeriano continuò il viaggio in una carrozza chiusa.[20] In prossimità di Nicomedia,[23] Giunti in Bitinia,[21] alcuni soldati sentirono un cattivo odore provenire dalla carrozza;[24]l'aprirono, e vi trovarono il cadavere di Numeriano, che era morto da diversi giorni.[20][21][25]
I generali e i tribuni romani si riunirono per deliberare sulla successione, e scelsero Diocle come imperatore.[21][26][27] Il 20 novembre 284[28] Diocle fu proclamato imperatore dai suoi colleghi generali[29] su di una collina a 5 km da Nicomedia. Poi, di fronte all'esercito che lo acclamava augusto, il nuovo imperatore giurò di non aver avuto alcuna parte nella morte di Numeriano, e che Apro aveva ucciso l'imperatore e poi tentato di nasconderne la morte;[30]Diocle estrasse allora la spada e uccise Apro;[31] secondo la Historia Augusta, citò un verso di Virgilio mentre lo faceva.[32]
Questa tradizionale narrazione degli avvenimenti non è del tutto accolta dalla critica storica: già Edward Gibbon sosteneva[33] che Apro fu ucciso «senza dargli tempo di entrare in una pericolosa giustificazione» e la stessa pubblica protesta di innocenza di Diocleziano durante la cerimonia di investitura[34] appare sospetta e dimostra almeno che la colpevolezza di Apro non doveva essere così scontata come fu poi fatta apparire. È possibile che Diocleziano sia stato a capo di una congiura dei generali che si liberarono sia di Numeriano, giovane più votato alla poesia che alle armi,[35] che del suocero Apro.[36] Inoltre, storicamente Diocleziano non intese presentarsi come vendicatore di Numeriano, tanto che fece cancellare il suo nome da molte epigrafi ufficiali,[37] e dal panegirista Claudio Mamertino Diocleziano fu descritto come liberatore «da una crudelissima dominazione».[38]
Poco dopo la morte di Apro, Diocle mutò il proprio nome nel più latinizzante «Diocleziano»,[39] adottando il nome di Gaio Aurelio Valerio Diocleziano.[40]

Guerra contro Carino [modifica]

Testa in marmo da una statua di Marco Aurelio Carino, figlio di Caro e avversario di Diocleziano nella battaglia del fiume Margus
Rimaneva da risolvere la divisione del potere con il fratello maggiore di Numeriano, Carino, che dopo la morte del padre si era rapidamente diretto aRoma[21] e aveva assunto il consolato per la terza volta nel 285. Carino, fatto divinizzare Numeriano, dichiarò Diocleziano usurpatore e con il suo esercito si mosse verso Oriente; lungo il percorso, nei pressi di Verona, sconfisse in battaglia e poi uccise il governatore Marco Aurelio Sabino Giuliano, che si era proclamato imperatore.[41][42][43][44] Ad ogni modo, la rivolta di Giuliano fece il gioco di Diocleziano, aiutandolo a presentare Carino come un tiranno crudele e oppressivo.[44]
Diocleziano assunse a sua volta il consolato, e scelse Cesonio Basso come collega.[42][45][41][46] Basso proveniva dalla famiglia senatoria campana deiCaesonii, ed era stato già console e proconsole d'Africa per tre volte, una distinzione voluta dall'imperatore Probo.[41] Si trattava dunque di un politico esperto in molte aree in cui Diocleziano, presumibilmente, era invece inesperto.[45] La scelta di prendere come collega Basso significava il suo rifiuto di accettare una posizione subordinazione rispetto a Carino, mettendolo in chiara opposizione col suo governo,[41] e dimostrava la sua volontà di continuare la collaborazione con l'aristocrazia senatoriale e militare,[45] legando il suo successo personale con quello del Senato, del cui sostegno aveva bisogno nella sua avanzata su Roma.[41]
Durante l'inverno 284/285 Diocleziano attraversò i Balcani verso Occidente, e giunse al confronto decisivo con Carino nella primavera del 285, poco prima della fine di maggio,[42][45] nei pressi del fiume Margus (la Grande Morava) in Moesia; gli studiosi moderni hanno individuato il luogo della battaglia del fiume Margus tra il Mons Aureus (Seona, a occidente di Smederevo) e Viminacium, nei pressi della moderna Belgrado, in Serbia.[41][47][48] Malgrado Carino avesse l'esercito più forte, nella battaglia del fiume Margus aveva la posizione più debole; secondo gli storici antichi, fu ucciso da uno dei suoi ufficiali, di cui aveva sedotto la moglie.[49] Gli storici moderni, invece, ritengono che sia morto a causa di un tradimento; il suo prefetto del pretorio e collega console, Aristobulo, lo tradì subito dopo l'inizio della battaglia, passando dalla parte di Diocleziano, il quale lo premiò confermandogli il suo posto.[50][43]
Dopo la fine della battaglia, Diocleziano ottenne un giuramento di fedeltà dagli eserciti occidentale e orientale, che lo acclamarono augusto, e partì per l'Italia.[41][42][47][48][51]
Salito al trono, Diocleziano stimò che il sistema di governo dell'impero era inefficace per garantire un adeguato controllo di un territorio tanto vasto e militarmente minacciato su più fronti. Istituì, quindi, la tetrarchia, un sistema di governo quadricefalo che divideva l'impero in due metà, una occidentale e l'altra orientale. Due imperatori (col titolo di Augusto) erano a capo dei due territori ed erano coadiuvati da due successori (col titolo di Cesare) di loro scelta, i quali avevano un controllo quasi diretto sulla metà del territorio governato dal loro Augusto. La tetrarchia terminò nel 320, quando Costantino I riuscì a riunificare il controllo imperiale nelle sue mani.
Introducendo il nuovo sistema di governo, Diocleziano si dichiarò Augusto dell'Oriente, con capitale Nicomedia, e nominò Massimiano Augusto dell'Occidente, con capitale Mediolanum (Milano). Da tempo Roma non era la sede imperiale ordinaria, e con Diocleziano questo dato di fatto fu in qualche modo istituzionalizzato. Roma restò comunque il riferimento ideale dell'Impero, anche se le sue istituzioni erano ormai un anacronismo, in quanto il potere veniva gestito altrove, in un primo tempo a Nicomedia e a Milano, e poi a Costantinopoli. Nel 292, Diocleziano nominò Galerio suoCesare, e Massimiano fece lo stesso con Costanzo Cloro. Tutto il territorio dell'impero venne ripartito in dodici diocesi che raggruppavano più province; in questo modo, venne a cadere qualsiasi residuo di privilegio dell'Italia, che si trovò completamente equiparata alle altre parti dell'impero. Le varie diocesi furono a loro volta raggruppate in quattro regioni più ampie, ciascuna governata da un personaggio di dignità imperiale.

