martedì 1 gennaio 2013

LA GUERRA DI TROIA


Nella mitologia greca, la guerra di Troia è narrata come una sanguinosa guerra combattuta tra i Greci e la potente città di Troia per il controllo dell'Ellesponto.
Secondo la tradizione della mitologia greca, il conflitto ebbe inizio a causa del ratto di Elena, la regina di Lacedemone (la futura Sparta), ritenuta la donna più bella del mondo. Il marito di Elena, Menelao, grazie all'aiuto del fratello Agamennone radunò un incredibile esercito, formato dai maggiori comandanti dei regni greci e dai loro sudditi, muovendo così guerra contro Troia. Il conflitto durò 10 anni, con gravissime perdite da ambo i lati. Fra le vittime più celebri l'invincibile prode Achille, principe di FtiaEttore, comandante in capo dell'esercito troiano e figlio del re Priamo; la città cadde dopo dieci anni di assedio. L'Iliade finisce in verità con la cerimonia funebre per Ettore, la cremazione del corpo e la raccolta delle ossa in un'urna d'oro. È ancora oggetto di studi e controversie la questione sulla veridicità storica degli avvenimenti della guerra di Troia. Alcuni studiosi pensano che vi sia un fondo di verità dietro gli scritti di Omero, altri pensano che l'antico poeta abbia voluto raggruppare diversi avvenimenti accaduti durante guerre e assedi, nel periodociviltà micenea, in un unico conflitto, quello fra greci e troiani appunto. Alcuni studiosi pensano anche che Omero non sia mai esistito, ma grazie alle due opere (Iliade ed Odissea) è stato possibile trovare le mura di Troia e grazie a questo ritrovamento straordinario gli storici hanno collocato cronologicamente l'episodio verso la fine dell'età del Bronzo, intorno 1300-1200 a.C., in parte accettando la datazione di Eratostene.
Gli eventi del conflitto sono noti principalmente attraverso l'Iliade di Omero, in quanto gli altri testi letterari del "Ciclo Troiano", sono ormai perduti e conosciuti solo tramite posteriori testimonianze. Singoli eventi sono infatti descritti in innumerevoli testi della letteratura greca e letteratura latina, dipinti o scolpiti in numerose opere d'arte.Grazie a queste testimonianze è stata ricostruita la guerra di Troia come si studia oggi nei testi scolastici. I testi più autorevoli sono pertanto senza dubbio l'Iliade e l'Odissea di Omero, composte intorno al IX secolo a.C. Entrambi narrano una piccola parte del conflitto, l'Iliade racconta fatti avvenuti durante l'ultimo anno di guerra, l'Odissea il viaggio di Ulisse per tornare in patria dopo la conquista della città.
Gli altri avvenimenti dello scontro sono tratti dai cosiddetti Poemi del ciclo Epico: i canti Ciprii, l'Etiopide, la piccola IliadeIliou Persis, i Nostoi e laTelegonia. Sebbene di questi poemi sopravvivono ormai solo pochi frammenti, abbiano notizia delle trame grazie ai riferimenti di un tale Proclo. Non sappiamo se questo Proclo sia un filosofo neo-platonico del V secolo d.C. o un grammatico del II secolo, e nemmeno sappiamo ancora bene chi siano gli autori di questi poemi del ciclo epico. Alcuni datano queste opere intorno al VII o VI secolo a.C., poco dopo i poemi omerici da cui hanno preso spunto, sebbene si pensi che possano anche essere legati a tradizioni precedenti.
I poemi di Omero e quelli del ciclo epico prendono spunto dalla tradizione orale. Anche dopo la composizione di questi testi le storie della guerra di Troia furono tramandate oralmente o in forma non poetica. Alcuni elementi narrativi trovati in alcuni testi posteriori potrebbero essere desunti proprio da questa tradizione orale. Le storie del conflitto circolavano inoltre grazie alle immagini dipinte sulle anfore o sui calici.
Nei secoli successivi drammaturghi, scrittori e filosofi presero spunto dagli eventi della guerra di Troia per le loro opere. I tre grandi tragediografi ateniesi,EschiloSofocle ed Euripide, scrissero molti drammi sui personaggi della guerra di Troia. Fra gli scrittori romani il più importante è senza dubbio Virgilio. Nel 2º libro dell'Eneide, descrive il sacco di Troia ispirandosi sicuramente ai fatti narrati nei poemi del ciclo epico (specialmente l'Iliou Persis).
La storia qui riportata segue l'ordine di eventi secondo le testimonianze di Proclo, dell'Iliade, dell'Odissea e dell'Eneide, più alcuni dettagli dedotti da altri autori

Il piano di Zeus [modifica]

Zeus si era accorto che la Terra era troppo popolata. Inizialmente voleva distruggere l'umanità con fulmini e inondazioni, poi su consiglio di Momo, il dio degli scherzi, o di Themis[3], decise invece di favorire il matrimonio di Tetide e Peleo, da cui sarebbe scoppiata appunto la guerra di Troia, che avrebbe portato alla fine del regno degli eroi. C'è anche chi sostiene che Zeus vedesse in molti guerrieri dei potenziali usurpatori del trono di capo degli olimpi. Come racconta la mitologia grecaZeus era diventato re degli dei detronizzando Crono; Crono a sua volta aveva preso il posto di suo padre Urano. Memore di quanto possa essere crudele la propria progenie, Zeus, che aveva avuto molti figli dalle sue tante relazioni con donne mortali, ne aveva timore: e più in generale temeva l'intera categoria dei semidei.[4].

