venerdì 25 gennaio 2013

LA REPUBBLICA ROMANA


La Repubblica romana (Res publica Populi Romani) fu il sistema di governo della città di Roma nel periodo compreso tra il 509 a.C. e il 27 a.C., quando l'Urbe fu governata da una oligarchia repubblicana. Essa nacque a seguito di contrasti interni che portarono alla fine della supremazia della componente etrusca sulla città, e al parallelo decadere delle istituzioni monarchiche. La sua fine viene invece convenzionalmente fatta coincidere, circa mezzo millennio dopo, con la fine di un lungo periodo di guerre civili che segnò de facto (benché formalmente non avvenne in riforma istituzionale) la fine della forma di governo repubblicana, a favore di quella del Principato. Qui di seguito il passo fondamentale di Tito Livio, che descrive le ragioni che portarono alla caduta della monarchia dei Tarquini, considerando che i tempi erano ormai maturi:
« E non c'è dubbio che lo stesso Bruto, coperto di gloria per l'espulsione del tirannico Tarquinio, avrebbe agito in modo estremamente dannoso per la Res Publica, se il desiderio prematuro di libertà lo avesse portato a detronizzare qualcuno dei re precedenti. Infatti cosa ne sarebbe stato di quel gruppo di pastori e di popolazione se, fuggiti dai loro paesi per cercare la libertà o l'impunità nel recinto inviolabile di un tempio, si fossero resi liberi dalla paura di un re e si fossero lasciati condizionare dai discorsi faziosi dei tribuni e a scontrarsi verbalmente con i patres di una città che non era la loro, prima che l'amore coniugale, l'amore paterno e l'attaccamento alla terra stessa, sentimento consuetudinario, non avessero unito i loro animi? La Res publica, minata dalla discordia, non avrebbe potuto neppure raggiungere la maggiore età. Invece l'atmosfera di serenità e moderazione che accompagnò la gestione del governo, portò la crescita ad un punto tale che, una volta raggiunta la piena maturità delle sue forze, poté dare i frutti migliori della libertà. »
(Tito LivioAb Urbe condita libri, II, 1.)
Quella della Repubblica rappresentò una fase lunga, complessa e decisiva della storia romana: costituì un periodo di enormi trasformazioni per Roma, che da piccola città stato quale era alla fine del VI secolo a.C. divenne, alla vigilia della fondazione dell'Impero, la capitale di un vasto e complesso Stato, formato da una miriade di popoli e civiltà differenti, avviato a segnare in modo decisivo la storia dell'Occidente e delMediterraneo.
In questo periodo si inquadrano la maggior parte delle grandi conquiste romane nel Mediterraneo e in Europa, soprattutto tra il III e il II secolo a.C.; il I secolo a.C. fu invece, come detto, devastato dai conflitti intestini dovuti ai mutamenti sociali, ma fu anche il secolo di maggiore fioritura letteraria e culturale, frutto dell'incontro con la cultura ellenistica e riferimento "classico" per i secoli successivi.Si racconta che mentre Tarquinio il Superbo stava assediando la città dei Rutuli di Ardea,[1] il figlio Sesto Tarquinio abusò della nobile ed onestissima Lucrezia(moglie di Lucio Tarquinio Collatino), che per la vergogna si suicidò.[1][2][3][4] Il marito Collatino, il padre Tricipitino e l'amico Lucio Giunio Bruto (anch'egli imparentato con i Tarquini), convinsero i Romani a ribellarsi e a rovesciare la monarchia nel 509 a.C., abbandonando il re e chiudendogli in faccia le porte dellacittà.[1][5][3][6] La famiglia di Lucrezia guidò, quindi, la rivolta che costrinse alla fuga i Tarquini, abbandonando così Roma per rifugiarsi in EtruriaLucio Tarquinio Collatino, marito di Lucrezia, e Lucio Giunio Bruto vinsero le elezioni come primi due Consoli, supremi magistrati della neo Repubblica romana.[7]
La leggenda narra che il sovrano esule si rivolse prima agli Etruschi di Veio e Tarquinia, poi a quelli di Chiusi, governati dal lucumone Porsenna, in entrambi i casi per chiedere un sostegno militare esterno e poter così rientrare a Roma. Entrambe le sue richieste furono accolte, ed in entrambi i casi il conflitto che ne risultò, alla fine, si risolse a favore di Roma, sostenuta da aiuti soprannaturali, come la voce che proclamò la vittoria dei Romani guidati da Lucio Giunio Bruto ePublio Valerio Publicola sugli etruschi di Veio e Tarquinia, o da singoli atti di valore dei Romani, come quelli di Orazio CocliteMuzio Scevola e Clelia, che convinsero Porsenna a levare l'assedio da Roma.

