domenica 27 gennaio 2013

L'ANFITEATRO FLAVIO O COLOSSEO


Il Colosseo, originariamente conosciuto come Anfiteatro Flavio o semplicemente come Amphitheatrum, è il più famoso anfiteatro romano, ed è situato nel centro della città di Roma. In grado di contenere fino a 50.000 spettatori, è il più grande e importante anfiteatro romano, nonché il più imponente monumento della Roma antica che sia giunto fino a noi[1].
L'anfiteatro è stato edificato su un'area al limite orientale del Foro Romano. La sua costruzione fu iniziata da Vespasiano nel 72 d.C. e fu inaugurato da Tito nell'80, con ulteriori modifiche apportate durante il regno di Domiziano. Non più in uso dopo il VI secolo, l'enorme struttura venne variamente riutilizzata nei secoli, anche come cava di materiale. Il nome "Colosseo", che deriva dalla vicina statua delColosso di Nerone, si diffuse solo nel Medioevo. Ben presto l'edificio divenne simbolo della città imperiale, espressione di un'ideologia in cui la volontà celebrativa giunge a definire modelli per lo svago del popolo. Oggi è un simbolo della città e una delle sue maggiori attrazioni turistiche.
Era usato per gli spettacoli di gladiatori e altre manifestazioni pubbliche (spettacoli di caccia, rievocazioni di battaglie famose, e drammi basati sulla mitologia classica). La tradizione che lo vuole luogo di martirio di cristiani è destituita di fondamento[2]. Esprime con chiarezza le concezioni architettoniche e costruttive romane della prima Età imperiale, basate rispettivamente sulla linea curva e avvolgente offerta dalla pianta ellittica e sulla complessità dei sistemi costruttivi. Archi e volte sono concatenati tra loro in un serrato rapporto strutturale.
L'edificio forma un'ellisse di 527 m di perimetro, con assi che misurano 187,5 e 156,5 m. L'arena all'interno misura 86 x 54 m, con una superficie di 3.357 m². L'altezza attuale raggiunge i 48,5 m, ma originariamente arrivava ai 52 m.
Il Colosseo, come tutto il Centro storico di Roma, le Zone extraterritoriali della Santa Sede in Italia e la Basilica di San Paolo fuori le mura, è stato inserito nella lista dei Patrimoni dell'umanità dall'UNESCO nel 1980. Nel 2007 il complesso è stato anche inserito fra le Nuove sette meraviglie del mondo, a seguito di un concorso organizzato da New Open World Corporation (NOWC).
Oggi le sue condizioni di salute appaiono preoccupanti, visto che studi sulla sua struttura hanno evidenziato oltre 3.000 lesioni e un esteso stato fessurativo[3]. Inoltre, nel 2012 è avvenuta la scoperta di un'inclinazione di 40 cm della struttura, probabilmente a causa di un cedimento della platea di fondazione su cui poggia[4].La sua costruzione iniziò nel 70 sotto l'imperatore Vespasiano, della dinastia flavia. I lavori furono finanziati, come altre opere pubbliche del periodo, con il provento delle tasse provinciali e il bottino del saccheggio del tempio di Gerusalemme (70 d.C.). L'area scelta era una vallata tra la Velia, il colle Oppio e il Celio, in cui si trovava un lago artificiale (lo stagnum citato dal poeta Marziale) fatto scavare da Nerone per la propria Domus Aurea. Questo specchio d'acqua, alimentato da fonti che sgorgavano dalle fondazioni del Tempio del Divo Claudio sul Celio, venne ricoperto da Vespasiano con un gesto "riparatorio" contro la politica del "tiranno" Nerone che aveva usurpato il terreno pubblico, e destinato ad uso proprio, rendendo così evidente la differenza tra il vecchio ed il nuovo principato. Vespasiano fece dirottare l'acquedotto per uso civile, bonificò il lago e vi fece gettare delle fondazioni, più resistenti nel punto in cui sarebbe dovuta essere edificata la cavea. Vespasiano vide la costruzione dei primi due piani e riuscì a dedicare l'edificio prima della propria morte nel 79[5]. L'edificio era il primo grandeanfiteatro stabile di Roma, dopo due strutture minori o provvisorie di epoca giulio-claudia (l'amphiteatrum Tauri e l'amphiteatrum Caligulae) e dopo ben 150 anni dai primi anfiteatri in Campania.
Il figlio e successore di Vespasiano, Tito, aggiunse il terzo e quarto ordine di posti e inaugurò l'anfiteatro con cento giorni di giochi, nell'80[6]. Poco dopo, il secondo figlio di Vespasiano, l'imperatore Domiziano, operò importanti modifiche, completando l'opera ad clipea(probabilmente degli scudi decorativi in bronzo dorato)[5], aggiungendo forse il maenianum summum in ligneis[7] e realizzando i sotterranei dell'arena: dopo il completamento dei lavori non fu più possibile tenere nell'anfiteatro delle naumachie (rappresentazioni di battaglie navali), che invece le fonti riportano per l'epoca precedente.
Contemporaneamente all'anfiteatro furono costruiti alcuni edifici di servizio per i giochi: i ludi (caserme e luoghi di allenamento per i gladiatori, tra cui sono noti il Magnus, il Gallicus, il Matutinus e il Dacicus), la caserma del distaccamento dei marinai della Classis Misenensis (la flotta romana di base a Miseno) adibiti alla manovra del velarium (castra misenatium), il summum choragium e gli armamentaria (depositi delle armi e delle attrezzature), il sanatorium(luogo di cura per le ferite dei combattimenti) e lo spoliarum un luogo in cui venivano trattate le spoglie dei gladiatori defunti in combattimento