Regno (284-305) [modifica]

Diocleziano potrebbe essere stato impegnato a combattere i Quadi e i Marcomanni immediatamente dopo la battaglia del fiume Margus; ad ogni modo, si dirisse in Italia settentrionale e istituì un governo imperiale, ma non è noto se sia sceso fino a Roma in tale occasione.[41][42] Esiste una emissione monetaria che suggerisce un adventus dell'imperatore nella città,[52] ma alcuni storici moderni fanno notare come Diocleziano facesse iniziare il suo regno dalla data di acclamazione dell'esercito e non da quella di ratificazione del Senato romano,[53] seguendo in questo l'esempio di Caro, il quale aveva definito la ratifica senatoriale un'inutile formalità.[54] Anche nel caso in cui Diocleziano si sia recato a Roma poco dopo la sua ascesa al trono, non vi restò a lungo;[55] la sua presenza è segnalata nei Balcani il 2 novembre 285, in occasione di una campagna contro i Sarmati.[56]
Diocleziano rimpiazzò il prefetto urbano di Roma col proprio collega al consolato, Cesonio Basso; ad ogni modo, la maggior parte degli ufficiali che avevano servito sotto Carino mantennero i propri incarichi anche sotto Diocleziano.[42][57] In un atto che lo storico Aurelio Vittore definì come esempio inusuale di «clementia» imperiale,[58] Diocleziano confermò in carica il console e prefetto del pretorio di Carino che lo aveva tradito,[53][47][43][59] Aristobulo, e successivamente lo nominò proconsole d'Africa e prefetto urbano;[43] anche gli altri personaggi che restarono in carica potrebbero aver tradito Carino.[43][59]

Massimiano cesare [modifica]

Diocleziano: aureo[60]
DIOCLETIANUS-RIC VI 299-77000989.jpg
IMP C C VAL DIOCLETIANVS P F AUG, testa laureata e busto con corazza verso destra.IOVI CONSE-RVATORI ORBIS, Giove in piedi verso sinistra, tiene laVittoria su un globo nella mano destra; uno scettro nella sinistra.
4.49 gr, 6 h (zecca di Cizico), coniato nel 286-287(celebra la diarchia).
Massimianoantoniniano[61]
MAXIMIANUS RIC V 558-837708.jpg
IMP C M AUR VAL MAXIMIANUS PF AVG, testa radiata diMassimiano e busto con drappeggio e corazza verso destra.IOVI CONS-ERVAT,Giove in piedi di fronte, la testa verso sinistra, tiene un fulmine ed uno scettro; T(ertia oficina) XXI T.
22 mm, 3.80 gr, 5 h (zecca di Ticinum, terza officina) del 287.
La crisi del terzo secolo aveva dimostrato che il comando di un solo sovrano non garantiva la stabilità dell'impero; gli assassinii di Aureliano e Marco Aurelio Probo, imperatori capaci uccisi dai propri ufficiali, erano esempi molto chiari.[45] Vari conflitti affliggevano ogni provincia dell'impero, dalla Gallia alla Siria, dall'Egitto al basso Danubio. La situazione era troppo difficile da gestire per un solo imperatore, e Diocleziano aveva bisogno di un aiutante.[62][63] Nel 285,[64] a Mediolanum, Diocleziano elevò il suo collega Massimiano al rango di cesare, facendone il proprio co-imperatore.[65][62][66] La lealtà di Massimiano a Diocleziano fu un fattore importante per i successi iniziali della Tetrarchia.[65]
L'idea di una sovranità condivisa non era certo nuova nell'Impero romano. Augusto, il primo imperatore, aveva condiviso il potere con i propri colleghi, e forme più ufficiali di co-imperatore esistettero da Marco Aurelio (161-180) in poi.[65][67] Più recentemente, l'imperatore Caro e i suoi figli avevano governato insieme, sebbene senza ottenere un grande risultato. E Diocleziano si trovava in una situazione ancora più difficile dei suoi predecessori, in quanto aveva una figlia, Valeria, ma nessun figlio: il suo co-imperatore doveva dunque provenire dal di fuori della sua famiglia e non si poteva fidare di lui con leggerezza.[45][63][68] Alcuni storici sostengono che Diocleziano avesse adottato Massiminano come filius Augusti all'atto della sua incoronazione, come avevano già fatto alcuni imperatori prima di lui,[42][69][63] anche se non tutti gli storici hanno accettato questa ricostruzione.[42][63]
La relazione tra Diocleziano e Massimiano fu rapidamente ridefinita in termini religiosi. Nel 287 circa Diocleziano assunse il titolo di Iovius, Massimiano quello di Herculius.[70][65][71] Il titolo doveva probabilmente richiamare alcune caratteristiche del sovrano da cui era usato: a Diocleziano, associato a Giove, era riservato il ruolo principale di pianificare e comandare; Massimiano, assimilato ad Ercole, avrebbe avuto il ruolo di eseguire "eroicamente" le disposizioni del collega.[65][72] Malgrado queste connotazioni religiose, gli imperatori non erano "divinità", in accordo con le caratteristiche del culto imperiale romano, sebbene potessero essere salutati come tali nei panegirici imperiali; erano invece visti come rappresentanti delle divinità, incaricati di eseguire la loro volontà sulla terra.[73] Vero è che Diocleziano elevò la sua dignità imperiale al di sopra del livello umano e della tradizione romana. Egli voleva risultare intoccabile. Soltanto lui risultava dominus et deus, signore e dio, tanto che a tutti coloro che lo circondavano gli fu attribuita una dignità sacrale: il palazzo divenne sacrum palatium e i suoi consiglieri sacrum consistorium.[74][75] Segni evidenti di questa nuova qualificazione monarchico-divina furono il cerimoniale di corte, le insegne e le vesti dell'imperatore. Egli, infatti, al posto della solita porpora, indossò abiti di seta ricamati d'oro, calzature ricamate d'oro con pietre preziose.[76] Il suo trono poi si elevava dal suolo del scarum palatium di Nicomedia.[77] Veniva, infine, venerato come un dio, da parenti e dignitati, attraverso la proschinesi, una forma di adorazione in ginocchio, ai piedi del sovrano.[78][75]
Lo spostamento dall'acclamazione militare alla santificazione divina tolse all'esercito il potere di scegliere gli imperatori; la legittimazione religiosa elevò Diocleziano e Massimiano al di sopra dei potenziali rivali con un'efficacia che né il potere militare né le rivendicazioni dinastiche potevano vantare.[79] Dopo la sua acclamazione, il cesare Massimiano fu inviato a combattere i Bagaudi in Gallia, mentre Dioleziano ritornò in Oriente.[62][80]

