domenica 28 aprile 2013

IL TEMPIO DI ARTEMIDE AD EFESO

 Il Tempio di Artemide (in greco antico: Ἀρτεμίσιον Artemision, in latino: Artemisium) era un tempio ionico dedicato alla dea Artemide, situato nella città di Efeso, nell'attuale Turchia, a circa 50 km dalla città di Smirne.
Prima degli scavi archeologici condotti nel 1987 ad opera dell'Università di Vienna si riteneva che la struttura, nel suo complesso, dovesse risalire al 560 a.C., cioè all'epoca dell'Impero achemenide. Al giorno d'oggi nulla rimane, se non qualche minimo resto, del grande tempio che, per le sue enormi dimensioni e la splendida architettura, fu considerato una delle sette meraviglie del mondo antico.
In effetti, la forma dell'edificio più nota è da attribuire all'iniziativa del re Creso di Lidia, e fu menzionata per la prima volta da Antipatro di Sidone che stilando la lista delle meraviglie del mondo antico ne decantava la bellezza e, paragonandolo agli altri monumenti, sosteneva che essi non ne reggessero il confronto.
In realtà, il tempio creseide andò a collocarsi su strutture architettoniche precedenti, che gli archeologi hanno studiato assiduamente per decenni. In particolare, l'edificio più antico dovrebbe coincidere con un periptero risalente all'VIII secolo a.C., mentre la base centrale del tempio fu appunto edificata solo in un secondo momento dall'architetto Chersifrone, per ordine di Creso, alla metà del VI secolo a.C. e quindi il tempio completo era di tipo diptero octastilo.
Venne distrutto da un incendio doloso nel 356 a.C. ad opera di Erostrato, un pastore che motivò il suo gesto deliberato con la sola intenzione di "passare alla storia", cosa che tragicamente e puntualmente avvenne.
La leggenda afferma che Artemide stessa non abbia protetto il suo tempio in quanto era troppo impegnata a sorvegliare la nascita diAlessandro Magno, che ebbe luogo nella stessa notte.
Il grande tempio di Artemide fu ricostruito ma poi fu nuovamente distrutto, stavolta dai Goti, nel 262, al tempo dell'imperatore Gallieno. Ricostruito ancora una volta dagli efesini, fu chiuso nel 391 a seguito dell'editto di Teodosio che vietava i culti pagani. Nel 401 venne infine distrutto dai cristiani guidati da Giovanni Crisostomo.
I resti del tempio di Artemide ad Efeso
Il sito del tempio fu riscoperto nel 1869 da una spedizione finanziata dal British Museum, assieme a numerosi reperti e sculture provenienti dal tempio ricostruito, anche se oggi la perduta meraviglia del mondo non è più visibile.
WIKIPEDIA

GLI OSTROGOTI


Stanziati fin dal 382 lungo il Danubio, nel territorio della Mesìa e della Dacia, servivano l'Impero come federati. 
In Italia, nel 476 il barbaro Odoacre depose l'ultimo imperatore romano Romolo, detto Augustolo, e, non osando proclamarsi imperatore, si proclamò re di un misto di popoli barbari (Eruli, Sciri, Turcilingi). Egli riscattò dai Vandali con un tributo la Sicilia, che rimase, dunque,unita all'Italia e ne seguì le sorti.
Caduto l'Impero Romano d'Occidente, era rimasto in piedi quello d'Oriente, il cui imperatore Zenone intendeva riconquistare l'Occidente, che era in mano ai barbari. L'imperatore era preoccupato dall'intraprendenza di Odoacre, che aveva saputo governare in modo da non urtare la suscettibilità dei Latini e da estendere i confini del suo regno. Altra circostanza che preoccupava l'imperatore d'Oriente era la vicinanza di un popolo bellicoso, quello degli Ostrogoti, che, guidati da Teodorico, si erano stanziati nella valle del basso Danubio a ridosso di Costantinopoli.
Zenone pensò di risolvere con una sola mossa i due problemi indirizzando in Italia contro Odoacre l'ambizioso Teodorico, barbaro vissuto alla corte bizantina, il quale nel 493 sconfisse Odoacre e si proclamò re degli Ostrogoti, ottenendo il riconoscimento dell'imperatore Anastasio.