Il matrimonio fra Peleo e Teti [modifica]

Il giudizio di Paride di Juan de Juanes.
Zeus venne a sapere da Themis o da Prometeo che un figlio avrebbe potuto detronizzarlo, proprio come lui aveva fatto col padre[5]. Un'altra profezia aveva inoltre predetto che la ninfa Teti, con cui Zeus tentava di avere una relazione, avrebbe generato un figlio che sarebbe diventato più grande del padre[6]. Per queste ragioni Teti sposò un re mortale molto più vecchio di lei, Peleo. Fece questo o per ordine di Zeus[7] o perché non voleva fare uno screzio ad Era che l'aveva allevata da bambina[8].
Tutti gli dei vennero invitati al matrimonio di Peleo e Teti eccetto Eris, la dea della discordia, che fu fermata alla porta da Hermes per ordine di Zeus stesso. Sentendosi insultata, la dea andò su tutte le furie[9] e gettò nel bel mezzo della tavolata una mela d'oro con la scritta «Tei Kallistei» (alla più bella). EraAtena e Afrodite pensavano spettasse loro di diritto possedere la mela e cominciarono a litigare fra di loro. Nessuno degli dei tentò di favorire con la propria opinione una delle tre dee per non inimicarsi le altre due. Zeus ordinò quindi a Hermes di condurre le tre dee da Paride, un principe troiano, ignaro della sua discendenza reale, che era stato abbandonato appena nato sul monte Ida[10] poiché un sogno premonitore aveva profetizzato che egli sarebbe stato causa della guerra di Troia[11].
Le dee apparvero al giovane nude e siccome Paride non era in grado di dare un giudizio, le tre divinità promisero al giudice dei doni. Atena gli offrì la saggezza, l'abilità bellica, il valore dei guerrieri più potenti, Era il potere politico e il controllo su tutta l'Asia, Afrodite l'amore della donna più bella del mondo, Elena di Sparta. Paride diede la mela ad Afrodite. Le due dee che avevano perso andarono via desiderose di vendetta.
Il giovane si recò in seguito in città, a Troia, perché gli araldi di Priamo avevano portato via il suo toro migliore per darlo in premio al vincitore di alcune gare sportive organizzate dal re. Paride partecipò ai giochi atletici e sconfisse i nobili rampolli di Troia, vincendo di conseguenza il proprio toro. I giovani troiani, umiliati, volevano ucciderlo ma Cassandra, figlia preveggente del re Priamo, riconobbe in lui il fratello perduto. Priamo decise allora di accettarlo nella famiglia reale, sebbene Cassandra avesse consigliato di non farlo.
Dall'unione fra Peleo e Teti nacque un bambino Achille. L'oracolo predisse che sarebbe morto o vecchio a causa della maturità in una vita tranquilla e priva di imprese, o giovane sul campo di battaglia guadagnando l'immortalità attraverso la poesia degli aedi[12]. Teti tentò di rendere immortale il figlio. Lei provò dapprima a bruciarlo nel fuoco durante la notte per eliminare le sue parti mortali e poi a strofinarlo con ambrosia durante il giorno. Peleo, che già aveva perso sei figli in questa maniera, riuscì a fermarla. Teti lo bagnò allora sul fiume Stige facendolo diventare immortale nei punti toccati dall'acqua. Lei aveva però tenuto il piccino dal tallone che rimase la sua unica parte vulnerabile, da qui la frase «tallone d'Achille», per indicare il punto debole di un persona[13].

Il ratto di Elena [modifica]

Les Amours de Pâris et d'Hélène (L'amore di Paride e Elena) particolare, 1788 di Jacques-Louis David (1748–1825), Louvre.
La più bella donna del mondo era Elena, una delle figlie di Tindaro, re di Lacedemone (la futura Sparta). Sua madre era Leda che venne sedotta o stuprata da Zeus sotto forma di cigno[14]. Leda partorì così quattro gemelli, due maschi e due femmine. Castore e Clitennestra erano figli di Tindaro, Elena e Polluce di Zeus[15]. Secondo un'altra versione del mito, Elena era figlia di Nemesi, la vendetta[16]. Quando giunse in età da marito Elena attirò alla corte del padre una moltitudine di pretendenti desiderosi di prenderla in sposa. Tindaro non sapeva chi scegliere per non offendere così gli altri.
Infine uno dei pretendenti, Ulisse, propose un piano per risolvere il dilemma, in cambio dell'appoggio di Tindaro per farlo sposare con la nipote Penelope, figlia del fratello di lui Icario[17]. Elena avrebbe dovuto scegliere il marito. Secondo un'altra tradizione Ulisse propose di fare un sorteggio o secondo un'altra, più accreditata, era il padre a scegliere il marito per la sposa (come farà poi Agamennone per ingannare Ifigenia e portarla in Aulide). Vennero inoltre costretti tutti i pretendenti a giurare di difendere il matrimonio di Elena, qualunque marito venisse scelto. I giovani giurarono sacrificando i resti di un cavallo. Di certo non mancarono i borbottii di alcuni[18].
Venne scelto come marito Menelao. Quest'ultimo non si era presentato come pretendente alla reggia ma aveva mandato il fratello Agamennone in suo nome. Aveva promesso un'ecatombe di 100 buoi ad Afrodite se avesse avuto in moglie Elena ma, non appena seppe di essere lui il prescelto, dimenticò la promessa fatta, causando l'ira della dea[19]. Agamennone e Menelao vivevano in quel periodo alla corte di Tindaro perché esiliati da Micene, loro terra natia, dallo zioTieste e dal cugino Egisto, dopo la morte del padre Atreo, ucciso dallo stesso Tieste. Menelao ereditò dunque il trono di Sparta da Tindaro poiché gli unici suoi figli maschi, Castore e Polluce, erano stati assunti fra le divinità[20]. Agamennone sposò in seguito Clitemnestra, sorella di Elena, e scacciò Egisto e Tieste da Micene, riprendendosi così il trono del padre[21].
Durante una missione diplomatica (il recupero della zia Esione rapita da Eracle) Paride si recò a Sparta e si innamorò della bella Elena. Enea, nobile figlio diAfrodite e Anchise, re dei Dardani, accompagnava Paride. Durante il loro soggiorno a Sparta, Menelao dovette recarsi a Creta per i funerali di Catreo, lo zio[22]. Paride, sotto influsso di Afrodite[9], riuscì a sedurre Elena e a partire con lei verso Troia, nonostante i rimproveri di Enea, portando con sé il ricco tesoro di Menelao. Era, ancora adirata con Paride mandò contro di lui una tempesta, costringendolo a sbarcare in Egitto, dove, secondo Stesicoro, Elena fu sostituita daNefele, un fantasma con le sue sembianze[23]. Secondo Omero Elena giunse in carne e ossa a Troia, non vi è traccia di alcun finto fantasma. La nave giunse poi a Sidone prima di giungere a Troia. Lì Paride, timoroso di essere catturato da Menelao, perse diverso tempo prima di tornare in patria[24].
Il rapimento di donne non è una storia nuova nella mitologia classica. Ricordiamo Io, rapita da Zeus e trasformata in mucca, Europa, portata via dalla Fenicia e condotta a Creta, Esione, sorella di Priamo, rapita da Eracle ai tempi del re Laomedonte e consegnata a Telamone, re di Salamina[25]Medea, fuggita insieme a Giasone dalla Colchide[26]. Tutte queste donne erano però orientali portate in Grecia, forse questa volta Paride volle ricambiare portandosi in Oriente una donna greca[27].