Attività militare [modifica]

Ereditato un impero indebolito da un cinquantennio di disordini, Diocleziano si trovò impegnato a combattere ripetutamente sul fronte orientale, mentre Massimiano amministrava la parte occidentale.
Diocleziano ricacciò di là dal Danubio i Sarmati e i Quadi, nel 298 una rivolta in Egitto guidata da Domizio Domiziano fu soppressa nel sangue e la stessa Alessandria venne saccheggiata; contemporaneamente il re persiano Narsete aveva sconfinato in Armenia, stato fantoccio di Roma (296). A respingere l'aggressione fu il cesare Galerio che però subì una disastrosa ed umiliante sconfitta a Callinicum; riuscirà comunque a convincere Dioclezano a dargli un'altra occasione e stavolta la sfrutterà a suo favore: avanzando con un esercito meno numeroso del precedente ma qualitativamente superiore sulle montagne dell'Armenia, Galerio sorprese l'esercito persiano accampato e non fu difficile per i suoi uomini farne strage. Mentre Narsete evitava la cattura e tutta la sua famiglia e il suo harem cadevano nelle mani dei romani insieme ad un immenso bottino, il cesare continuò la sua avanzata in territorio persiano fino ad espugnare la capitale Ctesifonte. Nonostante ciò fu richiamato da Diocleziano, che se ne stava nelle retrovie con un esercito di supporto, per intavolare trattative di pace col nemico. In cambio della restituzione dei prigionieri persiani, i romani ottennero il protettorato sull'Armenia e l'avanzamento della frontiera fino al fiume Tigri (298). Queste vittorie garantirono un periodo relativamente lungo di tranquillità, durante il quale Diocleziano poté attuare una drastica ma decisiva riforma dell'esercito che segnò tutto il basso impero romano.
Fronte renano-danubiano [modifica]
Exquisite-kfind.pngPer approfondire, vedi le voci limes renano e limes danubiano.
285
Al nuovo ed unico imperatore, Diocleziano, toccò respingere nuove invasioni germano-sarmatiche sia in Mesia sia in Pannonia, ancora una volta favorite dall'aver sguarnito le frontiere del medio-basso tratto danubiano a causa della recente guerra civile. In seguito a tali successi ricevette l'appellativo di "Germanicus maximus" e "Sarmaticus maximus", avendo battuto in modo decisivo Quadi e Iazigi.[81][82][83][84] Contemporaneamente Massimiano mosse in Gallia, ingaggiando prima i ribelli Bagaudi nell'estate avanzata di quell'anno.[85] I dettagli della campagna sono sparsi e non forniscono alcun dettaglio tattico. Nell'autunno due eserciti barbarici, uno di Burgundi e Alemanni, l'altro di Chaibones ed Eruli, forzarono il limes renano ed entrarono in Gallia; il primo esercito morì di fame e malattia, mentre Massimiano intercettò e sconfisse il secondo.[86] In seguito a questi eventi il cesare stabilì il quartiere generale sul Reno in previsione di future campagne,[87]
286
Il prefetto della flotta del canale della Manica, il futuro usurpatore Carausio, che aveva come sede principale della flotta la città di Gesoriacum, riuscì a respingere gli attacchi dei pirati Franchi eSassoni lungo le coste della Britannia e della Gallia Belgica,[88] mentre Massimiano sconfisse Burgundi ed Alemanni, come suggerisce un suo panegirico del 289.[89][90]
287
Nuovi successi sulle tribù germaniche sono confermate dal fatto che a Diocleziano fu rinnovato l'appellativo di "Germanicus maximus" per ben due volte nel corso dell'anno. I successi furono ottenuti dalle armate dell'altro augusto, Massimiano, contro Alemanni e Burgundi sull'alto Reno,[84][91][92] oltre a Sassoni e Franchi lungo il corso inferiore.[93]
288
Un nuovo successo sulle tribù germaniche è confermato dalla quarta acclamazione di Diocleziano quale "Germanicus maximus",[84][94] per i successi ottenuti dai generali di Massimiano sia sugli Alemanni (in un'azione combinata con lo stesso Diocleziano[95]), sia sui Franchi. Massimiano era riuscito a catturarne il re dei Franchi SaliGennobaude, ed a ottenere la restituzione di tutti i prigionieri romani. A completamento dell'opera di pacificazione, dislocò alcuni Franchi nei territori circostanti Augusta Treverorum e Bavai.[96][97]
289
Un nuovo successo sulle tribù sarmatiche è confermato dalla seconda acclamazione ricevuta da Diocleziano di "Sarmaticus maximus",[81][84] mentre un altro successo sugli Alemanni fu celebrato dal futuro cesareCostanzo Cloro.[98][99]
GalerioArgenteo[100]
Galerius Argenteus 295 859322.jpg
MAXIMIANVS CAES, testa laureata a destra con drappeggio sulle spalle.VICTORIA SARMAT, i quattro tetrarchisacrificano sopra un tripode davanti ad una città con sei torri; Γsotto.
18 mm, 3.33 g, coniato nel 295-297 (celebra la vittoria sarmatica di Galerio del 294).
293
Quinta acclamazione di Diocleziano come "Germanicus maximus" in seguito ai successi riportati da Costanzo Cloro, il quale dopo aver marciato su per la costa fino agli estuari di Reno e Schelda, riportò una vittoria sugli alleati franchi del ribelle Carausio.[101] Nell'ottobre di quello stesso anno Diolceziano si recò a Sirmio per organizzare una nuova campagna militare per l'anno successivo contro i sarmati Iazigi, insieme a Galerio appositamente creato Cesare dal 1º aprile del 293, per meglio dividersi i compiti lungo le frontiere imperiali dell'Oriente romano[81][84]
294
Un nuovo successo sulle tribù sarmatiche è confermato dalla terza acclamazione ricevuta da Diocleziano di "Sarmaticus maximus", grazie ai successi conseguiti insieme a Galerio.[81][84][102] E sempre allo stesso anno sono da attribuire altri successi sulle popolazioni dei Goti.[103]