Iscrizione apposta da Decio Mario Venanzio Basilio per celebrare i restauri del Colosseo, effettuati a sue spese dopo un terremoto (CIL VI, 32094)
Nerva e Traiano fecero dei lavori, attestati da alcune iscrizioni[8], ma il primo intervento di restauro si ebbe sotto Antonino Pio[9]. Nel 217, un incendio, innescato presumibilmente da un fulmine, fece crollare le strutture superiori; i lavori di restauro fecero chiudere il Colosseo per ben cinque anni, dal 217 al222; in questo periodo i giochi si trasferirono al Circo Massimo[10]. I lavori di restauro furono iniziati sotto Eliogabalo (218-222) e portati avanti da Alessandro Severo, il quale rifece il colonnato sulla summa cavea. L'edificio fu riaperto nel 222, ma solo sotto Gordiano III i lavori poterono dirsi conclusi[11]. Un altro incendio causato da un fulmine fu all'origine dei lavori di riparazione ordinati dall'imperatore Decio nel 250[5].
Dopo il sacco di Roma del 410 ad opera dei Visigoti di Alarico, sul podio che circondava l'arena fu incisa un'iscrizione in onore dell'imperatore Onorio, forse in seguito a restauri. Onorio proibì i ludi gladiatori e da allora fu adibito alle venationes. L'iscrizione venne successivamente cancellata e riscritta per ricordare grandi lavori di restauro dopo un terremoto nel 442[12], ad opera dei praefecti urbi Flavio Sinesio Gennadio Paolo e Rufio Cecina Felice Lampadio.Costanzo II lo ammirò sommamente[13]. Altri restauri a seguito di terremoti si ebbero ancora nel 470[14], ad opera del console Messio Febo Severo. I restauri continuarono anche dopo la caduta dell'impero: dopo un terremoto nel 484 o nel 508 il praefectus urbi Decio Mario Venanzio Basilio curò i restauri a proprie spese[15].
Le venationes proseguirono fino all'epoca di Teodorico. Abbiamo i nomi delle più importanti famiglie senatorie dell'epoca di Odoacre iscritte sui gradus: tale usanza è molto più antica, ma periodicamente i nomi venivano cancellati e sostituiti con quelli dei nuovi occupanti (anche a seconda del diverso grado traclarissimispectabilis e illustres), per cui restano solo quelli dell'ultima redazione prima del crollo dell'impero.Dopo l'abbandono fu adibito nel VI secolo ad area di sepoltura e poco dopo venne utilizzato come castello; sotto papa Leone IV venne gravemente danneggiato da un terremoto (847 circa)[5]. A lungo utilizzato come fonte di materiale edilizio, nel XIII secolo fu occupato da un palazzo dei Frangipane, che venne successivamente demolito, ma il Colosseo continuò ad essere occupato da altre abitazioni. I blocchi di travertino furono sistematicamente asportati nel XV e XVI secolo per essere riutilizzati in nuove costruzioni, e blocchi caduti a terra furono ancora utilizzati nel 1634 per la costruzione di Palazzo Barberini e nel 1703, dopo un altro terremoto, per il porto di Ripetta.
Benvenuto Cellini, nella sua Autobiografia, raccontò di una spettrale notte tra demoni evocati nel Colosseo, a testimonianza della fama sinistra del luogo.
Il Colosseo con le edicole della via crucis. Incisione di Piranesi (1750 circa).
Nel corso del Giubileo del 1675 assunse il carattere di luogo sacro in memoria dei molti martiri cristiani qui condannati al supplizio. Anche se la tradizione che lo vuole luogo di martirio di cristiani è destituita di fondamento[16]. Nel 1744 papa Benedetto XIV vi fece costruire le quindici edicole della via crucis, e nel 1749 dichiarò il Colosseo chiesa consacrata a Cristo e ai martiri cristiani.    WIKIPEDIA.IT

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