sabato 26 ottobre 2013

LA RIVOLUZIONE AMERICANA

La guerra di indipendenza americana, chiamata anche rivoluzione americana (in ingleseAmerican War of IndependenceAmerican Revolutionary War o American Revolution), fu il conflitto che, tra il 1775 e il 1783, oppose le tredici colonie nordamericane, diventate successivamente gli Stati Uniti d'America, alla loro madrepatria, il Regno di Gran Bretagna. Nel corso della guerra le potenze europee si schierarono su diversi fronti, portando il conflitto anche nelle Antille, in India e in Europa: la Francia, la Spagna e le Province Unite con i ribelli mentre l'Assia e l'Elettorato di Hannover in favore degli inglesi.
Il trattato di Parigi, firmato nel 1783, pose ufficialmente fine alla guerra, già conclusa di fatto tra il 1781 e il 1782. Con la pace, gli Stati Unitifurono riconosciuti dal Regno Unito, che dovette cedere alla Francia il SenegalSanta Lucia e Tobago[1], alla Spagna la Florida e Minorca e alle Province Unite le sue colonie asiatiche. La corona mantenne tuttavia il possesso delle Antille, del Canada e di buona parte dell'India.
Londra esigeva che i sudditi americani contribuissero al pagamento delle spese del vasto "impero" nord-americano. Dopo la guerra dei sette anni, infatti, l'Inghilterra si trovava in serie difficoltà economiche (crisi finanziaria) a cui tentò di porre rimedio con due fondamentali provvedimenti: lo Sugar Act (che imponeva alti dazi sui prodotti di importazione dalla madrepatria alle colonie) e lo Stamp Act (che imponeva un bollo sui documenti ufficiali e sui giornali); inoltre la madre patria ribadiva il proprio monopolio industriale vietando di fatto lo sviluppo autonomo delle colonie, preoccupandosi, com'era ovvio, non tanto dei loro particolari interessi, quanto degli interessi globali dell'impero. Né da una parte né dall'altra esisteva di fatto un'aperta volontà di scontro e le colonie servivano come pura fonte di materie prime utili allo sviluppo inglese.
Se si giunse alla completa rottura fra le colonie e la madrepatria, alla Dichiarazione di indipendenza degli Stati Uniti d'America e alla guerra, fu perché agivano ragioni profonde e oggettive da individuare come cause reali della rivoluzione americana: le colonie non si sarebbero potute sviluppare sino a diventare il primo nucleo degli Stati Uniti d'America, se fossero rimaste inquadrate e soffocate nell'organizzazione monarchica inglese.
Fin dal 1743Benjamin Franklin aveva proposto d'inventariare le risorse agricole, minerali, industriali che la scienza avrebbe permesso di mettere a buon frutto.George Washington, per quanto appartenente a una famiglia di ricchi proprietari di piantagioni della Virginia, aveva esperienza sufficiente per ragionare non nei termini provinciali del profondo Sud, ma secondo prospettive globali di sviluppo.
La guerra dei sette anni aveva posto fine alla dominazione francese sui territori canadesi, cosicché i coloni non avevano più quella necessità di protezione che era stato uno dei principali motivi di attaccamento alla patria di origine. Ciò li rendeva più insofferenti dei privilegi che l'Inghilterra si era riservata, che risultavano tanto più odiosi in quanto la cultura illuministica, diffusasi anche oltreoceano, denunciava l'assurdità delle restrizioni frapposte alla libertà di commercio.
D'altro canto, la Corona inglese pretendeva una partecipazione alle spese sostenute per la loro protezione.
La conclusione della guerra fu per i coloni un'amara delusione: essi si aspettavano che le regioni a est del Mississippi fossero aperte alla loro libera espansione, mentre una disposizione regia precluse immediatamente questa possibilità dichiarando che le terre di recente conquista appartenevano all'Impero britannico: si ricorda che, oltre alle terre lasciate alla libera conquista individuale, molte – soprattutto nel meridione – furono assegnate a nobili o compagnie commerciali affinché le sviluppassero per conto del re.