 
In numero di forse 300.000, da Novae, risalendo la Sava, condotti da Teodorico loro re, si scontrarono con Odoacre ad Aquileia e lo batterono a Verona (489). Odoacre scese invano nell'Italia centrale per ottener aiuti da Roma. Riguadagnata Ravenna riusciva a battere l'avversario e a chiuderlo in Pavia: ma gli aiutanti Visigoti, giunti dalla Spagna, ruppero il blocco; Odoacre, battuto una volta sull'Adda (Agosto 490) e chiuso in Ravenna, si arrendeva (febbraio 493). 
Venne poi pugnalato durante un banchetto.  
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IL SISTEMA MUSCOLARE

Il sistema muscolare è l’insieme di tutti i muscoli del corpo umano. Questi ultimi sono più di 600 e costituiscono circa il 40% del nostro peso corporeo. Dai grandi muscoli della spalla o della gambe fino ai piccoli muscoli situati nello orbite oculari, che fanno muovere l’occhio, tutti contribuiscono a dare al corpo una straordinaria capacità di movimento. La loro funzione però non è solo quella di far muovere il nostro corpo, ma anche di sostenerlo. Infatti, insieme all’apparato scheletrico, i muscoli hanno la funzione di sorreggere il corpo come le fondamenta di un edificio. Come ho già detto però, se non ci fossero i muscoli, non potremmo svolgere i singoli movimenti, anche i più semplici.
Se consideriamo la loro struttura, possiamo distinguere sette tipi di muscoli principali:
LUNGHI
CORTI
PIATTI
CIRCOLARI
SFINTERICI
A DUE CAPI
PENNATI
I primi tre tipi di muscoli sono i più comuni e si trovano, nelle diverse parti del corpo, a seconda della loro funzione: i muscoli corti, essendo brevi e adatti per minuziosi movimenti, si trovano nella mano e nel polso. Quelli lunghi invece svolgono movimenti molto meno precisi come quello di calciare un pallone: si trovano perciò nelle gambe. Infine quelli piatti, non devono sopportare sforzi notevoli e non devono neanche spiccare, devono essere però molto numerosi. I muscoli piatti si trovano perciò nel viso e sono detti anche muscoli mimici.
 MUSCOLI VOLONTARI E STRIATI
Detti anche rossi, i muscoli volontari sono disposti intorno alle ossa e ne determinano i movimenti agendo sotto il controllo della volontà. Hanno una velocità e una forza di contrazione molto elevata, ma non sono capaci di funzionare in modo efficiente per molto tempo. Al microscopio appaiono formati da fibre muscolari caratterizzare da una serie regolare di strie trasversali: per questa ragione sono anche chiamati striati. I muscoli volontari formano la maggior parte del nostro corpo: quasi tutti i muscoli sono infatti volontari che ci permettono di muoverci liberamente. La loro attività è condizionata e strettamente regolata dagli impulsi che tramite i nervi motori pervengono al muscolo dal sistema nervoso centrale. Ne cito alcuni: tricipite, bicipite, gastrocnemi, tutti i muscoli mimici, abduttori e adduttori della mano e del piede,.......
 MUSCOLI INVOLONTARI E LISCI
Formano le pareti di molti organi ( stomaco, intestino, vescica, vasi sanguigni e linfatici, ecc. ecc.) e si contraggono senza l’intervento della volontà. Hanno una contrazione molto lenta, ma possono funzionare con la stessa efficienza per lungo tempo; nel caso del cuore per tutta la vita.
Al microscopio le loro fibre non mostrano nessuna striatura trasversale; per questa ragione sono chiamati anche lisci. I muscoli involontari, rispetto a quelli volontari, sono poco numerosi nel nostro corpo, ma molto importanti: ci permettono infatti di svolgere movimenti essenziali per l’organismo. 
 MUSCOLO CARDIACO
La muscolatura cardiaca rappresenta il terzo tipo di muscolatura ed è, come struttura, assai simile al muscolo scheletrico. La sua caratteristica principale è la sua capacità di contrarsi ritmicamente anche in assenza di impulsi proveniente dai nervi. Le fibre miocardiche appaiono nettamente differenziate e circondate da una membrana: vi si possono osservare infatti delle strie dette intercalari.
Il nostro cuore, grazie alla sua particolare muscolatura può compiere un lavoro enorme e maggiore rispetto a quello di tutti gli altri muscoli. Il muscolo cardiaco è molto ricco di vasi sanguigni, infatti in un m.q , si riscontrano circa 6500 capillari sanguigni; una cifra doppia di quella osservabile nei muscoli scheletrici. Inoltre il nostro cuore può fronteggiare sforzi intensi perché le arterie coronarie, che le irrorano, possono aumentare enormemente la loro capacità di trasporto del sangue. 

