lunedì 18 febbraio 2013

LA STORIA DELL'ARATRO

L'invenzione dell'aratro è avvenuta nel paese dei Sumeri, nel sud della Mesopotamia, durante i secoli che precedettero l'inizio della civiltà urbana. Verso il 3500 a.C., infatti, con le prime tavolette pittografiche di Uruk appare già il disegno schematico di un aratro. Attraverso successive semplificazioni l'ideogramma dell'aratro diventerà uno dei segni della scrittura cuneiforme. 
La più antica storia dell'aratro è ricostruibile grazie alle raffigurazioni dei sigilli mesopotamici, alle pitture, ai bassorilievi e ai modellini in legno egizi e a quelli in terracotta ciprioti, all'arte rupestre scandinava e alpina.  Nessun aratro dei IV e dei III millennio a.C. si è conservato. 
Dalla Mesopotamia l'aratro si è diffuso verso l'Egitto e poi verso l'Europa. 
Nella scrittura egizia più antica il segno dell'aratro manca, mentre ritroviamo i segni della zappa e della falce. Ciò significa che quando si è formata la scrittura egizia, alla fine dei IV millennio, l'aratro non era ancora conosciuto nella terra dei Nilo.  La prima scena d'aratura è raffigurata sulle pareti della mastaba di Rahotep e Nofret a Meidum (inizi della IV dinastia, circa 2600 a.C.). Soltanto a partire dalla V dinastia (2480 - 2340 a.C.) viene introdotto nella scrittura egizia l'ideogramma dell'aratro. 
Le scene di aratura si fanno frequenti nelle mastabe della V e VI dinastia (2480 - 2160 a.C.). In tutte le raffigurazioni l'aratro è del tipo a vanga con due stegole terminanti con un'impugnatura o a volte con una maniglia. Il soffice terreno limoso della valle dei Nilo non opponeva resistenza alcuna a un vomere di questo tipo. Ecco la ragione per cui non venne apportata nessuna modifica tecnica e lo strumento rimase di fatto inalterato nel corso del Medio e del Nuovo Regno. 
Le più antiche testimonianze dell'introduzione dell'aratro in Europa risalgono alla fine del Neolitico-inizi dell'età dei Rame. Non si tratta di manufatti, ma di tracce di solchi messi in luce dagli archeologi sotto tumuli della cultura dei Vaso lmbutiforme in Polonia, di Windmill Hili in Inghilterra e della Ceramica Cordata in vari altri paesi e, almeno in alcuni casi, interpretabili come arature rituali connesse al cerimoniale funebre. 
L'arte rupestre camuna con oltre quaranta scene di aratura offre un contributo essenziale alla ricostruzione della storia dell'aratro. Nonostante lo schematismo di quest'arte non permetta di leggere i dettagli delle figure, le incisioni rupestri illustrano l'uso dell'aratro in un ambiente montano per un arco di tempo di quasi tremila anni. 
Nelle incisioni più antiche (stile III - A) l'aratro è del tipo a vanga, come appare evidente nella rappresentazione sul masso di Bagnolo 2 riprodotta sulla parete di fronte : l'uomo tiene la stegola con entrambe le mani e il traino è costituito da una coppia di buoi dalle grandi corna.  La stegola e il corpo lavorante sono in un unico pezzo, mentre la bure è diritta ed è connessa al corpo lavorante mediante legacci.  La parte che funge da vomere tende ad essere verticale o obliqua rispetto al terreno, in modo da penetrarvi agevolmente e superare gli ostacoli frequenti nei terreni sassosi d'altura. 
Sappiamo dalle incisioni rupestri della Val Camonica che nell'età dei Bronzo si conosceva sia l'aratro del tipo a vanga che del tipo ad uncino con stegola e stiva.  Il traino è sempre formato da una coppia di buoi. 
Le scene d'aratura dell’età dei Ferro presentano diverse novità : il traino è ora formato da una coppia di equidi, l'aratore usa solo una mano per guidare lo strumento, mentre con l'altra impugna il pungolo o la frusta, infine zappatori seguono l'aratore formando un'unica scena. Gli aratri rappresentati sono di vario tipo: a vanga, ad uncino e a bure perforata.  In realtà abbiamo un solo esempio di aratro a bure perforata sulla roccia 17 B di Bedolina, un tipo di cui si sono conservati alcuni esemplari nelle torbiere della Danimarca. 
L'introduzione in Italia del vomere in ferro si deve ai Greci. Infatti i più antichi esempi sinora noti provengono dai pressi di Gela in Sicilia e dal santuario di Gravisca, emporio greco di Tarquinia, e risalgono al VI sec. a.C. 
Il diffondersi di questa importante innovazione nell'Italia settentrionale è documentato sia nell'arte delle situle che dai manufatti in ferro rinvenuti in insediamenti retici del Trentino a partire dal V - IV sec. a.C.WWW.ONDE.NET

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