295
Nel corso di quest'anno fu la volta dei Carpi. Questo popolo non fu solo sconfitto dalle armate di Diocleziano e Galerio, ma fu in parte trasferito in territorio romano, come era già accaduto al tempo di Aureliano.[104]
297
L'augusto Massimiano fu costretto a tornare lungo la frontiera danubiana, dopo aver riorganizzato la Britannia con il suo Cesare Costanzo Cloro, per l'assenza contemporanea di Diocleziano e Galerio, impegnati in Oriente contro i Persiani. Egli riuscì a respingere un'invasione di Carpi lungo il basso corso del Danubio;[105] frattanto Costanzo ripopolò il territorio, un tempo abitato dai Batavi, con i Franchi Sali provenienti dalla Frisia.[106]
298
Il Cesare Costanzo Cloro, cui era affidata la frontiera renana, riuscì a battere la coalizione degli Alemanni in due importanti scontri (battaglia di Lingones e battaglia di Vindonissa), rafforzando questo tratto di confine almeno per qualche decennio.[106]
« Nello stesso periodo il cesare Costanzo Cloro combatté in Gallia con fortuna. Presso i Lingoni in un solo giorno sperimentò la cattiva e la buona sorte. Poiché i barbari avanzavano velocemente, fu costretto ad entrare in città, e per la necessità di chiudere le porte tanto in fretta, da essere issato sulle mura con delle funi, ma in sole cinque ore arrivando l'esercito fece a pezzi circa sessantamila Alemanni. »
(EutropioBreviarium ab urbe condita, 9, 23.)
Nel corso di questo anno, un nuovo successo sulle tribù gotiche è confermato dall'acclamazione ricevuta da Diocleziano di "Gothicus maximus".[107]
299
Diocleziano e Galerio, una volta terminate le operazioni in Oriente si concentrarono nel difendere i confini danubiani della Mesia inferiore, conducendo una campagna contro Carpi,[108] Bastarnie Sarmati (presumibilmente si trattava dei Roxolani).[109] Una grande quantità di persone appartenenti a questi popoli fu fatta prigionieri e trasferita all'interno delle frontiere imperiali (nella Pannonia a nord del fiume Drava, come sembra suggerire Ammiano Marcellino[110]).
300
Fu decretata la quarta acclamazione imperiale di "Sarmaticus maximus" a Diocleziano per i successi conseguiti l'anno precedente sulle tribù sarmatiche.[84][111]
301
Un nuovo successo sulle tribù germaniche è confermato dalla sesta acclamazione ricevuta da Diocleziano di "Germanicus maximus".[84][112]
302
Sembra che fu combattuta una nuova battaglia presso Vindonissa, dove, ancora una volta, le armate romane ebbero la meglio su quelle di Alemanni e Burgundi, ma forse potrebbe trattarsi della stessa battaglia combattuta nel 298.[90]
Fronte orientale [modifica]
Exquisite-kfind.pngPer approfondire, vedi le voci Limes orientaleStrata diocletiana e Campagne sasanidi di Galerio.
Al termine delle campagne sasanidi di Galerio del 293-298, fu costruita una nuova linea di fortificazioni: la strata Diocletiana. Si trattava di una via militaris, lungo il cosiddetto tratto di limes arabicus, e quindi comprendente forti, fortini e torri di avvistamento, e che rimase in uso fino al VI secolo.
La strada era munita di una lunga serie di fortificazioni, costruite tutte allo stesso modo: si trattava di castra rettangolari con mura molto spesse e con torri sporgenti verso l'esterno. Erano situate normalmente ad un giorno di marcia (ca. 20 miglia romane) le une dalle altre. Il percorso cominciava presso l'Eufrate a Sura, lungo il confine prospiciente il nemico sasanide, e continuava verso sud-ovest, passando prima per Palmira e poi per Damasco e congiungendosi, quindi, con la Via Traiana Nova. Vi era poi una diramazione che si spingeva ad est dell'Hauran, per Imtan, fino all'oasi di Qasr Azraq. Si trattava in sostanza di un sistema continuo di fortificazioni che dall'Eufrate collegava il Mar Rosso presso Aila.
Fronte meridionale [modifica]
Exquisite-kfind.pngPer approfondire, vedi la voce limes africano.
290
Vengono menzionati per la prima volta i Saraceni, tribù araba stanziata nella penisola del Sinai, che avevano tentato di invadere la Siria; furono battuti dalle armate di Diocleziano.[82][113]
293
Scoppiò una guerra contro i Quinquegentiani, che fu domata solo quattro anni più tardi da Massimiano.[114]
296-298
Con la fine del 296, l'augusto Massimiano, partito per la Mauretania (con un esercito formato da contingenti della guardia pretorianalegionari di Aquileia, egiziani e danubiani, ausiliari galli e germani e reclute della Tracia),[115] riuscì a respingere le tribù dei Mauri[116] ed a debellare quella dei Quinquegentiani, che erano penetrati anche in Numidia.[117] Nel 297 Massimiano diede inizio ad una sanguinosa offensiva contro i Berberi. La campagna fu lunga.[118] Non contento di averli ricacciati nelle loro terre d'origine tra le montagne dell'Atlante, da dove avrebbero potuto proseguire gli attacchi, Massimiano si avventurò in profondità nel territorio nemico infliggendo loro quanto più danno possibile a scopo punitivo, e devastandone i loro territori e respingendoli fino al Sahara. L'anno successivo (298) rinforzò le difese della frontiera africana dalle Mauritanie alla provincia d'Africa.[119]
298
Una rivolta sorta in Egitto fu soffocata nel sangue sotto Diocleziano. Al termine di essa fu ripristinata la circolazione lungo le coste del Mar Rosso, ma i territori del Dodecascheno furono abbandonati ed affidati ai Nobati, come federati contro i Blemmi.[120]