TESSUTO MUSCOLARE
Il muscolo scheletrico è costituito dall’insieme di molte fibre muscolari, che rappresentano le unità fisiologiche elementari, tra cui si trovano nervi e vasi sanguigni. La maggior parte della fibra muscolare è occupata dalle miofibrille contrattili, lunghe quanto la fibra, ordinate longitudinalmente e che presentano la caratteristica striatura trasversale, dovuta all’alternarsi di bande chiare e bande scure che si succedono regolarmente. Ogni fibrilla a sua volta, contiene all’interno filamenti di due tipi, chiamati spessi e formati da molecole proteiche di miosina, e sottili , costituiti da actina, in relazione al loro diametro.
CONTRAZIONE MUSCOLARE
La contrazione muscolare è uno dei movimenti più complessi che il nostro corpo effettua.
Costituisce la manifestazione centrale dell’attività muscolare. Tale contrazione, è resa possibile innanzitutto dalla presenza di particolari proteine: actina e miosina.
La prima consiste in due filamenti avvolti ad elica in cui si trovano delle formazioni globulari.
Rappresenta il 25% delle proteine fibrillari del muscolo.
La miosina invece, è costituita da una porzione lunga e sottile, da un collo e da due teste globulari. Costituisce circa i due terzi delle proteine contrattili. 
Durante la contrazione l’actina e la miosina di contraggono formando un prodotto finale detto actina-miosina. I due filamenti scivolano l’uno sull’altro permettendo quindi l‘accorciamento della massa muscolare. Per fare ciò il muscolo deve disporre di energia che viene fornita da una sostanza chiamata ATP . questa è una grossa molecola ricca di energia. L’ ATP cede energia e si trasforma in
ADP . In situazioni di riposo i filamenti di actina e miosina recano scariche negative, quindi si allontanano a vicenda . Quando si verifica la contrazione muscolare, questo equilibrio si interrompe bruscamente dal passaggio del Calcio che arriva dall’esterno all’interno delle miofibrille. Ogni ione calcio contiene due cariche positive che a loro volta neutralizzano le cariche negative formando i ponti.
Così i filamenti di actina potranno sfilare e ingrandirsi tra i filamenti di miosina. Queste contrazioni possono avvenire finche si ha a disposizione il calcio . L’irrigidimento che si verifica dopo la morte sarebbe dovuto la fatto che fra l’actina e la miosina vengono a stabilirsi dei contatti permanenti perché non esistono più gli enzimi che provvedono a scindere l’ATP permettendo il ciclo energetico.
Infine i muscoli contraendosi hanno bisogno della volontà dell’encefalo. L’impulso viaggia lungo i nervi ed arriva ad eccitare le placche motorie che fanno contrarre le fibre muscolari. Il muscolo quindi produce scariche elettriche.
L’ energia dei muscoli è ricavata dalla degradazione del glucosio ad anidride carbonica ed acqua attraverso il ciclo dell’acido citrico. Questo avviene in presenza di quantità sufficienti di ossigeno. Se il lavoro muscolare è però eccessivo rispetto all’apporto di ossigeno, in situazioni di sforzo fisico, il muscolo si procura l’energia mancante attraverso una via anaerobia in cui l’acido piruvico viene ridotto ad acido lattico. L’accumulo di tale acido nei muscoli provoca dolore.

MOVIMENTO DEI MUSCOLI SCHELETRICI ANTAGONISTI
I muscoli scheletrici sono contraddistinti da una attività molto elevata, e quindi hanno bisogno di un costante rifornimento di ossigeno e di elementi nutritivi muscoli scheletrici sono i più forti e i principali del nostro corpo: sono attaccati alle ossa per permettere una sollevazione particolare della parte corporea. Questo si può effettuare per la contemporanea partecipazione di tre componenti distinti: ossa, muscoli e articolazioni. Un esempio è il braccio: i muscoli che lo muovono sono detti antagonisti, perché compiono azioni inverse. Quando i suoi muscoli si contraggono spostano le estremità ossee a cui si attaccano avvicinandole l’una all’altra. Nella maggior parte dei casi però, è solo un’estremità che si muove, mentre l’altra rimane fissa per l’azione della muscolatura che si sta contraendo.
MUSCOLI SCHELETRICI
I movimenti del nostro corpo sono dovuti alla contrazione dei muscoli striati fissati alle ossa.
Questi movimenti sono sette: 
abduzione : allontanamento di un arto dall’asse del corpo in un piano frontale;
adduzione : avvicinamento di un arto o di un segmento di un arto dall’asse del corpo in un piano frontale;
estensione : allungamento di un segmento del corpo su un altro che gli è adiacente;
flessione : piegamento di un segmento del corpo su un altro che gli è adiacente;
rotazione: rotazione di un segmento scheletrico attorno al proprio asse longitudinale;
pronazione : rotazione del corpo così da portare il dorso in alto;
supinazione : rotazione del corpo così da portare il ventre in alto.
LARAPEDIA