L'adunata in Aulide [modifica]

Menelao, tornato a Sparta e scoperto l'inganno, inviò un'ambasceria a Troia per chiedere la restituzione della moglie, ma ne ebbe un rifiuto: nell'assemblea dei troiani aveva prevalso infatti la linea dura, portata avanti da Paride e Antimaco, consigliere di re Priamo. Gli Atridi decisero pertanto di ricorrere al giuramento fatto dai pretendenti in onore di Elena per radunare un esercito ed attaccare i troiani, affidando tale messaggio al savio Nestore, re di Pilo.

Ulisse e Achille [modifica]

Ulisse qualche tempo prima si era sposato con Penelope da cui aveva avuto un figlio, Telemaco. Per evitare la guerra si finse pazzo e cominciò a seminare sale per i campi. Palamede, il re di Nauplia, mandato ad Itaca per convincerlo, uomo di ingegno arguto, prese il piccolo Telemaco e lo posizionò nel solco su cui sarebbe dovuto passare Ulisse che, non volendo uccidere il figlio, girò da un'altra parte, rivelando però così di essere ancora sano di mente e di certo pronto per partecipare alla guerra[28].
Achille invece era stato nascosto dalla madre a Sciro, mascherato con abiti femminili per non farlo riconoscere agli araldi mandati da Agamennone. Egli si era già unito in matrimonio con Deidamia, figlia del re, e da questa unione era nato Neottolemo[29], detto anche Pirro (il biondo). Aiace Telamonio, cugino di Achille, il suo vecchio precettore Fenice e soprattutto Ulisse, travestiti da mercanti, (secondo altri vi era solo Ulisse, o Ulisse e Diomede) si recarono nella reggia di Sciro per scovare il giovane figlio di Peleo. Vi sono due tradizioni sul riconoscimento dell'eroe. Secondo la prima tradizione Ulisse suonò un corno, chiaro segno di un attacco nemico, ed Achille, anziché fuggire come fecero le figlie del re, afferrò una lancia per affrontare i nemici e venne riconosciuto[30]. Nella seconda tradizione, la più famosa, Ulisse portava con sé un cesto con degli ornamenti femminili e una spada bellissima. Achille non osservò i gioielli ma guardò la stupenda arma e per questo venne scoperto da Ulisse e condotto al campo acheo[31]. Secondo Pausania, Achille non si nascose a Sciro perché l'isola venne poi conquistata durante la guerra di Troia dal Pelide stesso[32].
Le forze Achee si radunarono dunque nel porto di Aulide, in Beozia. Tutti i pretendenti spedirono i propri eserciti eccetto re Cinira di Cipro. Sebbene lui spedì corazze ad Agamennone, come stabilito, al posto di spedire le cinquanta navi promesse ne spedì soltanto una vera, mentre le altre erano di fango[33]Idomeneo, re di Creta, invece era disposto a schierare l'esercito cretese solo a patto che avesse potuto condurre con sé un vice comandante, il nipote Merione[34]. L'ultimo comandante ad arrivare fu Achille, che allora aveva soltanto quindici anni. Mentre i re sacrificavano ad Apollo per garantire il proprio giuramento, un serpente divorò gli otto piccoli di un nido di passeri e in seguito mangiò anche la madre. Secondo Calcante questo evento era un responso divino, la guerra sarebbe durata per dieci anni[35].

Telefo [modifica]

Le navi salparono ma nessuno sapeva come giungere a Troia. Ci fu dunque un errore di rotta e gli Achei sbarcarono per sbaglio in Misia, dove regnava Telefo, figlio di Eracle, che disponeva oltre degli uomini di Misia anche di un contingente dall'Arcadia, essendo infatti proveniente da questa regione[36].
Durante la battaglia i greci riuscirono a conquistare Teatrante, capitale del regno, e Achille, con la sua lancia, ferì Telefo, che già aveva ucciso Tersandro, re di Tebe[37]. Salvatosi dallo scontro Telefo si recò a Delfi per sapere come poter guarire dalla ferita causatagli dal Pelide che non intendeva rimarginarsi e provocava terribili dolori. L'oracolo rispose che lo stesso feritore l'avrebbe guarito.
La flotta achea tornò dunque in Grecia. Achille partì verso Sciro e sposò Deidamia. Le forze greche furono radunate un'altra volta. Telefo si recò in Aulide, travestito da mercante, e chiese ad Agamennone di poter essere guarito[38] o, secondo un'altra tradizione, prese in ostaggio il piccolo Oreste, figlio del re di Micene[39]. Ulisse comprese che sarebbe stata la lancia stessa di Achille a guarirlo. Pezzi di lancia furono raschiati e passati sulla ferita, rimarginandola[40]. Telefo in seguito avrebbe mostrato agli Achei come giungere a Troia.