Le grandi riforme [modifica]

Riforma politico-amministrativa-territoriale: dalla Diarchia alla Tetrarchia (285-293) [modifica]
Le 12 diocesi nella nuova divisione tetrarchica dell'impero romano voluta da Diocleziano attorno al 300.
Exquisite-kfind.pngPer approfondire, vedi le voci Tetrarchia e Diocesi (impero romano).
Ottenuto il potere, Diocleziano nominò nel novembre del 285 come suo vice in qualità di cesare, un valente ufficiale di nome Marco Aurelio Valerio Massimiano, che pochi mesi più tardi (il 1º aprile del 286) elevò al rango di augusto(chiamato ora Nobilissimus et frater),[121] formando così una diarchia in cui i due imperatori si dividevano su base geografica il governo dell'impero e la responsabilità della difesa delle frontiere e della lotta contro gli usurpatori.[122]
Diocleziano, che si considerava sotto la protezione di Giove (Iovio), mentre Massimiano era sotto la protezione "semplicemente" di Ercole (Erculio, figlio di Giove), manteneva però la supremazia.[70] Tale sistema, concepito da un soldato come Diocleziano, non poteva che essere estremamente gerarchizzato.[123]
Data la crescente difficoltà a contenere le numerose rivolte all'interno dell'impero, nel 293 si procedette a un'ulteriore divisione funzionale e territoriale, al fine di facilitare le operazioni militari: Massimiano nominò a Mediolanum come suo cesare per l'Occidente, Costanzo Cloro (1 marzo); mentre Diocleziano fece lo stesso con Galerio per l'Oriente, aNicomedia (probabilmente a maggio).[5][124] L'impero fu diviso in quattro vaste aree territoriali con un numero di capitali imperiali crescente:
Questa divisione per area geografica indusse Diocleziano ad autorizzare la creazione di numerose zecche imperiali decentrate che, insieme alle tradizionali di Roma e Lugdunum, dovevanobattere moneta in modo uniforme, per la sicurezza economica di tutte le quattro parti dell'Impero ed a supporto economico di tutte le principali armate che si concentravano lungo i confini imperiali.
Il sistema si rivelò efficace per la stabilità dell'impero e rese possibile agli augusti di celebrare i vicennalia, ossia i vent'anni di regno, come non era più successo dai tempi di Antonino Pio. Tutto il territorio venne ridisegnato dal punto di vista amministrativo, abolendo le regioni augustee con la relativa divisione in "imperiali" e "senatoriali". Vennero create dodici circoscrizioni amministrative (le "diocesi", tre per ognuno dei tetrarchi), rette da vicarii e a loro volta suddivise in 101 province. Restava da mettere alla prova il meccanismo della successione.
L'impero ormai diviso in quattro parti, tra due Augusti e due Cesari, a sua volta era diviso in 12 diocesi. Ognuna di queste diocesi era governata da un pretore vicario o semplicemente vicario(vicarius), sottoposto al prefetto del pretorio (alcune diocesi, peraltro, potevano essere governate direttamente dal prefetto del pretorio). Il vicario controllava i governatori delle province (variamente denominati: proconsulesconsularescorrectorespraesides) e giudicava in appello le cause già decise in primo grado dai medesimi (le parti potevano scegliere se appellarsi al vicario o al prefetto del pretorio). I vicari non avevano poteri militari, infatti le truppe stanziate nella diocesi erano sotto il comando di un comes rei militaris, che dipendeva direttamente dal magister militum e aveva alle sue dipendenze i duces ai quali era affidato il comando militare nelle singole province. Qui sotto, la prima riorganizzazione voluta da Diolceziano con la tetrarchia, divisa in 12 diocesi, di cui 6 inOccidente e 6 in Oriente.[125]:
Infine, si perfezionò il processo di esautoramento del Senato romano come autorità decisionale: l'impero divenne una monarchia assoluta ed assunse caratteristiche tipiche delle monarchie orientali, come l'origine divina del monarca e la sua adorazione.
Riforma dell'esercito (285-293) [modifica]
I tetrarchi, una scultura di porfido saccheggiata a Bisanzio nel 1204(Basilica di San Marco a Venezia)
Exquisite-kfind.pngPer approfondire, vedi le voci Riforma dioclezianea dell'esercito romano e Difesa in profondità (esercito romano).
Diocleziano riformò ed organizzò l'esercito romano che era uscito dalla grande crisi del III secolo. Alcuni suoi atti erano già stati in parte preceduti dalle trasformazioni volute dei suoi predecessori, ma Diocleziano impostò una organica riorganizzazione.
La vera grande riforma militare di Diocleziano fu soprattutto di tipo politico.[126] Il nuovo imperatore dispose, prima di tutto, una divisione del sommo potere imperiale, dapprima attraverso una diarchia (due Augusti, a partire dal 285/286) e poi tramite una tetrarchia (nel 293, tramite l'aggiunta di due Cesari),[5][127]compiendo così una prima vera "rivoluzione" sull'intera struttura organizzativa dell'esercito romano dai tempi di Augusto. Questa forma di governo a quattro, se da un lato non fu così felice nella trasmissione dei poteri (vedi successiva guerra civile), ebbe tuttavia il grande merito di fronteggiare con tempestività i pericoli esterni al mondo romano.[128]. La presenza di due Augusti e due Cesari facilitava, infatti, la rapidità dell'intervento armato e riduceva i pericoli che la prolungata assenza di un unico sovrano poteva arrecare alla stabilità dell'Impero.
Diocleziano creò una vera e propria nuova gerarchia militare sin dalle più alte cariche statali, quelle dei "quattro" Imperatori, dove il più alto in grado era l'Augusto Iovio (protetto da Giove), assistito da un secondo Augusto Herculio (protetto da un semidio, Ercole),[70] a cui si aggiungevano i due rispettiviCesari,[127] ovvero i "successori designati".[126] In sostanza si trattava di un sistema politico-militare che permetteva di dividere meglio i compiti di difesa del confine: ogni tetrarca, infatti, curava un singolo settore strategico e la sua sede amministrativa era il più possibile vicino alle frontiere che doveva controllare (Treviri e Milano in Occidente; Sirmio e Nicomedia in Oriente[126]), in questo modo era possibile stroncare rapidamente i tentativi di incursione dei barbari, evitando che diventassero catastrofiche invasioni come quelle che si erano verificate nel III secolo.