LA COLONNA VERTEBRALE UMANA


La colonna vertebrale umana è costituita da 33/34 vertebre infilate le une sulle altre e fra loro articolate. Una vertebra generica presenta: anteriormente un corpo, di forma pressoché cilindrica, costituito da un anello di tessuto osseo compatto contenente tessuto osseo spugnoso; posteriormente vi sono invece i cosiddetti archi vertebrali che circoscrivono il foro vertebrale, la cui giustapposizione ha per effetto di delimitare il canale vertebrale, al cui interno alloggia il midollo spinale.
Gli archi vertebrali presentano, oltre i cosiddetti peduncoli (ossia la parte dell'arco a diretto contatto col corpo vertebrale), due processi laterali simmetrici, dettiprocessi trasversi, mentre posteriormente il cosiddetto processo spinoso: il complesso dei processi spinosi forma ciò che è volgarmente detto spina dorsale.
I punti articolari fra le vertebre sono essenzialmente tre: anteriormente, fra un corpo e l'altro, si interpone un disco biconvesso, detto disco intervertebrale, costituito quasi totalmente da fibrocartilagine, eccetto la parte centrale, nella quale si osserva il cosiddetto nucleo polposo, struttura assiale dell'embrione; posteriormente alla radice dei due processi trasversi si hanno invece due simmetriche facce articolari, di tipo sinoviale, in contatto con corrispondenti eminenze della vertebra posta immediatamente sopra a quella considerata.
Importante è inoltre lo spazio che esiste tra i peduncoli delle varie vertebre, denominato incisura vertebrale, che, unendosi con l'incisura vertebrale della vertebra adiacente, determina il foro intervertebrale da cui emergono i nervi spinali, che originano dal midollo spinale e non direttamente dal tronco encefalico.Osservando la colonna vertebrale nella sua interezza, infine, si potrà notare che essa non è perfettamente diritta, ma presenta anzi quattro curvature, osservabili lateralmente: dall'alto si potrà notare una prima zona, corrispondente al collo, dove le 7 vertebre cervicali assumono una curvatura con la convessità rivolta in avanti, detta lordosi cervicale; scendendo s'osserverà una curvatura con la convessità rivolta stavolta verso il dorso, denominata cifosi dorsale, in corrispondenza delle 12vertebre toraciche; ancora più in basso si avrà una lordosi lombare in corrispondenza delle 5 vertebre lombari e una cifosi sacrococcigea in corrispondenza delle 5 sacrali e delle 4/5 coccigee.
Sul piano coronale si riscontra una lieve curvatura laterale a livello toracico o toraco-lombare, con convessità destra nei destrimani e convessità sinistra nei mancini, la scoliosi fisiologica. Due curve di compenso sono presenti a livello cervicale e lombare. Queste curve probabilmente sono determinate dall'ingombro del cuore e dall'uso prevalente di un solo arto. Ovviamente tale condizione fisiologica può essere accentuata per cause patologiche, e in particolare si possono avere curvature laterali (scoliosi patologiche) di cospicua entità.
wikipedia

