lunedì 11 febbraio 2013

LA TENSIONE SUPERFICIALE



Chi voglia imparare a conoscere le proprietà dei liquidi e, più in generale, delle sostanze chimiche, prendendo come esempio l’acqua è probabile che incorra in più di un malinteso.
La tentazione è sicuramente forte: l’acqua è sicuramente la sostanza chimica virtualmente pura più abbondante con la quale abbiamo a che fare quotidianamente, è indispensabile alla vita e, cosa più importante di tutte per io nostro modo di pensare, delle sue caratteristiche e dei suoi comportamentene abbiamo un po’ tutti un’esperienza personale diretta.
Purtroppo l’acqua racchiude in sé stessa ben più di un’anomalia, ciascuna della quali contribuisce a far divergere sotto diversi aspetti le caratteristiche di questa sostanza, ad iniziare da quelle chimico-fisiche, da quelle dalla maggior parte dei liquidi e delle sostanze chimiche in genere, anche considerando nel loro insieme le decine di migliaia di specie chimiche ad oggi conosciute.     L’incrocio di queste anomalie, nel suo insieme, fa sì che la sostanza più abbondante e “conosciuta” del nostro pianeta sia in realtà, come direbbero gli anglosassoni un “bad friend” per chi voglia approcciare in modo induttivo la conoscenza delle sostanze liquide e delle loro proprietà.