Il secondo raduno [modifica]

Mappa della Grecia omerica.
Otto anni dopo lo sbarco in Misia gli eserciti greci furono ancora radunati[41]. Ma non appena le navi giunsero in Aulide il vento cessò di soffiare. Calcanteprofetizzò che Artemide era offesa con Agamennone perché questi aveva ucciso un cervo sacro o perché lo aveva ucciso in bosco sacro dicendo di essere miglior cacciatore di lei. L'unico modo di placare Artemide era sacrificare Ifigenia, figlia di Agamennone e Clitennestra o di Elena e Teseo, affidata alla sorella dopo il matrimonio con Menelao[42].
Agamennone rifiutò la proposta ma gli altri principi minacciarono di fare comandante Palamede[43] se Agamennone non avesse avuto il coraggio di uccidere la figlia. Fu costretto ad accettare e richiamò la figlia e la moglie in Aulide col pretesto di voler far sposare Ifigenia con Achille. In un impeto di amore paterno Agamennone mandò una lettera alla moglie, ordinandole di rimanere a Micene, poiché quella era una trappola ma il messaggio venne intercettato da Ulisse (o da Palamede) che non la spedì a destinazione. Ulisse e Diomede vennero mandati a Micene per condurre lì la giovane e la famiglia di Agamennone. Clitemnestra venne però a sapere dell'inganno grazie ad Achille. Questi promise inoltre il suo aiuto ma Ulisse riuscì a sobillare l'esercito chiedendo il sacrificio.
Ifigenia, in uno slancio patriottico, decise allora di sacrificarsi per il bene della Grecia. La giovane secondo una prima tradizione morì effettivamente immolata, secondo un'altra, quella utilizzata da Euripide, fu scambiata con una cerva da Artemide stessa che la portò in Tauride, designandola come sua sacerdotessa.
Le forze greche sono descritte in dettaglio nel secondo libro dell'Iliade, il cosiddetto Catalogo delle navi, che comprendeva 1178 navi con 50 rematori circa a testa. Questa accurata descrizione ci permette di avere una visione della situazione geo-politica greca, che partecipò alla guerra di Troia durante la quale la famiglia dei Pelopidi la faceva da padrone con:
poi c'erano:
Tucidide spiega che secondo la tradizione erano approssimativamente 1200 navi, con un numero di uomini variabile, vi era chi infatti come i Beoti aveva navi con 120 uomini, chi, come Filottete, soltanto cinquanta.
Le forze greche andavano quindi da un minimo di 70.000 a un massimo di 130.000 uomini. Un altro catalogo viene dato da Apollodoro che differisce su qualcosa ma è simile ad Omero nella suddivisione numerale. Alcuni pensano che Omero abbia preso spunto da reali documenti provenienti dall'età del bronzo, altri pensano che abbia inventato tutto di sana pianta. Oggi gli storici hanno drasticamente ridimensionato la consistenza del corpo di spedizione greco, le cui forze vengono stimate in circa 300 navi e 15.000 uomini.
Vengono anche descritti gli schieramenti troiani, che secondo Omero contavano circa 50.000 uomini fra Troiani e alleati. Non sappiamo quale lingua parlavano i troiani. Omero spiega che i contingenti alleati di Troia parlavano lingue straniere, i comandanti in seguito traducevano gli ordini. Nell'Iliade inoltre troiani ed Achei hanno stessi usi, stessi costumi e stessa religione. Gli avversari parlano inoltre la stessa lingua, probabilmente un effetto di tipo drammatico.

I primi nove anni della guerra [modifica]

Filottete [modifica]

Filottete era amico di Eracle e poiché accese per lui la pira funebre, incarico che tutti avevano rifiutato, ricevette dall'eroe l'arco e le invincibili frecce intinte nel sangue dell'Idra di Lerna[44]. Lui navigò verso Troia con sette navi ma durante una sosta, in cui i suoi uomini si fermarono nell'isola Crise[45] per fare rifornimenti (o da soli o insieme al resto dell'esercito[46]) venne in quell'occasione morso da un serpente. La ferita divenne infetta, emanando un cattivo odore, e Ulisse dunque avvisò Agamennone dello spiacevole accaduto costringendo l'Atride, a causa del puzzo emanato dalla ferita, ad abbandonare l'eroe sull'isola di Lemno, rimanendo così esiliato per dieci lunghi anni. Medonte, fratellastro di Aiace Oileo, prese il controllo degli uomini di Filottete.
Sbarcati a Tenedo, isola di fronte al lido di Troia, l'attaccarono ma la città venne difesa dal suo regnante Tenete, figlio di Apollo (secondo altri solo un suo protetto, il vero padre era Cicno). Achille depredò Tenedo e tentò di catturare Emitea, sorella di Tenete che, disperata, chiese agli dei di poter essere inghiottita dalla terra: dopo la tragica fine della giovane, le cui preghiere vennero esaudite, Achille mosse contro il sovrano nonostante Teti avesse ordinato al figlio di non uccidere Tenete per non incorrere nell'ira del dio[47]: invano, poiché Tenete era già caduto sotto la spada del Pelide. Da quel giorno Apollo tentò in tutti i modi di uccidere Achille e infatti, sarà proprio Apollo a dirigere la freccia di Paride nel suo tallone.
Da Tenedo venne poi spedita una delegazione a Priamo, formata da Menelao, Ulisse e Palamede per chiedere nuovamente la restituzione di Elena ma anche questa volta le loro proposte furono rifiutate. Priamo infatti dette ascolto al suo consigliere Antimaco, animato da un odio irriducibile nei confronti degli Achei.[48].

