venerdì 25 gennaio 2013

I BUCHI NERI


Il termine ‛buco nero' fu coniato nel 1967 da John Wheeler. Un buco nero può essere descritto, in termini di fisica newtoniana, come un corpo caratterizzato da massa Me dimensioni (raggio R) tali da avere alla sua superficie una velocità di fuga vf = √2GM/R, uguale alla velocità della luce nel vuoto, c (la quantità G è la costante di gravitazione). La notizia della possibile esistenza di tali corpi compare per la prima volta nella letteratura scientifica in un lavoro di John Michell del 1783 e, indipendentemente, in un lavoro di Pierre-Simon Laplace del 1795. Michell e Laplace si resero conto che in corpi di data densità ρ e di raggi crescenti, la velocità di fuga alla superficie, √(8π/3)GρR2, cresce indefinitamente, e, per raggi = √3c2/ (8πGρ), essa diventa uguale alla velocità della luce. In termini della massa del corpo anziché della sua densità, il raggio limite diventa R = 2 GM/c2. Invocando la natura corpuscolare della luce, Michell e Laplace conclusero che tale corpo sarebbe risultato incapace di emettere alcun segnale luminoso e, dunque, sarebbe apparso completamente nero.
Oggi sappiamo che la derivazione precedente non è esatta, poiché per buche di potenziale gravitazionale tanto profonde da verificare la condizione vf = c, la fisica newtoniana cessa di essere valida e diviene necessaria una descrizione in termini della teoria della relatività generale di Einstein.
Nel 1916, con una lettera scritta dal fronte russo, poco prima della sua morte, Karl Schwarzschild rese nota la soluzione delle equazioni di Einstein che porta il suo nome. La soluzione di Schwarzschild descrive la metrica dello spazio-tempo all'esterno di un corpo sferico stazionario di massa data. Come vedremo nel seguito, in questa metrica esistono soluzioni che hanno proprietà analoghe al buco nero classico. Negli anni seguenti, furono trovate altre soluzioni delle equazioni di Einstein, adatte a descrivere corpi in rotazione e corpi elettricamente carichi. Queste soluzioni corrispondono ad altrettanti tipi diversi di buco nero. A causa della grande complessità delle equazioni di Einstein, i calcoli che portano a queste soluzioni sono molto laboriosi e le proprietà dei moti di materia in prossimità dei buchi neri sono tuttora oggetto di studio.
I buchi neri previsti dalla relatività generale sono oggetti stazionari e stabili, e le loro proprietà classiche sono descritte nel cap. 2. Non ci soffermeremo invece sulla trattazione quantistica, in quanto la mancanza di una soddisfacente teoria quantistica della gravitazione non permette di valutarne in modo definitivo le proprietà. Il fatto che l'orizzonte degli eventi di un buco nero funga da barriera dell'informazione, sottraendo all'osservatore esterno una zona di universo in precedenza osservabile, pone in modo naturale il problema dell'entropia di un buco nero. Nel cap. 3 sono esposti gli argomenti che portano ad attribuire a un buco nero grandezze termodinamiche come entropia e temperatura, descrivendone le conseguenze pratiche. La proprietà dei buchi neri di influenzare lo spazio-tempo nelle loro vicinanze può portare infatti a notevoli effetti osservativi. Nel cap. 4 vengono descritte alcune delle proprietà osservabili di un buco nero e la possibilità teorica di realizzare delle ‛macchine del tempo'. Nel cap. 5 vengono esaminati alcuni meccanismi che potrebbero portare alla formazione dei buchi neri, e nel cap. 6 si riassumono le varie prove osservative sull'esistenza dei buchi neri che, come si vedrà, è estremamente probabile, ma non è stata ancora provata. La sua conferma costituirebbe una forte evidenza a favore della validità della teoria della relatività generale. Infatti, mentre la teoria è stata verificata per campi gravitazionali deboli, per i quali causa una modifica relativamente piccola alle previsioni della gravitazione newtoniana, i buchi neri consentirebbero una verifica nel limite opposto dei campi gravitazionali forti.       TRECCANI.IT

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