giovedì 25 aprile 2013

RE ARTHU' E L'EXCALIBUR


Excalibur è la più famosa delle mitologiche spade di re Artù.
La storia e la leggenda di re Artù sono intimamente legate alla magica e misteriosa spada Excalibur. Come il mago Merlino aveva annunciato, solamente l'uomo in grado di estrarre la spada dalla roccia sarebbe diventato re. Artù, inginocchiato di fronte alla roccia, fece proprio questo: prese la spada, la portò con sé fino alla Cattedrale e la depose sull'altare. Artù fu unto con l'olio santo e, alla presenza di tutti i baroni e della gente comune, giurò solennemente di essere un sovrano leale e di difendere la verità e la giustizia per tutti i giorni della sua vita. Sebbene Excalibur sia identificata con la spada nella roccia, specie nelle versioni recenti del mito arturiano, in numerose opere sono due spade distinte. La leggenda e la storia si sono mischiate tra loro nel tempo e la leggenda di re Artù, dei Cavalieri della Tavola Rotonda e della magica spada Excalibur, sono giunte intimamente unite fino ai nostri giorniIl nome Excalibur significa in grado di tagliare l'acciaio. La prima traduzione (secondo Geoffrey of MonmouthRobert Wace e Layamon), chiamava la spada Caliburn; una spada magica venuta daAvalon. Nella tradizione celtica il nome originale era Caledfwlch. La versione in cui Artù estraeva la spada dalla roccia apparve per la prima volta nel racconto in versi francese Merlino, di Robert de Boron (fine XII secolo – inizio XIII secolo). Ma l'autore inglese sir Thomas Malory, ne La morte di Artù (1485), scrisse che la spada che Artù aveva estratto dalla roccia non era Excalibur, poiché Artù aveva rotto la sua prima spada in uno scontro contro re Pellinor; lo stesso viene affermato nella francese Suite du Merlin (Prosa di Merlino), circa 1240. Poco dopo, Artù ricevette una nuova spada dalla Dama del Lago, e questa era chiamata esplicitamente Excalibur: una spada diversa, secondo Malory, dalla prima.
La spada viene citata anche da Chrétien de Troyes nella seconda parte del PercevalGalvano, partito dalla corte di Artù per rispondere alle accuse che gli sono state mosse da Guingabresil, usa Excalibur per difendersi dall'attacco dei borghigiani che intendono vendicare la morte del loro signore (v. 5828 nell'edizione del ms. 354 di Berna a cura di Méla).
Il fodero di Excalibur aveva il potere magico di proteggere il suo proprietario dall'essere ferito; è il furto del fodero da parte di Morgana la Fata che porta, alla fine, alla morte di Artù. In Morte Arthure(circa 1400), si dice che Artù avesse due spade; la seconda era Clarent, rubata dal malvagio Mordred, che con essa diede ad Artù il colpo mortale.La parola Excalibur ha origini molto controverse, che possono farsi risalire a due ceppi linguistici ben differenti: quello latino e quello sassone. Dal latino abbiamo diversi significati, ma quello più plausibile deriva da un'antica popolazione di fabbri chiamati "Calibi", Excalibur si può quindi scindere in due parole ex (con ablativo): dai e CalibsCalibi, quindi tradotto letteralmente il significato diventerebbe "forgiata dai Calibi". Altre sfumature latine riportano alla capacità della spada e al suo aspetto come, per esempio, ex "calibro" che tradotto significa in perfetto equilibrio. Dal ramo celtico il nome deriverebbe da Caliburn, arcaico nome della leggendaria spada, che in antichità significava "acciaio lucente" o "acciaio indistruttibile" e potrebbe quindi così ricondursi allo stesso etimo latino.
Nel suo romanzo L'ultima legione, lo scrittore Valerio Massimo Manfredi ipotizza che Excalibur sia in realtà la leggendaria spada Calibica, forgiata dai Britanni per Gaio Giulio Cesare ed appartenuta di diritto all'Imperatore fino a Tiberio, che la nascose, e tornata in Britannia al seguito di Romolo Augusto, l'ultimo Cesare. Sulla lama era incisa l'iscrizione CAI • IVL • CAES • ENSIS CALIBVRNVS, della quale la rovina del tempo avrebbe poi lasciato leggibile solo E S CALIBVR.
Nella serie televisiva Camelot viene proposta una nuova origine della spada, stavolta molto meno "mistica". Nella serie, infatti, Excalibur viene commissionata da Merlino ad un maestro fabbro di nome Caliburn, il quale ha una figlia di nome Excalibur. Dopo che Caliburn ha finito di forgiare la spada, inizia un violento diverbio con Merlino su chi debba essere a consegnare l'arma ad Artù. Merlino uccide l'uomo facendo ricorso alla stregoneria, ed Excalibur, scoperto il delitto, fugge portando con sé la spada, inseguita da Merlino. Excalibur giunge ad un lago, e si allontana su una barca; Merlino fa ghiacciare la superficie dell'acqua per poter raggiungere la ragazza, che tuttavia cade in acqua e resta intrappolata sotto il ghiaccio. Riesce solo a far affiorare un braccio, con il quale regge la spada, e la scena richiama fortemente l'immagine ormai leggendaria della Dama del Lago il cui braccio affiora dalle acque nel consegnare la lama al mago. In seguito, Merlino fa ritorno a Camelot e racconta ad Artù e ai suoi compagni di come una fata gli abbia fatto dono della spada recuperandola dal fondo di un lago, e di come la dama gli abbia detto che quella è "la spada di Re Artù, Excalibur".
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LA STORIA DI ALESSANDRIA D'EGITTO