Contesto storico [modifica]

Il significato storico che sta sotto l'elaborazione leggendaria della fondazione della repubblica riguarda due aspetti fondamentali per la storia militare e sociale romana: l'emancipazione politica dagli Etruschi e, soprattutto, l'esito del contrasto tra l'istituzione monarchica ed il ceto dei Patrizi; quest'ultimi, preoccupati dalle iniziative politiche popolari sostenute dai re etruschi (come la riforma centuriata e l'imposizione fiscale "progressiva"), che sembravano condurre ad un sempre crescente peso della plebe, si assicurarono con la cacciata di Tarquinio il Superbo il controllo politico e sociale attraverso un istituto oligarchico.
Il periodo immediatamente successivo alla cacciata dei Tarquini fu segnato da una crisi militare ed economica per l'Urbe: l'espansione territoriale guidata dai re fu seguita da una controffensiva dei popoli circostanti (Equi e Volsci), che ridimensionarono i confini di Roma, mentre l'emarginazione dei ceti plebei artigiani e mercantili, che sotto la monarchia avevano guidato la crescita economica della città, portarono ad una recessione economico-agricola dominata dai grandi proprietari terrieri.
I primi Consoli assunsero il ruolo del re con l'eccezione dell'alto sacerdozio nell'adorazione di Iuppiter Optimus Maximus nel grande tempio sul colle Capitolino. Per quel compito i Romani elessero un Rex sacrorum o "Re delle cose sacre". Fino alla fine della Repubblica, l'accusa di volersi dichiarare re, rimase una delle più gravi accuse a cui poteva incorrere un personaggio potente (ancora nel 44 a.C. gli assassini di Giulio Cesare sostennero di aver agito per prevenire la restaurazione di una monarchia esplicita).

I primi anni della Repubblica (509-496 a.C.) [modifica]


Il Campidoglio in età repubblicana
I primi anni della Repubblica furono caratterizzati dalla necessità di stabilizzare il nuovo ordine, difendendolo sia da nemici interni (coloro che venivano accusati di voler restaurare il regime monarchico), sia dai nemici esterni, che, contando sulla debolezza del nuovo regime, provarono a recuperare la propria indipendenza dallo Stato romano. Nel 507 a.C. il Tempio di Giove Ottimo Massimo, per secoli simbolo della potenza romana, fu dedicato al dio da uno dei primi consoli repubblicani, Marco Orazio Pulvillo, quasi ad avocare al nuovo stato un tempio voluto e realizzato dagli ultimi tre re di Roma.
In qualche modo, la difesa del nuovo ordine della Repubblica, da quello appena rovesciato della monarchia, fu un movimento storico che a Roma assunse caratteri di psicosi collettiva, considerando che lo stesso Publio Valerio (il futuro Publicola ovvero amico del popolo), dovette difendersi dall'accusa di voler farsi re, costretto poi ad abbattere la dimora che stava costruendo in cima al Velia[8] e promulgando una legge che permetteva a tutti i cittadini romani di uccidere chiunque avesse tentato di farsi re.
Il corpo sociale era in fermento: all'ordine più tradizionalista, come quello legato alle famiglie patrizie, si contrapponeva il popolo romano (laplebe), in un movimento dialettico che sfociò anche nella violenza e che sarebbe emerso più chiaramente nel decennio successivo, con laprima secessione della plebe del 494 a.C.. È di questo periodo l'introduzione nell'ordinamento romano della provocatio ad populum, che garantiva ad ogni cittadino che fosse stato condannato da un magistrato alla pena capitale, di appellarsi al popolo per trasformare la pena inflittagli, e la nomina di due questori da parte del popolo.
Dal punto di vista militare, dopo essersi garantita l'indipendenza dal potente vicino etrusco, Roma si trovò a dover ristabilire la propria autorità lungo i confini settentrionali con i Sabini, che sempre più spesso compivano scorrerie in territorio romano (nel 505 a.C. sull'Aniene[9] e 504 a.C. nei pressi di Fidene[10]), e verso i meridionali, dove la colonia di Pometia fu duramente punita per essere passata dalla parte degli Aurunci.[11]
Che i Romani si sentissero accerchiati, lo si desume dai trionfi che furono accordati per vittorie forse anche di modeste dimensioni, ma ancor più dall'istituzione della figura del dittatore, carica che per la prima volta fu attribuita nel 501 a.C. a Tito Larcio, in previsione di una futura guerra contro una lega di città latine. È in queste condizioni che si sviluppò quella che potremmo definire una prima forma di "politica estera" dello stato romano: il divide et impera, teso a dividere gli avversari, grazie ad azioni diplomatiche, per poi arrivare allo scontro campale con un nemico indebolito nella propria consistenza numerica.

