domenica 20 ottobre 2013

IL LIBRO DEI MORTI DELLA RELIGIONE EGIZIA

Il Libro dei Morti ha origini molto antiche, forse addirittura precedenti all'inizio dell'epoca faraonica e contiene le direttive per un corretto viaggio dell'anima nell'al di là.
Il Libro dei Morti era, per gli Antichi Egizi, quello che è la Bibbia per i Cristiani. In epoca tarda veniva addiruttura preso alla lettera poichè, probabilmente, i suoi significati erano divenuti un po' annebbiati. Il nome in egiziano era REU NU PERT EM HRU, letteralmente "Capitoli per il giorno futuro". L'appellativo Libro dei Morti è stato assegnato dai primi studiosi che ne interpretavano i contenuti.
All'interno del volume, sopravvissuto solo in alcune parti, sono infatti trattati riti magici, metafisica e i vari stati dell'anima prima e, soprattutto, dopo la morte. Secondo Wallis Budge, il Libro dei Morti non è stato scritto dagli Egiziani, ma avrebbe origini ben più antiche e, quindi, sarebbe stato ereditato da una civiltà precedente.
Il Libro dei Morti si divide in tre parti chiamate recensioni: eliopolitana, tebana e saita. La prima versione, quella eliopolitana, datata intorno al 3500 a.C., mentre la copia più antica giunta sino a noi, risale alla XVIII dinastia e ascrive chiaramente il ritrovamento del capitolo alla I dinastia. Tutto ciò è avvallato dagli stessi geroglifici ritratti che riproducono fedelmente Osiride e Horo a dimostrazione dell'antichità di questo culto. I libri sacri (recensione eliopolitana) furono abbandonati o, forse, smarriti fra la VI e la XI dinastia per poi riaffiorare tra la XI e la XII dinastia (recensione tebana).
Tra la XII e la XVII dinastia il Libro dei Morti scompare di nuovo nell'oblio, mentre la XVIII dinastia recupera ancora l'antico culto riportando le antiche iscrizioni, fatte su sarcofagi, piramidi e statue, su papiri (recensione saita). Normalmente scritto su un rotolo di papiro, il Libro dei Morti serviva per pronunciare le formule magiche durante il rito funerario che facilitavano il viaggio del morto nell'aldilà. All'inizio queste formule erano incise nella camera funeraria. Successivamente i testi vennero scritti sulla cassa funebre e solo più tardi su carta.
Il numero dei capitoli del libro sepolti con il defunto variava a seconda del denaro che egli possedeva (i testi più semplici venivano fatti in serie lasciando uno spazio bianco per scrivere il nome del morto). Sulle strisce di papiro venivano trascritti i testi delle formule funerarie e disegnate alcune vignette ornamentali. Nei disegni gli uomini venivano raffigurati con la carnagione rosso mattone perché stavano al sole, le donne venivano dipinte gialle o bianco avorio perché restavano in casa. Il Libro dei Morti scritto su papiro era contenuto in astucci di forma diversa (per esempio una statuina di Osiride) con scomparti segreti e deposti nelle tombe. Le formule del libro dei morti servivano a far vivere la salma nella tomba, a non farla putrefare e a impedire che le tagliassero la testa. Altre formule servivano a non far lavorare l'anima nell'aldilà e a impedirle di incontrare serpenti e coccodrilli.
Una particolare formula del libro serviva a indurre il cuore a testimoniare a favore del suo padrone durante la psicostasia; questa formula, spesso, era anche incisa sullo "scarabeo del cuore", un amuleto che veniva posto sul cuore del defunto.
Altra formula importante era quella per la Ba che doveva tornare dal defunto: "Dio grande, fa che l'anima Ba possa venire a me da qualsiasi luogo si trovi. Che ella veda il suo corpo, che ella riposi sulla sua mummia. Che non perisca mai!". La massima aspirazione per l'antico Egizio era di tornare a vedere la luce dopo la morte.
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