La città fu fondata tra la palude Mareotide (Maryut) e il Mar Mediterraneo, davanti all'isoletta di Faro, a cui era collegata per mezzo dell'Eptastadio, una sorta di diga lunga circa 1200 m che serviva anche da acquedotto e che permise inoltre la creazione di due distinti porti. La diga e il piano di fondazione della città sono attribuiti all'architetto Dinocrate di Rodi.
Arriano narra di come Alessandro Magno tracciasse al suolo la pianta della città servendosi - in mancanza di altro - di grano. L'episodio venne interpretato come segno di un futuro di ricchezza e allude al ruolo della città nell'esportazione del grano egiziano.
Alessandria doveva sostituire la precedente fondazione greca sul Delta, Naucrati, avvenuta per concessione del faraone Amasis. Naucrati era situata a circa 70 km nell'interno e non ebbe mai grande importanza al di fuori del suo ruolo commerciale. Alessandro volle invece che la sua città fosse fondata sulla costa, malgrado la cattiva qualità del terreno in questa zona e l'approdo non facile.
Le fonti antiche testimoniano che sarebbe stata costruita sul sito della più antica Rakhotis e di altri cinque villaggi. Su Rakhotis manca tuttavia una documentazione esauriente. L'ipotesi è che si trattasse anche in questo caso di un semplice villaggio di pescatori, oppure che il nome, traducibile con "l'edificio" si riferisca a una costruzione greca preesistente o a un posto di guardia. Un'altra ipotesi è che il termine vada inteso invece come "il cantiere" e che costituisse il nome dato dagli Egiziani alla città di Alessandria nel momento in cui era in corso la sua costruzione.
La Storia di Alessandria copre a grandi linee cinque periodi:
  • Regno tolemaico, dalla fondazione all'arrivo dei romani (blu)
  • Era romana, dall'80 a.C. all'arrivo degli arabi (verde)
  • La città araba dal 641 alla conquista ottomana nel 1517 (giallo)
  • Ottomana fino all'arrivo di Napoleone nel 1798 (grigio)
  • La città moderna (rosso)
Dopo la morte di Alessandro a Babilonia nel 323 a.C., il suo corpo venne trasportato e seppellito nella città dal suo generale Tolomeo. Durante la lunghissima spedizione in Oriente i lavori erano stati proseguiti per opera di Cleomene. Capitale del regno tolemaicoed erede dei traffici commerciali della fenicia Tiro, che era stata distrutta da Alessandro durante la lotta contro l'impero persiano, divenne rapidamente una delle città più importanti del mondo ellenistico e più tardi una delle principali metropoli dell'antichità, seconda solo a Roma per grandezza e ricchezza. Il suo statuto era quello delle libere città greche e mantenne la sua assemblea cittadina sino alla conquista romana. L'autonomia le fu più tardi restituita sotto Settimio Severo.
Per tutta l'antichità rimase un prestigioso centro culturale, dando vita alla stagione dell'alessandrinismo, grazie alle istituzioni del "Mouseion" e della celebre Biblioteca di Alessandria. Ospitava inoltre una numerosa comunità ebraica: fu qui che la Bibbia venne tradotta in greco nella versione conosciuta come dei "Septuaginta". Per tutta l'epoca ellenistica la popolazione restò suddivisa etnicamente traGreco-MacedoniEbrei, ed Egiziani, con leggi e costumi differenziati. Questa divisione provocò per tutta la sua storia torbidi e disordini, iniziati già durante il regno di Tolomeo IV Filopatore (221-204 a.C.).
Cesare vi soggiornò ospite della regina Cleopatra e dopo di lui Marco Antonio. Antonio e Cleopatra furono sconfitti da Ottaviano nellabattaglia di Azio del 31 a.C., in seguito alla quale l'Egitto venne annesso a Roma, come provincia imperiale, governata ossia direttamente da incaricati dell'imperatore invece che del Senato. Questo più stretto controllo derivava probabilmente dalla grande importanza della nuova provincia nell'approvvigionamento di grano a Roma. La città divenne pertanto sede del praefectus Alexandreae et Aegypti, titolo che risente della soppressione della Bulè cittadina voluta da Ottaviano. In quest'epoca la città doveva raggiungere una popolazione di 300.000 abitanti liberi, a cui dovevano aggiungersi gli schiavi. Era la seconda città per numero d'abitanti dopo Roma.
Con la diffusione del Cristianesimo divenne centro dottrinario di primaria importanza: fu qui che Atanasio condusse la sua lotta contro l'eresia ariana, istituendo quindi il Patriarcato di Alessandria, che ebbe grande peso nelle vicende dottrinarie dei successivi due secoli.
Il declino dell'impero romano e dunque dei commerci che arricchivano la città, sembra aver causato un generale impoverimento e la diminuzione della popolazione, con l'abbandono di alcuni quartieri alla rovina di alcuni complessi monumentali, alcuni dei quali erano stati volontariamente distrutti nelle lotte dei cristiani contro i pagani, in particolare in occasione del decreto teodosiano del 391 ad opera del vescovo Teofilo.
Nel 616 fu conquistata all'Impero bizantino da Cosroe II, re dei Persiani e nel 640 dagli Arabi, guidati da ‘Amr ibn al-‘Ās dopo un assedio durato 14 mesi.
La fondazione del Cairo nel 969 nell'area su cui sorgeva da circa tre secoli la capitale musulmana di Fustāt fece rapidamente declinare l'importanza di Alessandria. La scoperta nel 1498 della rotta verso oriente, doppiando il Capo di Buona Speranza, finì di rovinarne i commerci. Rimase tuttavia con Damietta uno dei principali porti egiziani durante il periodo mamelucco e ottomano. Nel 1798 durante la spedizione di Napoleone I in Egitto, la città fu presa dai francesi e nel 1801 dai britannici che sconfissero i francesi nella battaglia di Alessandria, presso le rovine di Nicopolis. Durante l'anarchia dell'ultimo periodo ottomano Alessandria si era ridotta ad una cittadina di circa 4.000 abitanti.
Il khedivè Mehmet Ali ne favorì la rinascita facendone la sua residenza e intraprendendo una serie di lavori pubblici: fu scavato un nuovo canale di comunicazione con il Nilo, il Canale Mahmūdiyya, terminato nel 1820 e fu nuovamente utilizzato il porto occidentale, permettendo la crescita dell'insediamento sull'isola di Faro e nel distretto dell'Eptastadio.
Palazzo del Khedivè, fine XIX secolo
Come residenza dei consoli stranieri acquisì presto un carattere europeo e attrasse anche greci, ebrei e siriani. Fu minacciata dal mare nel 1827dai greci e nel 1828 da una coalizione di inglesi, francesi e russi. Le fortificazioni furono rafforzate una prima volta nel 1841 e nel 1856 fu costruita una ferrovia che la collegava con il Cairo. L'arrivo di una flotta anglo-francese nel 1882 scatenò una rivolta e il massacro di circa 400 europei. Contemporaneamente le difese furono nuovamente rafforzate per ordine di Orabi Pasha, ministro della guerra. L'ammiraglio britannico, sir Frederick Beauchamp Seymour, più tardi Lord Alcester, lanciò un ultimatum e alla scadenza di questo bombardò i forti senza tuttavia sbarcare truppe. Poiché ne seguirono altre rivolte e massacri finalmente i sudditi di S.M. britannica inviarono una spedizione militare e si impegnarono nell'occupazione dell'intero paese.
Sotto il dominio britannico Alessandria si sviluppa come sede navale militare, a controllo del Canale di Suez. Durante la seconda guerra mondialee la Campagna nord-africana del 1940-1943 fu combattuta nelle vicinanze la decisiva battaglia di El-Alamein.
Il colpo di Stato militare egiziano del 1952 vide il colonnello Nasser prendere il potere e il trattato anglo-egiziano del 1954 fissò i termini per il ritiro delle truppe britanniche.