Roma e i Latini (496-494 a.C.) [modifica]


Il Latium vetus secondo l'Historical Atlas
Exquisite-kfind.pngPer approfondire, vedi la voce Foedus Cassianum.
Roma era rimasta esclusa dalla lega delle città latine limitrofe, forse anche in virtù dell'influenza della componente etrusca della città: la ricerca di nuove terre coltivabili e di vie di comunicazione contrappose presto l'Urbe agli altri centri latini.
Un nuovo equilibrio fu stabilito con il Foedus Cassianum (la data è incerta, ma non successiva al 493 a.C.), un trattato di pace stipulato tra Romani e Latini, che rimase in vigore fino al 338 a.C., conseguenza dello scontro tra le due parti, conclusosi con la battaglia presso il lago Regillo, di fatto l'ultimo tentativo di Tarquinio il Superbo (e quindi della componente etrusca che a lui faceva riferimento) di rientrare nell'Urbe. Sebbene i Romani prevalsero sul campo[12], con il trattato Roma riconosceva alle città latine la loro autonomia ma si riservava il Supremo Comando in caso di guerra. L'alleanza aveva, perciò, uno scopo prettamente difensivo, in vista delle incombenti minacce degliEqui, dei Volsci e degli Aurunci.

Vicende politiche interne (494-487 a.C.) [modifica]

Exquisite-kfind.pngPer approfondire, vedi le voci Conflitto degli ordini e secessio plebis.
Intanto la città era teatro di violenti conflitti tra patrizi e plebei, conflitti che trovano origine nella richiesta dei secondi di essere rappresentati nelle istituzioni della città (istituzioni che dopo la caduta della monarchia erano appannaggio esclusivo dei patrizi) e di non essere ridotti in schiavitù, in applicazione del Nexum, perché debitori a seguito di eventi bellici[13]. In quel frangente l'Urbe riuscì a resistere alle forze esterne, solo ritrovando l'accordo tra i due ordini (il dittatore Manio Valerio Massimo promise le riforme a guerra conclusa), che compatti nel 494 a.C., con rapide ed efficaci azioni militari riuscirono a respingere gli attacchi dei SabiniEqui e Volsci[14].
A guerra conclusa, poiché i patrizi non volevano concedere ai plebei quanto promesso, soprattutto a causa della forte opposizione a questa riforma dell'ala più oltranzista dei patrizi, guidata daGneo Marcio, conosciuto come Coriolano, questi per la prima volta nella storia romana adottarono come forma di lotta politica la secessio plebis, ovvero abbandonarono la città, ritirandosi sul monte Sacro appena fuori le mura cittadine, rifiutandosi di rispondere alla chiamata alle armi dei Consoli.
La prima secessione dei plebei si concluse quando questi videro accolte alcune delle loro richieste, tra le quali la più importante era senza dubbio quella dell'istituzione nel 494 a.C. della figura deltribuno della plebe; peraltro il ricomporsi della frattura tra i due ordini non comportò il ristabilirsi della concordia interna.        WIKIPEDIA

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