L'arrivo [modifica]

Calcante profetizzò che il primo acheo a toccare la terra troiana dopo essere sbarcato con la sua nave sarebbe morto per primo[49]. Achille decise dunque di non essere il primo a scendere e fu cosìProtesilao, re di Filache, a sbarcare per primo[50], il Pelide scese solo in seguito uccidendo durante lo scontro che ne seguì Cicno, un alleato dei troiani, figlio di Poseidone.
I troiani, spaventati dall'assalto greco fuggirono all'interno della città mentre Protesilao che aveva dimostrato valore e coraggio uccidendo diversi troiani trovò, primo fra tutti, la morte per mano di Ettore[51],EneaAcate o Euforbo (le tradizioni divergono su questo punto). Gli dei lo seppellirono come un dio sulla penisola Tracia, una regione della Troade, dopo la sua morte sarebbe stato il fratello Podarce a guidare le truppe di Filache.

Le campagne di Achille [modifica]

Achille benda le ferite di Patroclo. Medaglione di una kylix dipinta da Sosia (c. 500 a.C.). Staatliche Museen, Antikenabteilung, Berlino.
Gli achei assediarono Troia per nove anni. Questa parte della guerra è quella di cui sono oggi conservate il minor numero di fonti, dato che i testi letterari preferiscono parlare principalmente degli avvenimenti dell'ultimo anno.
Dopo lo sbarco iniziale l'esercito venne raggruppato di nuovo per intero soltanto nel decimo anno, secondo Tucidide a causa di una mancanza economica che costrinse i greci a compiere scorrerie nelle città alleate di Troia ed esaurire i profitti agricoli delle regioni della Tracia[52]. Troia non venne mai assediata completamente in questi nove anni poiché riusciva ancora ad avere rapporti con i popoli interni dell'Asia minore, essendo giunti rinforzi fino alla fine dello scontro. Gli Achei controllavano semplicemente lo stretto dei Dardanelli, i troiani invece comunicavano attraverso il punto più corto ad Abido e Sesto, potendo così contattare i propri alleati in Europa.
Achille era senza dubbio il più attivo fra gli Achei, secondo Omero conquistò 11 città e 12 isole[53], secondo Apollodoro invece fece scorrerie nelle terre di Enea, in Troade, derubandolo dei suoi armenti[54] conquistando inoltre LirnessoPedaso e diverse città del circondario. Uccise anche Troilo, giovane figlio di Priamo, quando questi aveva 19 anni poiché un oracolo aveva predetto che se il ragazzo avesse raggiunto il ventesimo anno di vita, la città non sarebbe crollata. Secondo Apollodoro:
"Prese anche Lesbo e Focea, poi Colofonie e Smirne, e Clazomane, e Cime; e dopo Egialeo e Teno, le così chiamate cento città; poi in ordine, Adramitio e Sido; poi Endio, e Lineo, e Colono. Prese anche Tebe, in Asia minore, e Lirnesso, e infine Antandro e molte altre città”[55]
Secondo Cacride questo elenco è sbagliato perché i greci si sarebbero spinti in questa maniera troppo a sud. Altre fonti, come Demetrio, parlano di Pedaso, Monenia, Mithemna, e Pisidice[56].
Dalla divisione del bottino di queste città, Achille ottenne Briseide di Lirnesso mentre Agamennone ottenne Criseide, di Tebe. Achille catturò Licaone, figlio di Priamo mentre stava potando gli alberi nel frutteto del padre[57], ordinando poi a Patroclo di venderlo a Lemno, dove venne comprato da Eezione, re di Cilicia e suocero di Ettore, che lo rimandò a Troia. Fu ucciso da Achille più tardi, dopo la morte di Patroclo[58]. In seguito Achille marciò contro il regno di Cilicia, uccidendo Eezione e tutti i suoi figli maschi, ad eccezione di Pode, il più giovane, che si era trasferito a Troia presso Ettore e Andromaca. Pode morì poco prima di Ettore, ucciso in battaglia da Menelao[59].

Le campagne di Aiace [modifica]

Aiace invase le città della penisola Tracia dove regnava Polimestore, un genero di Priamo e a causa di ciò il sovrano assediato si sbarazzò di Polidoro, uno dei figli di Priamo, che lui stesso aveva in custodia. Il guerriero greco attaccò poi le città della Frigia, dominate dal re Teleuto che morì in combattimento e prese come bottino di guerra la figlia di quest'ultimo, Tecmessa[60]. Disperse in seguito le greggi troiane sul monte Ida e nelle campagne.
Diversi dipinti su anfore e coppe, descrivono invece un avvenimento non riportato su testi letterari. In un determinato momento della guerra, Achille e Aiace stavano giocando a un gioco denominato petteiama i due erano talmente presi dal gioco da dimenticare di essere nel bel mezzo di una battaglia. I troiani riuscirono a raggiungerli e solo un intervento di Atena riuscì a salvarli[61].

La morte di Palamede [modifica]

Ulisse, spedito in Tracia per recuperare del grano e tornato a mani vuote, sfidò Palamede, che l'aveva preso in giro, a fare di meglio. Questi partì e tornò con un'intera nave piena di grano.
Ulisse, che non aveva mai perdonato a Palamede il fatto di aver quasi ucciso Telemaco mettendolo nel solco dell'aratro quando si fingeva pazzo, decise di tendere contro di lui un inganno e spiegò dunque agli altri capi che, come Agamennone, odiavano le imprese di Palamede e la sua astuzia troppo spesso lodata, il suo intento. Fu contraffatta dunque una lettera di Priamo come se fosse destinata a Palamede, Ulisse stesso costrinse uno schiavo frigio a scriverla ordinandogli poi di nasconderla nella tenda dell'avversario insieme a una gran quantità d'oro[62]. La lettera e l'oro furono scoperti e Agamennone ordinò che Palamede venisse ucciso a sassate come punizione per il suo tradimento.
Pausania, citando i Cypra, dice che Ulisse e Diomede affogarono Palamede mentre stava pescando[63]: secondo Ditti, invece, Ulisse e Diomede adescarono Palamede in un pozzo, dove dicevano che questi aveva conservato l'oro ricevuto da Priamo, e lo lapidarono fino a ucciderlo. Il padre di Palamede, Nauplio navigò verso la Troade per chiedere giustizia ma venne rifiutato: per vendetta allora viaggiò verso le città greche, dichiarando alle mogli dei re che presto i loro mariti avrebbero condotto in patria delle concubine per sostituirle. Alcune di esse decisero allora di tradire i propri mariti, come fece Clitemnestra, unendosi ad Egisto, il figlio di Tieste[64].
Verso la fine del nono anno i soldati dell'esercito, stanchi di combattere e privi di approvvigionamento, decisero di ribellarsi ai propri comandanti e soltanto l'intervento di Achille riuscì a placarli. Secondo Apollodoro, Agamennone rapì in quel periodo le quattro figlie di Anio, sacerdote di Delo, le cosiddette Vignaiole, in grado di far scaturire dal suolo l'olio, il grano e il vino necessari per l'approvvigionamento.[65]

