giovedì 31 ottobre 2013

OSCAR WILDE

 Oscar Wilde (Dublino, 16 ottobre 1854  Parigi, 30 novembre 1900) è stato un poeta, aforista, scrittore, drammaturgo,giornalista e saggista irlandese.Autore dalla scrittura apparentemente semplice e spontanea, ma sostanzialmente molto ricercata ed incline alla ricerca del bon mot, con uno stile talora sferzante e impertinente egli voleva risvegliare l'attenzione dei suoi lettori e invitarli alla riflessione.[2] È noto soprattutto per l'uso frequente diaforismi e paradossi, per i quali è tuttora spesso citato.[3]
L'episodio più notevole della sua vita, di cui si trova ampia traccia nelle cronache del tempo,[4] fu il processo e la condanna a due anni di prigione per avere violato la legge penale che codificava le regole morali in materia sessuale della sua stessa classe sociale.[5]
Molti i libri scritti sulle sue vicende e sulle sue opere,[6] tra le quali, in particolare, i suoi testi teatrali, considerati dai critici dei capolavori del teatro dell'800.
Dopo aver passato un po' di tempo con la madre Wilde trovò una nuova residenza al terzo piano di Charles Street che si trovava vicino a Grosvenor Square. Dalla metà degli anni ottanta divenne collaboratore fisso per il Pall Mall Gazette gestendo come autore anonimo una rubrica dal titolo The Poet's Corner, per le recensioni di nuovi libri di poesie appena pubblicati.[76]
Il 7 maggio del 1879 il fratello Willie e sua madre raggiunsero Oscar a Londra andando ad abitare al 146 di Oakley Street (Chelsea). Lady Wilde aprì un salotto culturale che divenne tanto noto da attirare l'attenzione del principe del Galles che disse «Non conosco il signor Wilde, e non conoscere il signor Wilde significa non essere conosciuti».[77]
Nel 1881 in occasione della pubblicazione del volume intitolato Poems (Poesie) Wilde che ne aveva inviata una copia alla biblioteca dell'Oxford Union, fu amareggiato dalla recensione di Oliver Elton e Henry Newbolt che lo accusavano di immoralità, inconsistenza e plagio tanto che il suo libro fu respinto dalla biblioteca[78]
Le accuse di immoralità divennero più frequenti: il padre del suo amico Frank Miles che coabitava con Oscar ingiunse al figlio di rompere il loro rapporto.[79]
La fama di Oscar arrivò in America dove un impresario teatraleRichard D'Oyly Carte, propose a Wilde un giro di conferenze negli Stati Uniti, con l'intenzione di mostrare da vicino al pubblico americano quegli esteti che furoreggiavano in Europa.[80]
Il soggiorno americano fu segnato da inimicizie e inconvenienti sino al punto che Oscar rischiò di finire in prigione così che quando decise di tornare in Europa i giornali definirono la sua avventura americana un fallimento.
Trasferitosi a Parigi, completò The Ballad of Reading Gaol. L'opera appena pubblicata si rivelò un successo, Wilde inviò numerose copie con dediche ai suoi conoscenti: ne ricevette una anche la moglie, ma senza dedica; la donna trovò lo scritto meraviglioso.[206] Constance morì a 40 anni dopo un'operazione chirurgica alla schiena il 7 aprile del 1898.
Si narra che Wilde l'avesse sognata il giorno prima della morte dicendole "vattene, lasciami in pace".[207] Nel maggio 1898, per cause sconosciute, Wilde venne operato alla gola.
Nel giro di due anni morirono anche Beardsley il 16 marzo 1898 (aveva venticinque anni), Dowson il 23 febbraio 1900 e suo fratello Willie, il 13 marzo1899. Dopo la morte di Beardsley raggiunse il suo amico Frank e nel dicembre 1898 risiedeva all'Hotel des Bains di La Napoule vicino a Cannes. In quell'occasione, parlando con il suo amico, disse che mentre lui soleva vantarsi di aver conosciuto Balfour, Balfour stesso si vantava di aver conosciuto Wilde.[208]
Viaggiando fece sosta a Genova nel cimitero di Staglieno dove si trovavano seppellite ai piedi di una collina le spoglie di Constance,[209] solo in seguito fu aggiunta una scritta che ricordava di chi fosse stata la moglie. Per poco tempo andò a vivere da Mellor Gland in Svizzera, ma stanco di vedersi rifiutata ogni richiesta di prestito decise di ripartire quasi subito: si recò prima a Santa Margherita dove Ross lo salvò dai debiti che aveva contratto, poi a Parigi all'hotel Marsollier, dove venne obbligato a non consumare alcool per 6 mesi.