La città ellenistica e romana [modifica]

La città era suddivisa in tre principali quartieri: quello ebraico nella porzione nord-orientale della città, quello di Rakhotis verso est, occupato dagli Egiziani e il "Brucheum, il quartiere greco o reale, che ne costituiva la parte più splendida,

L'impianto urbanistico, le mura, il porto [modifica]

Le dimensioni della città furono già in partenza più grandi della media delle città antiche: secondo alcuni autori la cinta muraria avrebbe avuto un perimetro di 15 km. Le mura furono modificate già in epoca romana e una seconda cinta più ristretta fu costruita nell'XI secolo dal sultano Ahmad ibn Tūlūn, riutilizzando diversi blocchi di quella più antica.
Due strade principali bordate da portici colonnati, di cui si riferisce una larghezza di circa 60 m, si incrociavano ad angolo retto nel centro cittadino, vicino al punto dove sorgeva il "Soma", il mausoleo di Alessandro e presso l'odierna moschea di Nabī Dānyāl (Nebi Daniel, "profeta Daniele). La linea della via est-ovest, la via "Canopica" è seguita oggi dal Boulevard de Rosette, dove sono state rinvenute tracce della pavimentazione e del canale vicino alla porta di Rosetta. Un resto consistente ne fu messo in luce nel 1899 da scavatori tedeschi all'esterno delle mura orientali, in un'area ben all'interno della città antica.
La diga dell'Eptastadio, il cui nome deriva dalla sua lunghezza di sette stadi, collegava l'isola di Faro alla terraferma, nel punto in cui oggi si apre la "Grande piazza" con la "Porta della Luna". Il molo, che divideva i due porti occidentale e orientale, è oggi coperto dal moderno quartiere di Ras al-Tin, che occupa un istmo considerevolmente allargato.
Il porto occidentale ("di Eunostos") era ampio, ma affiancato da scogliere situate sull'asse dell'isoletta di Faro, come ci racconta Strabone. Racchiudeva un porto più interno artificiale, il Kibôtos("scatola rettangolare"). Oggi è stato obliterato dall'allargamento per la realizzazione del porto moderno.
Il porto orientale ("Gran Porto") era protetto dallo sperone di Lochias a Est e dalla punta dell'isola di Faro a Ovest. L'entrata nel porto era pericolosa per la ristrettezza dell'imbocco e numerose navi greco romane naufragate tra il IV secolo a.C. e il VII secolo d.C. sono state scoperte in questa zona. Al suo interno, l'isola di Antirodi delineava una piccola baia detta "porto reale".