I cinquanta giorni di guerra narrati nell'Iliade [modifica]

Exquisite-kfind.pngPer approfondire, vedi la voce Trama dell'Iliade.
Achille trascina il corpo senza vita di Ettore attorno a Troia. Affresco della fine del XIX secolo nel palazzo dell'Achilleion a Corfù, in Grecia.
Nel campo dei Greci si diffuse però un'epidemia: era il castigo decretato da Apollo come punizione ai Greci per aver sottratto Criseide al padre Crise, sacerdote del dio. Su consiglio di Calcante, Agamennone accettò di restituire Criseide al padre ma pretese in cambio Briseide, schiava preferita di Achille, sottraendola all'eroe. Scoppiò dunque un litigio tra Achille ed Agamennone: Achille decise di non combattere più e rimanere fermo nella propria tenda.
Teti, madre di Achille, salì all'Olimpo per supplicare Zeus di rendere giustizia al figlio: il dio acconsentì, subendo i rimproveri di Era, subito placati da Efesto Zeus inviò il Sogno ingannatore ad Agamennone. Nelle sembianze di Nestore fece credere al re che fosse arrivato il giorno fatale di Troia. Al risveglio Agamennone convocò i duci achei e li istruì sul suo piano. Voleva far credere all'esercito di voler tornare in patria: i soldati però accettarono esultanti la proposta di tornare e si apprestarono a lasciare la costa quando Ulisse, ispirato da Atena, li convinse a rinnovare la battaglia contro Troia.
Le due schiere si affrontarono ancora: alla vista di Menelao, Paride fuggì tra i suoi, ma Ettore lo rimproverò per la sua codardia. Paride decise di affrontare a duello Menelao: le sorti del duello sarebbero state decisive per la guerra. Dopo aver sacrificato agli dei, i contendenti si scontrarono: Menelao era sul punto di uccidere il nemico quando Afrodite lo salvò e lo riportò a Troia. Agamennone decretò la vittoria per il fratello.
Gli dei erano radunati attorno a Zeus che avrebbe voluto salvare Troia, fu Era però a convincere gli altri dei a chiedere la continuazione della guerra. Zeus allora inviò Atena tra i troiani; ella invitò Pandaro a scagliare una freccia contro Menelao. La freccia ferì l'Atride e la battaglia si rianimò. Pandaro ferì Diomede con una freccia, ma questi, aiutato da Atena, riuscì a uccidere il troiano; stava per uccidere ancheEnea quando intervenne Afrodite che salvò il figlio e venne a sua volta ferita da Diomede. Intanto i Troiani, guidati da Ares, erano passati al contrattacco. Diomede, sempre con l'aiuto di Atena, si scontrò con Ares e lo ferì. Le sorti della battaglia volgevano di nuovo a favore dei Greci.
Ettore chiese di poter affrontare un campione greco. Dopo alcune discussioni ecco apparire il gigantesco Aiace Telamonio. Il duello si concluse con una tregua, voluta da due ambasciatori, per ordine di Zeus. Il giorno dopo i combattimenti ripresero. I greci, incalzati da Ettore, vennero spinti sempre più verso il proprio accampamento. Col tramonto del sole Ettore e i suoi uomini posero un accampamento proprio in mezzo al campo di battaglia, spingendo così sempre più i greci verso il mare. Quella stessa notte, tuttavia, Diomede riuscì a entrare nella tenda in cui dormiva Reso, il giovane re dei Traci alleato dei troiani, e lo sgozzò con la spada.
Al mattino ricominciò la battaglia. Ettore e gli altri comandanti si scagliarono contro il muro di cinta che proteggeva le navi. I greci spaventati cominciavano a fuggire, soltanto i comandanti più eroici, come i due Aiaci o Idomeneo, incitavano ancora le truppe a difendersi. I troiani, guidati da Ettore, e i lici, guidati da Sarpedonte, riuscirono perfino a far breccia nel muro di cinta greco e ad entrare all'interno dell'accampamento. Con una torcia in mano, Ettore riuscì perfino a incendiare una delle navi greche. Patroclo, fedele compagno di Achille, vedendo la battaglia infuriare all'interno del campo greco, supplicò l'amico di concedergli di prendere le sue armi e condurre i Mirmidoni al fianco degli altri Achei. Achille accettò, ma raccomandò a Patroclo di limitarsi a cacciare i nemici dal campo greco, senza andare oltre.
Nel frattempo i Troiani erano riusciti a dar fuoco alla nave di Protesilao, ma l'arrivo dei Mirmidoni guidati da Patroclo, che essi credevano Achille, li mise in fuga. Patroclo li incalzò fin sotto le mura: gli si oppose Sarpedonte, il comandante dei lici, che era figlio di Zeus. Il re degli dei, nonostante avesse a suo tempo desiderato la morte di tutti i semidei, compreso il suo, di colpo cambiò idea e forse l'avrebbe salvato se non fosse intervenuta Era ricordandogli come tutto fosse ormai già fissato: Sarpedonte inevitabilmente cadde sotto i colpi di Patroclo, Zeus poté solo limitarsi a trasportare il corpo in Licia, terra nativa dell'eroe. Era però giunta anche l'ora di Patroclo: Apollo con un gran colpo lo stordì, il giovane troiano Euforbo lo ferì con la lancia, ma non era abbastanza forte per ucciderlo: fu Ettore che diede il colpo finale. Morendo, Patroclo predisse la prossima uccisione di Ettore, il quale si impadronì delle armi del morto. Euforbo cercò invece di impossessarsi del cadavere, ma venne ucciso da Menelao.
Vedendo arrivare la salma del fedele amico, Achille si rinchiuse nel proprio furore, decise di raccordarsi con Agamennone e di tornare a combattere, con le nuove armi forgiate da Efesto. Ripieno di ira si scagliò contro i troiani: alcuni morirono eroicamente, altri spaventati tentarono di fuggire, chi correndo verso le mura, chi gettandosi nel fiume Scamandro. Achille non ebbe pietà per nessuno e uccise un gran numero di nemici, anche chi spaventato lo supplicava. I Troiani superstiti si precipitarono all'interno delle mura, eccetto Ettore che rimase davanti alle Porte Scee, bloccato dal suo destino; a nulla valevano i disperati richiami dei genitori. Ettore propose ad Achille il giuramento di rendere alla famiglia il corpo di quello dei due che verrebbe ucciso, ma il Pelide rifiutò rabbiosamente. Il duello iniziò, le lance volarono senza successo, e nel corpo a corpo Achille trafisse Ettore nel solo punto scoperto, tra il collo e la spalla.
Morendo, Ettore presagì la prossima morte del nemico; Achille, accecato dall'odio, forò i piedi del cadavere e lo legò sul proprio cocchio, facendone orribile scempio. Priamo chiese infine ad Achille il corpo del figlio. L'Iliade si conclude con i funerali di Ettore.