Il nuovo sistema difensivo dei confini venne reso più elastico e "profondo": alla rigida difesa del vallum venne aggiunta una rete sempre più fitta di castellainterni, collegati tra di loro da un più complesso sistema viario (un esempio su tutti: la strata Diocletiana in Oriente). In sostanza si passò da un sistema difensivo di tipo "lineare"[129] ad uno "più profondo" (sebbene non nelle proporzioni generate dalla crisi del III secolo, quando Gallieno e gli imperatori illirici erano stati costretti dai continui "sfondamenti" del limes a far ricorso a "riserve" strategiche molto "interne" rispetto alle frontiere imperiali), che vide un notevole ampliamento dello "spessore" del limes, il quale fu esteso da una fascia interna del territorio imperiale ad una esterna, in Barbaricum, attraverso la costruzione di numerose "teste di ponte" fortificate (anche oltre i grandi fiumi RenoDanubio ed Eufrate), avamposti con relative vie di comunicazione e strutture logistiche.[130]
« Infatti, per la previdenza di Diocleziano tutto l'impero era stato diviso [...] in città, fortezze e torri. Poiché l'esercito era posizionato ovunque, i barbari non potevano penetrarvi. In ogni sua parte le truppe erano pronte a opporsi agli invasori ed a respingerli»
(ZosimoStoria nuova, II, 34.1.)
Una conseguenza di questa trasformazione delle frontiere fu anche l'aumento della protezione delle nuove e vecchie strutture militari, che vennero adeguate alle nuove esigenze difensive (tale necessità non era così urgente nei primi due secoli dell'Impero romano, dedicati soprattutto alla conquista di nuovi territori). Le nuove fortezze cominciarono così ad essere costruite, o ricostruite, in modo più compatto nelle loro dimensioni (riducendone il perimetro complessivo), più solide nello spessore delle loro mura (in alcuni casi si passò da uno spessore di 1,6 metri a 3,4 metri, come nel caso della fortezza di Sucidava) e con un maggior utilizzo di torri esterne, per migliorarne la difesa.[130]
Diocleziano, in sostanza, non solo intraprese una politica a favore dell'aumento degli effettivi, ma anche volta a migliorare e moltiplicare le costruzioni militari del periodo, sebbene queste ultime siano risultate, sulla base dei ritrovamenti archeologici, meno numerose di quanto non abbiano raccontato gli antichi[131] ed i moderni.[128].
L'aspetto complessivo che l'esercito assunse conseguentemente all'operato di Diocleziano, lodato dallo storico Zosimo, è quello di un apparato quantitativamente concentrato lungo le frontiere[132], che nello stesso tempo però manteneva un ristretto nucleo mobile centrale qualitativamente eccelso, il comitatus. Diocleziano, infatti, perfezionò ciò che di buono era stato "riformato" sotto Gallieno e gli imperatori Illirici (da Aureliano a Marco Aurelio Probo, fino a Marco Aurelio Caro), i quali avevano adattato l'esercito alle esigenze della grande crisi del III secolo.
Riforma fiscale-monetaria (294-301) [modifica]
Moneta di Diocleziano.
Exquisite-kfind.pngPer approfondire, vedi le voci Iugatio-capitatioEditto sui prezzi massimiriforma monetaria di Diocleziano e monetazione tetrarchica.
La crisi dell'Impero nel precedente mezzo secolo, aveva comportato pesanti conseguenze economiche e sociali. Diocleziano prese atto delle trasformazioni subite dalla società ed impostò una radicale opera di riforma amministrativa e fiscale, che consentì di arrestare la crisi, almeno temporaneamente.
Venne razionalizzato il sistema fiscale, eliminando antichi privilegi ed esenzioni. La quantità delle tasse veniva attentamente calcolata ogni anno sulla base delle necessità (redigendo per la prima volta un bilancio annuale) e sulla base delle risorse esistenti, determinate da un censimento. Furono unificate le tasse fondiarie (pagate dai proprietari di terre) e le tasse sulla persona (pagate dai contadini): l'unità fiscale della superficie di terreno (jugum) corrispondeva ad un lavoratore (caput): in base ai propri possedimenti ed ai lavoratori che vi erano occupati i proprietari terrieri erano tenuti a fornire allo stato beni in natura per il mantenimento dell'esercito, soldati per l'esercito e manodopera per le opere pubbliche; questa tassazione era denominata capitazione. I più ricchi potevano sostituire la tassazione in natura con monete d'oro.
Per facilitare l'amministrazione ed il controllo fu, inoltre, potenziata la burocrazia centrale e si moltiplicarono le suddivisioni amministrative: le quattro parti dell'impero (prefetture), governate ciascuna da uno dei tetrarchi (2 Cesari e 2 Augusti), furono affidate per l'amministrazione ad un "prefetto del pretorio". Le prefetture erano suddivise in 12 "diocesi" con a capo i "vicarii", a loro volta divise in "province" con a capo correctores o presides, e queste in municipia ecuriae.
La raccolta delle imposte fu affidata all'amministrazione civile (i curiali) che venne completamente staccata da quella militare: la prima aveva a capo i quattro "prefetti del pretorio", mentre l'esercito veniva affidato a governatori o proconsoli. La raccolta delle imposte per le necessità della difesa fu considerata responsabilità delle classi dirigenti locali, che ne rispondevano di tasca propria. Per dare stabilità al sistema furono inquadrati in corporazioni ereditarie anche operai e artigiani. Quando i curiali non riuscivano a riscuotere quanto previsto, dovevano pagare tutti insieme la differenza. Molti cercavano di rifiutare questo incarico abbandonando le città, e per questo la carica curiale fu resa ereditaria.
Diocleziano tentò anche di ridare valore alla moneta d'argento, aumentando la quantità di metallo prezioso nelle nuove emissioni, e per contenere l'inflazione i prezzi massimi furono fissati dall'Editto sui prezzi massimi (de pretiis rerum venalium) del 301 con un calmiere. Questi provvedimenti, tuttavia, non ebbero successo: la nuova moneta scomparve rapidamente dal mercato in quanto si preferiva conservarla (tesaurizzazione) ed i prezzi fissati fecero scomparire alcuni beni dal mercato ufficiale per essere venduti alla borsa nera e quindi lo stesso Diocleziano fu costretto a ritirare l'editto. Nel frattempo, però, le condizioni di vita della popolazione peggiorarono: le tasse erano pesantissime e molti abbandonarono le proprie attività produttive, non più redditizie, spesso per vivere come mendicanti. Diocleziano ricorse allora alla precettazione, ossia l'obbligo per gli abitanti dell'impero a continuare il proprio mestiere e la negazione della scelta libera della professione, costringendo gli abitanti dell'impero romano a subentrare ai padri nelle loro attività produttive.