Fra i tanti viaggi che ancora fece incontrò a Fontainebleau lo scienziato Peter Chalmers Mitchell che gli fece un invito a cena, che Wilde rifiutò per non fargli fare una brutta figura, poiché sapeva di non essere ben accetto.[210] Viaggiò di nuovo in Italia dove ebbe la benedizione di Papa Leone XIII sei volte nel giro di poco tempo e disse che grazie a ciò era guarito il suo esantema.
Negli ultimi anni di vita Wilde mostrò un grosso ripensamento sulle sue scelte di vita sessuale e già nel celebre “De profundis”, una lunga lettera all’ex amante Alfred Douglas, scrisse: «Solo nel fango ci incontravamo», gli rinfacciò, e in una confessione autocritica: «ma soprattutto mi rimprovero per la completa depravazione etica a cui ti permisi di trascinarmi» (Ediz. Mondadori, 1988, pag. 17). Tre settimane prima di morire, dichiarò a un corrispondente del Daily Chronicle: «Buona parte della mia perversione morale è dovuta al fatto che mio padre non mi permise di diventare cattolico. L’aspetto artistico della Chiesa e la fragranza dei suoi insegnamenti mi avrebbero guarito dalle mie degenerazioni. Ho intenzione di esservi accolto al più presto» (R. Ellmann, “Oscar Wilde”, Rizzoli, Milano 1991, pag. 669).
In quei giorni incontrò anche John Gray. Harris scrisse al posto di Wilde la sua opera Mr. and Mrs. Daventry, i cui proventi pagarono i debiti di Oscar.
Il 31 gennaio 1900 Queensberry morì lasciando ad Alfred 20.000 sterline; di quella somma non diede neanche un penny a Wilde.
Tutti si sono espressi su Oscar Wilde e sul suo modo di scrivere, anche chi ha ammesso candidamente di non conoscere pressoché nulla dell'autore,[225] l'"artista martire" come lo definì Hugues Rebell;[226] tale termine, rafforzato aggiungendo alla definizione di martire anche quelle di eroe e di mentore, in un paragrafo che non a caso si chiama “il culto di Oscar”,[227] vuol mettere in luce la semplicità del linguaggio e la facilità di comprensione delle sue opere anche fuori dal suo paese d'origine, come sottolinea Jorge Luis Borges.[228] Nei suoi scritti il critico Karl Beckson notò che qualunque fosse l'argomento trattato si intravedeva, a riprova della sua capacità di presagire i tempi, il postmodernismo,[229] ma la sua abilità più che con la poesia veniva espressa con la prosa, per via delle sue frasi espressive e dell'immaginazione che nascevano dalle parole, come ebbe ad affermare Osbert Burdett nel 1925.[230] Mario Praz lo paragona più volte a Byron, ammettendo che entrambi davano una grande importanza all'arte che in mano loro diventava vita, notando che anche le loro opere meno riuscite avevano di fatto un identico impatto, superiore a quello che si poteva pensare, grazie alle loro personalità[231] e Wilde, massimo esponente dell'estetismo, avendo poco da offrire per contrastare la superiorità di Byron, poteva mettere sul piatto solo la sua capacità di conversare in maniera brillante, riuscendo a strappare sorrisi.[232]
Arthur Nethercot parlava della coesistenza di un Wilde e di un anti-Wilde: nella sua esposizione si ritrova a parlare anche del dandy, colui che voleva farsi conoscere ad ogni costo, colui che proclamava l'estetismo che si frapponeva all'altra parte conosciuta da pochi: una persona normale, sentimentale e penitente.[233] Tale paradosso è stato evidenziato da molti autori, definendolo come il peccatore che è anche santo, il pagliaccio che ha visto la tragedia della realtà.[234] Del resto lui stesso ammetteva che concetti come il pianto di gioia erano per lui l'effetto drammatico della natura, cosa che amava esternalizzare nelle sue opere.[235] In fondo, come notano altri autori, Wilde aveva due strade che percorse entrambe: la via del cinismo che si evolse nell'ironia, che ritroviamo nel suo teatro e nelle commedie, e lo spirito idealistico che si ritrova nei dialoghi immaginari creati da lui, come si ritrovano nei suoi romanzi e nella prosa, quella stessa prosa che seduce lo spettatore.[236]
William Butler Yeats, che lo conosceva bene, sembrava un autore incompiuto, definendolo come il "quasi vincitore del Graal",[237] mentre Walter Pater diceva che leggendo i suoi scritti si pensa più ad un ottimo parlatore che ad altro.[238] Secondo Renaud gli artifizi non gli si addicevano, Wilde otteneva i suoi risultati migliori con la naturalezza.
WIKIPEDIA

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