Dopo l'Iliade [modifica]

La morte di Achille [modifica]

Achille uccide Pentesilea, Monaco di Baviera.
Poco dopo la morte di Ettore, Pentesilea, regina delle Amazzoni, venne a Troia col suo esercito. Pentesilea, figlia di Ortrera e di Ares aveva ucciso accidentalmente la sorella Ippolita. Venne purificata per questa azione da Priamo[66] e in cambio lottò per lui e uccise molti greci, incluso Macaone[67](secondo alcuni Macaone verrà poi ucciso da Euripilo[68], figlio di Telefo) e, secondo un'altra versione, anche Achille, che venne poi riesumato per ordine di Teti. Pentesilea venne poi uccisa da Achille che, dopo averla uccisa, si innamorò della sua bellezza. Tersite, un soldato semplice, derise Achille per questo suo amore e scanalò fuori gli occhi di Pentesilea. Achille uccise Tersite e, in seguito a una disputa, navigò verso Lesbo per farsi purificare. Nel viaggio fu accompagnato da Ulisse, e i due sacrificarono ad Apollo, Artemide e Latona.
Mentre Achille faceva ritorno a Troia, Memnone, re d'Etiopia[69], figlio di Titone ed Eros arrivò col suo esercito ad aiutare lo zio Priamo. Egli non veniva direttamente dall'Etiopia ma da Susa, dopo aver conquistato tutte le popolazioni fra Troia e la Persia[70]. Condusse così in Troade un esercito formato da etiopi, persiani, assiri e indiani[71]. Indossava una corazza forgiata da Efesto, proprio come Achille. Nella battaglia che ne seguì, Memnone uccise Antiloco che si fece colpire per salvare il padre Nestore. Achille affrontò Memnone a duello. Zeus pesò il fato dei due eroi, vinse Achille che uccise così l'avversario[72].
Il Pelide inseguì poi i troiani fino in città. Gli dei, vedendo come Achille aveva già sterminato gran parte dei loro figli, decisero che questa volta era il suo turno. Venne ucciso infatti da una freccia mandata contro di lui da Paride e guidata da Apollo[69][73]. Secondo un'altra versione venne ucciso da una coltellata mentre sposava Polissena, figlia di Priamo, nel tempio di Apollo[74], il luogo dove qualche anno prima aveva ucciso Troilo. Entrambe le versioni mostrano come la morte del grande guerriero sia totalmente ingloriosa, Achille era infatti invincibile sul campo di battaglia. Le sue ossa furono mescolate a quelle di Patroclo, furono tenuti giochi in suo onore.[75]. Dopo la morte, come Aiace, visse nell'isola di Leuco[76] dove sposò l'anima di Elena[77]

Il giudizio delle armi e la morte di Aiace [modifica]

Dopo la morte di Achille si tenne una grande battaglia per recuperare il corpo dell'eroe. Aiace Telamonio riuscì a distrarre i troiani mentre Ulisse trasportò via la salma. I generali decisero che l'armatura di Achille sarebbe spettata al guerriero più valoroso. Si fecero dunque avanti Aiace e Ulisse, che avevano recuperato il corpo di Achille. Agamennone, non essendo disposto a fare una scelta così difficile, chiese ai prigionieri troiani chi fra i due aveva causato più danni per la loro città.
Aiace si prepara per il suicidio.
Secondo consiglio di Nestore vennero mandate delle spie all'interno di Troia per sapere cosa commentavano i troiani sulla battaglia avvenuta poco prima e sul valore di coloro che erano riusciti a recuperare il corpo del Pelide. Una giovane disse che fu Aiace il migliore ma un altro, sotto consiglio di Atena, protettrice di Ulisse, diede il voto migliore al favorito[78].
Secondo Pindaro la decisione fu presa attraverso una decisione segreta dei principi achei[79]. Comunque sia, in tutte le versioni, le armi vennero date ad Ulisse e Aiace, impazzito per il dolore, decise di uccidere i giudici di gara[80], ma Atena fece sì che Aiace scannasse nella sua furia due arieti, credendo fossero Agamennone e Menelao[81]. All'alba tornò alla normalità e, accorsosi dell'accaduto, si uccise per il disonore, trafiggendosi con la spada che gli aveva donato Ettore, colpendosi al fianco o all'ascella, ritenuta da alcuni come il suo unico punto debole.[82]
Secondo un'altra tradizione, molto più antica, Aiace fu catturato dai troiani, che lo ricoprirono di creta, costringendolo così all'immobilità e condannandolo a morire di fame.