Diocleziano e il Cristianesimo (303-305) [modifica]

I nomi di quattro martiri della "grande persecuzione" - Zoticos, Attalos, Kamasis, Filippos - sulla loro tomba, nella cripta della chiesa paleocristiana di Niculiţel, in Romania.
Exquisite-kfind.pngPer approfondire, vedi la voce Persecuzione di Diocleziano.
Gli ultimi anni di Diocleziano al potere furono caratterizzati dall'ultima grande persecuzione dei cristiani, iniziata nel 303 e condotta con ferocia, soprattutto nell'Oriente, dove la religione cristiana era ormai notevolmente diffusa. La riluttanza di Diocleziano ad agire nei confronti dei Cristiani fu vinta dalle insistenze di Galerio, che lo convinse a radunare un consiglio sull'argomento. Per quanto manchino testimonianze precise di quelle riunioni, gli argomenti che piegarono i dubbi dell'imperatore furono certamente quelli cari a Galerio: i Cristiani avevano creato uno Stato nello Stato, che era già governato da proprie leggi e magistrati, possedeva un tesoro e manteneva la coesione grazie alle frequenti riunioni tenute dai vescovi, ai cui decreti le comunità obbedivano ciecamente; occorreva intervenire prima che acquistassero anche una forza militare[133].
La persecuzione iniziò il 23 febbraio del 303, quando fu affisso nella capitale Nicomedia il primo editto[134], che ordinava: a) il rogo dei libri sacri, la confisca dei beni delle chiese e la loro distruzione; b) il divieto per i cristiani di riunirsi e di tentare qualunque tipo di difesa in azioni giuridiche; c) la perdita di carica e privilegi per i cristiani di alto rango, l'impossibilità di raggiungere onori ed impieghi per i nati liberi, e di poter ottenere la libertà per gli schiavi; d) l'arresto di alcuni funzionari statali.[135]
Questa nuova forma di persecuzione, basata su precise norme di legge, da un lato esasperò gli animi dei Cristiani, da un altro era soggetta ad abusi ed atti di violenza da parte dei non cristiani, che comunque lo Stato non poteva tollerare. Nel giro di pochi giorni, per due volte il palazzo e le stanze di Diocleziano subirono un incendio. La strana coincidenza fu considerata prova della dolosità dei due eventi, ed il sospetto ricadde ovviamente sui Cristiani. Diocleziano, sentendosi minacciato in prima persona, abbandonò ogni residua prudenza ed irrigidì la persecuzione. Nonostante i numerosi arresti, torture ed esecuzioni, sia nel palazzo che nella città, non fu possibile estorcere alcuna confessione di responsabilità nel complotto. Ad alcuni apparve però sospetta la frettolosa partenza di Galerio dalla città, giustificandola con il timore di restare vittima dell'odio dei Cristiani[136].
Acquaforte di Jan Luyken raffigurante la Persecuzione degli imperatori Diocleziano e Massimiano (Eeghen 686)
Forse per l'iniziale scarsa animosità nei confronti della persecuzione da parte di Diocleziano, che voleva magari verificarne gli esiti personalmente prima di dover intervenire su larga scala, stranamente l'editto impiegò quasi due mesi per arrivare in Siria e quattro per essere reso pubblico in Africa. Nelle varie parti dell'impero i magistrati e i governatori applicarono comunque con varia severità (e a volte con mitezza) il decreto, ma le vittime e le distruzioni delle chiese furono numerose, come numerosi furono i roghi dei libri sacri (che però, grazie alla loro diffusione, non ottennero il risultato voluto).[137] Questo editto fu seguito da altri, nei quali si comminavano pene sempre più gravi, dapprima nei confronti dei funzionari pubblici, e quindi di tutti i cittadini di fede cristiana.[138]