A ciò si aggiunsero molteplici iniziative del Parlamento, intese, come abbiamo detto, a imporre anche ai coloni l'obbligo di contribuire alle spese dell'impero. Si trattava di imposte indirette su generi che avevano un'importanza non trascurabile per gli Americani: le tasse doganali percepite dal governo inglese non erano sufficienti a pagare le spese dei corpi militari e dei funzionari stanziati in America.
Nel 1773 la Compagnia Inglese delle Indie Orientali ottenne dal Parlamento il diritto di vendere in esclusiva, e mediante i suoi stessi agenti, il tè che essa importava dalla Cina, tagliando fuori gli intermediari americani che avevano fino ad allora goduto di un ampio e fruttuoso giro di affari.
I commercianti americani di tè, sostenuti dall'opinione pubblica e dalle organizzazioni popolari dei Figli della libertà, organizzarono di rimando il boicottaggio delle merci inglesi: questa azione culminò in un episodio particolarmente clamoroso, quando alcuni Figli della libertà, travestiti da Indiani, assalirono le navi della Compagnia alla fonda nel porto di Boston e gettarono in mare il carico di tè (episodio noto come Boston Tea Party, del 16 dicembre 1773).
Il governo di Londra bloccò il porto di Boston e tentò di privare il Massachusetts di ogni autonomia amministrativa, inviando sul posto un gruppo di funzionari inglesi nominati dal re. In tale situazione, già molto tesa, subentrò una nuova decisiva ragione di conflitto quando, nel 1774, il Parlamento approvò le famose «Quattro leggi intollerabili (Intolerable Acts)», oltre al Quebec Act(Legge sul Quebec) che assicurava ai sudditi del Canada, di nazionalità francese e di recente acquisizione, la più ampia libertà religiosa e civile e assegnava al Canada tutti i territori a nord del fiume Ohio, nei quali i sudditi delle tredici vecchie colonie aspiravano ad espandersi.
L'ulteriore limitazione della libera espansione territoriale dei coloni, che l'Inghilterra voleva in sostanza confinare a oriente dei monti Appalachi, in favore degli indigeni che abitavano il resto del territorio, furono percepite come un atto di dispotismo e di inaccettabile limitazione della libertà dei coloni, che pretendevano di essere liberi – fra l'altro – di sterminare le popolazioni indigene per impadronirsi del «deserto» e trasformarlo in terre fertili coltivate: infatti, non solo gli indigeni erano ritenuti dei selvaggi inferiori, ma la loro terra non era considerata tale perché non lavorata (secondo John Locke la base del diritto naturale alla proprietà è appunto il lavoro).
Ciò nondimeno, nell'autunno del 1774, un Congresso continentale riunitosi a Filadelfia, al quale parteciparono i delegati di tutte le colonie eccetto la Georgia, si limitò a rivendicare l'autonomia amministrativa dei coloni e votò il boicottaggio sistematico delle merci inglesi, da imporre con la forza anche a quegli Americani che non l'avessero praticato spontaneamente.
Non si parlava ancora di secessione e Franklin si trovava in Inghilterra per tentare una ragionevole transazione, collaborando alla stesura di un progetto che prevedeva la costituzione di un impero federale, in cui i singoli paesi avrebbero goduto di larga autonomia pur rimanendo uniti nella persona del re.
Quando la guerra scoppiò i coloni disponevano solamente di milizie volontarie, i minutemen, al contrario degli inglesi che si appoggiavano su un esercito ben addestrato ed equipaggiato, l'Esercito Britannico. Anche con la creazione dell'Esercito Continentale e l'inquadramento dei miliziani in truppe regolari la situazione non cambiò. Solo dopo l'inverno del 1778, quando von Steuben iniziò ad addestrare gli statunitensi a Valley Forge (Pennsylvania) le truppe dei "patrioti" ebbero un miglioramento significativo arrivando alla fine della guerra, grazie anche all'intervento francese, a poter effettuare un assedio campale, quello di Yorktown.
La differenza principale che emerse tra la tattica adottata da George Washington e i comandanti inglesi fu quella della mobilità delle truppe. Mentre i generali d'oltreoceano utilizzavano le classiche tattiche della guerra settecentesca, che prevedevano lo spostamento di truppe pesantemente equipaggiate seguite dai carriaggi, l'avvicinamento al nemico e la carica a seguito di alcune raffiche, gli statunitensi preferivano utilizzare tecniche da guerriglia, con imboscate e ritirate strategiche.