Gli altri monumenti [modifica]

La cosiddetta "Colonna di Pompeo" fu in realtà eretto in onore di Diocleziano: l'imperatore, dopo aver assediato la città per otto mesi per strapparla a Domizio Domizianoe ad Aurelio Achilleo, vi dirottò un carico di grano per Roma allo scopo di sfamare la popolazione colpita dall'assedio.
I palazzi reali occupavano l'angolo nord-orientale della città, sul promontorio di Lochias che dominava il porto occidentale (nella moderna zona di Pharillon). La località è attualmente sotto il livello del mare, così come il "porto privato" e l'isola di Antirrhodus.
Il "Grande teatro" sulla moderna collina dell'Ospedale, nei pressi della odierna stazione Ramle. L'edificio era stato utilizzato da Cesare come fortezza. Nei pressi sorgeva il tempio di Poseidone o "tempio degli Dei Marini". Proseguendo si incontravano il "Timonium, costruito da Marco Antonio, e le strutture portuali. Dietro l'Emporium sorgeva il Cesareo, dove sorgevano i due grandi obelischi chiamati "aghi di Cleopatra", oggi trasferiti a Londra e aNew York: il tempio fu più tardi trasformato in basilica patriarcale e i resti giacciono sotto le case moderne.
Il Ginnasio e la Palestra si trovavano nella zona orientale della città, a una certa distanza dal mare, ma la loro posizione è sconosciuta. Sconosciuta è anche la posizione del tempio di Saturno.
Il Serapeo, dedicato al dio Serapide, era il più famoso dei templi della città e si trovava nella parte occidentale, nel quartiere egizio di Rhakotis, nei pressi della cosiddetta "Colonna di Pompeo", un monumento eretto sulla bassa acropoli della città in onore di Diocleziano dopo il 297, costituito da una colossale colonna in granito alta circa 30 m.
Nei pressi, verso sud-ovest si trovano le catacombe egizio-romane di "Kom al-Shuqafa"[3], con camere con architetture scolpite nella roccia e sarcofagi.
Gli scavi del quartiere di "Kom al-Dik" hanno rivelato un piccolo teatro di epoca romana e i resti di terme.

Il Faro e la Biblioteca [modifica]

la nuova biblioteca
Il celebre Faro di Alessandria, iniziato da Tolomeo I e completato da Tolomeo II aveva un'altezza stimata di ben 135 m e poteva essere visto a 50 km di distanza. Le sue gigantesche proporzioni ne fecero una delle Sette meraviglie del mondo e dal suo nome deriva il termine che designa questo tipo di installazioni. Era costituito da un alto basamento quadrangolare che ospitava le stanze degli addetti e le rampe per il trasporto del combustibile. A questo si sovrapponeva una torre ottagonale e quindi una costruzione rotonda sormontata da una statua di Zeus o Poseidone, più tardi sostituita da quella di Helios. I resti della gigantesca costruzione, crollata probabilmente per un terremoto, sono oggi inglobati in un forte del XV secolo. Numerosissimi blocchi ed elementi architettonici sono stati recuperati in mare, insieme alle colossali statue di Tolomeo II e della moglie Arsinoe II rappresentata come Iside.
Nell'isola sorgeva inoltre un tempio dedicato ad Efesto.
La non meno celebre Biblioteca di Alessandria fu istituita in epoca tolemaica ed era grandemente celebrata per la sua ricchezza e il grande numero di opere letterarie che vi si conservavano, stimate in circa 700.000 volumi. Andò una prima volta a fuoco per colpa delle truppe romane al seguito di Giulio Cesare. Un'altra parte (il Serapeum) fu distrutta dal fuoco nel corso del III secolo. Altri tumulti avvennero nel 415 e culminarono con la morte di Ipazia donna famosa per la sua cultura e capo della scuola neoplatonica. La biblioteca venne distrutta in modo definitivo dopo la conquista islamica dell'Egitto nel 639. Nel 642 o 646, la datazione è controversa, il destino della Biblioteca di Alessandria si compì tragicamente e definitivamente. La tradizione riferisce che il secondo califfo dell'Islam Omar ibn al-Khattāb pronunciasse la famosa frase: "Se il contenuto dei libri si accorda con il Corano, noi possiamo farne a meno, dal momento che il libro di Allah è più che sufficiente. Se invece contengono qualcosa di difforme, non c'è alcun bisogno di conservarli.". La parte relitta di quello che fu centro della cultura classica fu bruciata. Si dice che i rotoli furono usati come combustibile per i bagni termali di Alessandria[senza fonte] , che, secondo Eutichio, erano circa quattromila, e ci vollero sei mesi per bruciarli tutti[4].
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