Le profezie di Eleno [modifica]

Nel decimo anno di guerra fu profetizzato da Calcante[83] o da Eleno[84] che Troia non sarebbe crollata senza l'arco e le frecce di Eracle, conservate da Filottete nell'isola di Lemno. Ulisse e Diomede si recarono quindi a recuperare Filottete la cui ferita era guarita. Secondo altri la piaga venne guarita dai medici Macaone e Podalirio. Secondo Sofocle furono Neottolemo e Ulisse a cercare Filottete, secondoProclo soltanto Diomede. Tornato sul campo di battaglia Filottete uccise, grazie alle sue frecce invincibili Paride stesso.
Secondo Apollodoro, i fratelli di Paride, Eleno e Deifobo, ebbero una contesa su chi dei due avrebbe dovuto sposare Elena, rimasta vedova. Priamo assegnò la donna a Deifobo; Eleno, furioso, abbandonò la città e si stabilì sul monte Ida, ospite di Arisbe, la moglie ripudiata di Priamo. Calcante rivelò che Eleno era in grado di profetizzare le ultime condizioni attraverso le quali conquistare Troia. Ulisse tese dunque un'imboscata a Eleno e lo catturò. Spinto a forza, Eleno disse agli achei che avrebbero conquistato la città se avessero trovato le ossa di Pelope, mandato in guerra il figlio di Achille, Neottolemo, trafugato il Palladio dal tempio troiano di Atena.
I greci recuperarono le ossa di Pelope, precisamente l'osso della spalla, che venne portato a Troia da Pisa e venne perduto a mare sulla via del ritorno: ritrovato poi da un pescatore venne riconosciuto come osso di Pelope dall'oracolo.
Più tardi venne spedito Ulisse a Sciro, presso il re Licomede, per recuperare Neottolemo, che viveva lì presso il nonno materno. Ulisse gli diede le armi di suo padre. Nello stesso tempo, come informa Apollodoro, Euripilo, il figlio di Telefo, venne in sostegno dei troiani con un esercito formato da ittiti o Misiaci. Travestito come un mendicante, Ulisse entrò all'interno della città: venne riconosciuto da Elena, che gli offrì il suo aiuto. Così il re d'Itaca e Diomede rubarono più tardi il Palladio.

Il cavallo di Troia [modifica]

La città di Troia, venne infine conquistata senza battaglia, con un inganno concepito da Ulisse: un gigantesco cavallo di legno, animale sacro ai troiani. Venne costruito da Epeo, guidato a sua volta da Atena. Il legno venne recuperato dal boschetto sacro di Apollo. Vi fu scritto sopra: «I greci dedicano questa offerta di ringraziamento ad Atena per un buon ritorno» Il cavallo cavo, venne riempito di soldati. Apollodoro dice che entrarono nel cavallo 50 uomini, attribuendo allo scrittore della Piccola Iliade, la concezione secondo la quale entrarono nel cavallo ben 3000 uomini, ipotesi assurda, secondo Tzetzes ve ne erano 23. Quinto Smirneo, ne nomina trenta ma dice che all'interno ve ne fossero ancora. Nella tradizione tarda il numero fu standardizzato a quaranta uomini. A capo di questi vi era Ulisse stesso. Il resto dell'esercito abbandonò il campo e si recò con tutta la flotta nell'isola di Tenedo. Quando i Troiani scoprirono che i Greci se ne erano andati, credendo che la guerra fosse finita, trascinarono gioiosamente il cavallo nella città. Proclo, seguendo la piccola Iliade, dice che i troiani tirarono giù una parte del muro per fare passare il cavallo. Prima di farlo entrare però i troiani discussero sul da farsi. Alcuni pensavano di gettarlo giù da una rupe, altri di bruciarlo, altri di dedicarlo ad Atena. Sia Cassandra che Laocoonte consigliarono ai troiani di distruggere il cavallo. Cassandra avvertì infatti all'interno del cavallo la presenza di un contingente nemico, Laooconte l'appoggiò. Ma mentre Cassandra non venne creduta a causa della maledizione di Apollo, dei serpenti, usciti dal mare, divorarono Laooconte e uno dei suoi due figli, o tutti e tre secondo Virgilio, o solamente lui secondo altri. I troiani decisero allora di portare in città il cavallo e passarono la notte fra i festeggiamenti. Sinone, una spia achea, diede segnale alla flotta, ferma a Tenedo, di partire. I soldati, usciti dal cavallo, uccisero le sentinelle. Alcuni pensano che il cavallo di Troia rappresenti in realtà un terremoto che indebolì le mura, permettendo ai greci di poterle sfondare. Studi archeologici sul settimo strato della città di Troia, quella dell'Iliade, e su alcuni manufatti rinvenuti dimostrano come davvero vi sia stato un terremoto. Alcuni pensano però che sia l'ottavo strato di Troia, quello riguardante la Troia omerica. Alcuni pensano che il cavallo sia il pezzo di un apparato di assedio, il lavoro di Epeo era un'invenzione per creare una spaccatura nel muro troiano. Questa tesi viene riconosciuta da chi non attribuisce sciocchezza assoluta ai frigi. Pausania denomina frigi i troiani. Se seguiamo la tesi, secondo la quale all'interno del cavallo vi fossero 3000 uomini, ricordiamo che secondo Apollodoro quello era il numero di uomini dell'equipaggio di un'arma d'assedio di età ellenistica. Inoltre spesso gli Assiri usarono armi da guerra chiamandole con nomi di animale. Si pensa che Troia fosse stata conquistata probabilmente con una torre di legno a ruote coperte con pelli di cavallo bagnate per proteggerle dalle frecce infuocate.

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