Nonostante gli inglesi avessero inflitto un numero maggiore di sconfitte agli statunitensi rispetto alle vittorie ottenute da quest'ultimi, non riuscirono mai a cogliere un successo decisivo, come invece quelli statunitensi a Yorktown o Saratoga.
Dalla parte inglese si schierarono anche i nativi Mohawk guidati con gli Irochesi da Joseph Brant (Thayendanegea), ma le tribù furono presto sterminate dal generale statunitense Sullivan (1778). Il corpo di spedizione dei 30.000 mercenari d'Assia (inviati dai sovrani d'Assia-KasselBrunswickWaldeckHanauAnsbach e Anhalt Zerbst), guidato dal generale August Nettardt von Gneisau, fu sconfitto e rimpatriato nel 1783.
Un altro dei problemi dell'Esercito Continentale era l'assenza di ufficiali con reale preparazione tattica che sceglievano spesso di lanciare, senza nemmeno attendere gli ordini di Washington, degli attacchi controproducenti distogliendo uomini e mezzi da altre operazioni militari. Il generale tollerò tuttavia queste operazioni per non aprire fratture col Congresso e diede il suo assenso anche alla campagna canadese, uno dei maggiori disastri patiti dai coloni durante la guerra.[5]
L'idea dominante in alcuni reparti dell'Esercito Continentale era che il pericolo maggiore per i coloni venisse dal Canada. I sostenitori di questa ipotesi affermavano che dalle basi nel paese gli inglesi avrebbero potuto portare offensive via terra stando vicino a queste senza dover ricorrere a dispendiosi e rischiosi sbarchi. L'idea di conquistare le città canadesi fu in particolar modo appoggiata dal colonnello Benedict Arnold e dal generale Richard Montgomery, convinti di poter riuscire nell'attacco per due motivi principali: le forze inglesi nella regione ammontavano solo a mille uomini e, secondariamente, era diffusa la convinzione che gli anglo-canadesi avrebbero aiutato i ribelli. Questi furono i motivi che indussero il Congresso ad approvare l'idea nel giugno del 1775.[5]
Il corpo di spedizione venne allestito e fu pronto alla fine di settembre partendo il 2 ottobre verso la frontiera. Era composto da 8.000 uomini divisi in due colonne; una, guidata da Arnold, puntava su Québec attraverso il Maine mentre l'altra, sotto il comando di Montgomery, era diretta verso Montréalrisalendo dal lago Champlain.[5]
Ben presto gli uomini di Arnold, primi ad attraversare il confine, si accorsero che né gli anglofoni né i francofoni canadesi consideravano gli americaniliberatori e pochi erano disposti a collaborare. La colonna di Montgomery fu invece bloccata presso il forte Saint John, sul fiume Richelieu, per cinque settimane. Riuscì infine ad aprirsi la strada ed il 13 novembre occupò Montréal. I due rami riuscirono a riunirsi presso Québec solamente in pienoinverno.[5]
Le colonne erano tuttavia in cattive condizioni: i morti nell'avanzata erano stati circa 500, altrettanti erano i disertori mentre un migliaio di uomini, scaduta la ferma volontaria, si erano rifiutati di rinnovarla. A questi problemi si aggiungevano il freddo, che stava causando molte vittime, ed il vaiolo, che stava cominciando a colpire alcuni soldati.[5]
Il comando della città era stato assunto dal governatore inglese del Canada, Sir Guy Carleton: gli erano rimasti pochi uomini ma disponeva di molti viveri e di cinquanta cannoni, contro i cinque degli assedianti. Inoltre erano stati completati i lavori di ampliamento delle fortificazioni, che rendevano difficile un attacco alla città. Montgomery aveva capito che il tempo non giocava a suo favore anche perché molte delle ferme scadevano il 31 dicembre e c'era il rischio che pochi uomini le prolungassero.La notte del 30 dicembre decise di attaccare muovendo in formazioni serrate. La neve ed il vento confusero molti soldati che si trovarono sottoposti al fuoco dei cannoni dei difensori che sparavano amitraglia. Il risultato fu un massacro: morirono circa 500 soldati sul campo, compreso Montgomery, mentre 200 perirono nei giorni successivi a causa delle ferite riportate. Arnold decise tuttavia di continuare l'assedio a causa del limitato numero di mancati rinnovi della ferma; questo fu tolto a gennaio poiché gli inglesi furono raggiunti da alcuni rinforzi. Durante il ritorno nelle colonie scoppiò un'epidemia di vaiolo che decimò la colonna e rese impossibile la difesa di Montréal, che ricadde durante l'estate in mano inglese.[5]