Eusebio definirà una vera guerra gli anni che seguirono: molti furono i lapsi, ma anche i martiri.[139]. Il maggior numero di vittime si ebbe nell'area controllata da Diocleziano (Asia minore, Siria, Egitto), dove i cristiani erano molto numerosi; nei meno cristianizzati Balcani il cesare Galerio, spesso indicato come l'ispiratore della persecuzione, fu egualmente duro. Anche in Italia e in Africa Occidentale, governata dall'augusto Massimiano, le violenze furono dure e si contarono molti martiri, anche se il quarto editto fu applicato in modo limitato; invece in Britannia e Gallia il cesare Costanzo Cloro, padre di Costantino I, applicò solo il primo editto[140]. A proposito dei martiri di questo periodo sono rimaste testimonianze epigrafiche ed agiografie ritenute autentiche[141]
La persecuzione prese forma in un periodo nel quale il cristianesimo era ormai radicato nell'impero (si stima che all'inizio del regno di Diocleziano circa il 10% della popolazione dell'impero fosse cristiana[138]); non mancavano però le resistenze: verso il 300 circolavano numerose pubblicazioni anticristiane, che spaziavano dal filosofico al triviale[138]. Diocleziano fu in genere tollerante nei confronti degli avversari politici, ma si dimostrò molto rigido nei confronti di quelle che considerava deviazioni intellettuali: nel 297 si rivolse ad esempio contro i manichei. Il difficile equilibrio con il cristianesimo resse fino al 303. Per spiegare l'avvio della persecuzione sono state proposte diverse motivazioni: rafforzamento dei pregiudizi[138], interessi economici, reazione alla cristianizzazone dell'Armenia.
All'abdicazione di Diocleziano, nel 305, la persecuzione non aveva ottenuto i risultati sperati, ma gli attacchi contro i cristiani vennero portati avanti da Galerio, anche se in modo intermittente, fino al 311. Durante la persecuzione i cristiani trovarono, in molte località, protezione anche presso i vicini pagani, segno di una crescente tolleranza popolare nei confronti della nuova religione[138].

Gli ultimi anni (305-311) [modifica]

Ricostruzione grafica del palazzo di Diocleziano a Spalato, dove lo stesso si ritirò nel 305, per morirvi nel 311.
Exquisite-kfind.pngPer approfondire, vedi la voce Palazzo di Diocleziano.
Dopo avere festeggiato il ventennale del proprio governo, in occasione del quale visitò per la prima ed unica volta la città di Roma, andandosene deluso (dopo aver visionato anche la costruzione delle più grandi terme romane, a lui dedicate),[142] con una solenne cerimonia, il 2 maggio 305 depose la carica e il titolo di Augustus(contemporaneamente, allo stesso giorno e alla stessa ora, a Milano fece lo stesso anche il collega Massimiano), e si ritirò in un meraviglioso palazzo fatto costruire appositamente a Spalato (poco distante da Salona).
Nel 308 accettò di partecipare al convegno di Carnuntum, convocato per risolvere le tensioni causate dalla nomina diMassenzio ad Augustus, ma rifiutò la proposta di Massimiano e Galerio di ritornare a esercitare le funzioni diAugustus, ritirandosi definitivamente dalla vita politica. A Carnuntum venne stabilita per l'ultima volta pacificamente la gerarchia tetrarchica: Galerio Augusto d'oriente (Asia Minore, il Vicino Oriente e l'Egitto); Massimino Daia Cesare d'oriente (Provincie illiriche, Tracia, Dacia, Grecia e Macedonia); Licinio Augusto d'occidente (Pannonia, Italia, Norico, Rezia e Nordafrica); Costantino Cesare d'occidente (Britannia, Gallie, Germania Superior e Inferior e Spagna). Massenzio veniva riconosciuto per l'ennesima volta usurpatore e Massimiano costretto a ritirarsi a vita privata. È curioso notare come in oriente il potere dei tetrarchi fosse ben saldo, mentre in occidente l'usurpatore Massenzio governava di fatto su Italia, Spagna, Norico, Rezia e Nordafrica. Questo presupponeva una nuova ondata di guerre in cui Costantino e Licinio avrebbero dovuto rivendicare quelle regioni che Diocleziano aveva loro riconosciuto.nel caos politico che corrispose al collasso della Tetrarchia.   WIKIPEDIA.IT

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