Washington era disperato e le sorti della guerra sembravano in mano inglese. Un aiuto al generale venne però da un cartolaio e farmacista diBostonHenry Knox. I coloni avevano trovato al forte Ticonderoga cinquanta cannoni, più di quanti ne avesse l'intero Esercito Continentale, ma erano da fortezza e nessuno sapeva come trasportarli. Knox ci riuscì e, costruendo ponti di fortuna e massicciate e sfruttando tronchi d'albero come rotaia fece arrivare quarantatré cannoni a Washington, che li dispose subito all'esterno di Boston, pronto per attaccare la città.Le truppe inglesi, per cercare di riportare sotto il proprio controllo le colonie, erano sbarcate nei primi giorni di aprile ad Halifax, in Canada. Come risposta gli americani avevano proibito, dopo la consultazione del Congresso Continentale del 6 aprile, i porti americani alle navi inglesi.[7]
Durante il mese di giugno le truppe dei coloni erano state costrette ad abbandonare Montréal ed il Canada riportando perdite per circa 4.000 uomini (2.000 erano i caduti ed altrettanti i disertori). Le truppe guidate da Henry Clinton, partendo dalla stessa Halifax, tentarono una sortita su Charleston dove furono respinte dai cannoni dei forti. Il 7 giugno iniziarono le consultazioni sulla proposta d'indipendenza avanzata dal deputato Richard Henry Lee; per scongiurare il pericolo della possibile indipendenza il trenta dello stesso mese un contingente inglese ed assiano di 22.000 uomini guidato dal generale William Howe e dall'ammiraglio Richard Howe, suo fratello, aveva gettato l'ancora a Staten Island, davanti a New York.Washington, che aveva previsto questa mossa, schierò i suoi uomini a Long Island, sulle alture di Brooklyn. Dietro di esse vi era una seconda linea impostata su due forti: Fort Lee e Fort Washington. L'idea di creare un secondo saliente aveva però ridotto i soldati della prima linea che erano appena 8.000, portando così gli inglesi ad avere una schiacciante superiorità numerica. Nel frattempo il generale John Burgoyne era partito dal Canada al comando di 10.000 uomini con l'intenzione di discendere il lago Champlain e il fiume Hudson per prendere New York tra due fuochi. La resistenzaamericana era rappresentata dai soli quattrocento soldati di stanza al forte Ticonderoga. L'intento inglese era quello di formare una linea Hudson-lago Champlain per dividere le colonie in due e conquistare Maine, New Hampshire, Rhode Island, Connecticut e Massachusetts, dove erano situate le industrie e i porti principali.[7]
Il 4 luglio, a Filadelfia, fu pronto un documento redatto da Thomas JeffersonJohn Adams e Benjamin Franklin che venne firmato dai delegati delle Tredici colonieNew HampshireMassachusettsRhode IslandConnecticutNew YorkNew JerseyPennsylvaniaDelawareMarylandVirginiaCarolina del Nord,Carolina del Sud e Georgia andarono a costituire un nuovo Stato, gli Stati Uniti d'America. Per festeggiare la nascita fu suonata la Liberty Bell.[7]
Tuttavia, se l'estate del 1776 era stata dura per gli americani, l'autunno lo sarebbe stato ancor di più e George Washington l'aveva capito. Considerando la perdita di New York una cosa inevitabile preferì concentrarsi nel cercare di impedire la riunione delle forze di Howe e Burgoyne inviando alcune migliaia di uomini tra la città di Ticonderoga ed Albany. Intanto Benjamin Franklin, avendo capito che in Europa stavano cambiando gli atteggiamenti dei governi, era partito per Parigi per convincere il Regno di Francia ad allearsi con gli Stati Uniti.
WIKIPEDIA

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