LE ANOMALIE NEL DETTAGLIO


Densità dello stato solido rispetto allo stato liquido
Non si tratta certamente dell’unico caso conosciuto (la ghisa per esempio è un altro fra queste), ma sono veramente poche le sostanze chimiche che, come l’acqua, mostrano una densità(*) dello stato solido inferiore a quella dello stato liquido.    Per la precisione la temperatura alla quale l’acqua, in tutti i suoi stati fisici, presenta il massimo della densità, è a +4°C.
iceberg galleggianti sull'acquaDa qui si comprende la ragione per la quale il ghiaccio galleggi sull’acqua: una condizione fondamentale per le possibilità di vita nelle regioni artiche, in buona parte dipendenti dalla presenza di acqua liquida sotto la coltre di ghiacci, ma in generale per l’intero ecosistema del nostro pianeta.   La deposizione sul fondo dei mari degli strati di ghiaccio via via formantesi, infatti, porterebbe al rapido congelamento di una porzione consistente degli oceani, con un calo drammatico della disponibilità di acqua liquida sul nostro pianeta.
(*) N.B. per “densità” il chimico intende quello che “scorrettamente” viene inteso dai più come peso specifico.    Abbiamo voluto specificare questo giusto per non far confondere questa proprietà fisica con quella, completamente diversa, della viscosità.   Su questo argomento e sulle definizioni corrette di densità, peso specifico e viscosità vedasi l’intervento “come graduare i contenitori per misurare i volumi“.
Punto di fusione e di ebollizione insolitamente alti rispetto al peso molecolare
Considerando che la composizione atomica dell’acqua (1 atomo di ossigeno 2 atomi di idrogeno per ogni molecola) ci si aspetterebbe per essa un punto di ebollizione ben temperature di ebollizione di sostanze a pressione ambienteinferiore ai 100°C e, corrispondentemente, un punto di congelamento/fusione ben inferiore agli 0°C.
Il solfuro di idrogeno, omologo dell’acqua ma con un atomo di zolfo al posto dell’ossigeno, una molecola più “pesante” e quindi in teoria ancora più alto-fondente ed alto-bollente dell’acqua, ha infatti punto di fusione di -86°C e punto di ebollizione di -60°C.   E’ quindi un gas, come ragionevolmente dovrebbe essere ancor più l’acqua, se ci limitassimo a considerare “soltanto” i suoi atomi costituenti.
Notate infine il range molto ristretto (soli 26°C) all’interno del quale il solfuro di idrogeno esiste in forma liquida a pressione ambientale: veramente poco rispetto al range di “liquidità” di 100°C tipico dell’acqua.    Un range fortunosamente ampio… perché è all’interno di esso che l’acqua risulta disponibile supportare tutte le funzioni vitali degli organismi.
Calore di fusione e di vaporizzazione estremamente elevati
Immaginate di avere a disposizione due liquidi diversi, che presumibilmente avranno punti di ebollizione differenti, e di portare ciascuno dei due, per riscaldamento, in corrispondenza dell’inizio della loro ebollizione. Abbiamo quindi superato quel gap energetico che porta dalla temperatura ambiente al punto di ebollizione e quindi non abbiamo più da considerare questo fattore.    Per “mantenere” però l’ebollizione dell’acqua sarà richiesta una quantità di calore, o più in generale di energia, più elevata rispetto a quasi tutte le sostanze conosciute.   Questa quantità energia (termica) richiesta per far passare ogni singolo grammo di liquido allo stato fisico di vapore prende il nome di calore di vaporizzazione: ben 2250 J/g per l’acqua!    Una peculiarità questa che sta alla base delle dinamiche di trasferimento di calore e delle molecole stesse dell’acua all’interno dell’atomosfera terrestre.
rappresentazione calore latente di fusione ed ebollizione
rappresentazione calore latente di fusione ed ebollizione
A fare coppia con questa caratteristica vi è l’altrettanto spiccato valore del “calore di fusione”, 333 J/g per l’acqua, che descrive la quantità di energia necessaria per far fondere un singolo grammo di ghiaccio.   Anche questa caratteristica dell’acqua ha una straordinaria importanza sul piano climatico ed ecologico in quanto spiega il cosiddetto “effetto termostatico al punto di congelamento”: in pratica il congelamento stesso dell’acqua, o la sua fusione, nel lasso di tempo più o meno lungo all’interno del quale avvengono, sono in grado di opporsi con forza ad ulteriori variazioni di temperatura.  Una prova?  Provate a mettere un termometro in un bicchiere d’acqua con alcuni cubetti di ghiaccio ed esponete il tutto al sole o su di un termosifone caldo: finchè tutto il ghiaccio non si sarà sciolto (e potrebbero essere necessari parecchi minuti perché ciò avvenga) la temperatura all’interno del bicchiere continuerà ad attestarsi intorno agli 0°C corrispondenti alla temperatura di fusione del ghiaccio.   E lo stesso succederebbe se mettessimo un termometro in un bicchiere di acqua posta in un congelatore a -25°C: finchè tutta l’acqua nel bicchiere non si sarà congelata, la temperatura in esso sarà ferma a 0°C: solo in seguito a congelamento totale del contenuto del bicchiere, la temperatura in esso inizierà gradualmente ad abbassarsi.
Calore di fusione e calore di vaporizzazione nel loro insieme descrivono una tipologia di fenomeni fisici noti come calore latente associato ad una trasformazione termodinamica, e nello specifico ad una transizione di fase, anche detta passaggio di stato.
Tensione superficiale estremamente elevata
Più facile da osservare, e da intuire, che non da definire correttamente senza entrare troppo nei particolari termodinamici e fluidodinamici.   Si tratta di una proprietà relativa alla superficie di separazione (detta anche interfaccia) fra un fluido ed un’altra fase di natura differente, liquido,gas o solido che essa sia.    Possiamo in prima battuta dire che essa corrisponde al lavoro necessario per aumentare la superficie del liquido di una quantità unitaria.   Un liquido come l’acqua caratterizzato da un’elevata tensione superficiale oppone molta resistenza all’incremento della sua superficie di interfaccia, ad esempio con l’aria sovrastante.    Anche sotto sollecitazioni meccaniche, come ad esempio il tentativo di inserimento di un corpo che vi si poggia sopra (si pensi ad esempio ad un insetto, ma anche ad una graffetta metallica) l’acqua piuttosto che “stiracchiare” la sua superficie, estendendola rispetto alla condizione iniziale, tenderà a “piegare” questa superficie in funzione della pressione esercitata, opponendosi alla forza peso del corpo, sostenendo entro certi limiti lo stesso oggetto che grava su di essa.   Allo stesso modo l’elevatissima tensione superficiale dell’acqua, pari a 7.2E+9 N/m, fra le più alte tra i liquidi conosciuti, governa la formazione di gocce d’acqua, le loro dimensioni ed il fatto che queste possano “appoggiarsi” su molti tipi di superfici (ad esempio sulle foglie delle piante) senza venire subito “spalmate” in un velo sottilissimo.    Inutile dire che la stessa proprietà riveste un ruolo importante anche nella fisiologia cellulare.
esempi di conseguenze della tensione superficiale dell'acqua
Dal punto di vista termodinamico la tensione superficiale si calcola come la derivata della variazione dell’energia libera di Gibbs rispetto a quella dell’area della superficie d’interfaccia interessata, a pressione e temperatura costanti.
Calore specifico molto elevato
Immaginiamo di avere due pentole su due piastre identiche del nostro fornello e di avere dentro ciascuna la stessa quantità di un liquido (diverso per la due pentole) ed un termometro immerso in ciascuna di esse per misurare la temperatura.   In queste condizioni stiamo fornendo ai due liquidi la stessa quantità di calore.   Eppure, se i liquidi sono diversi fra loro, noteremo che in uno la temperatura interna si alzerà più velocemente, mentre in altro sarà richiesto un tempo maggiore per arrivare alla stessa temperatura. L’acqua è in assoluto fra i liquidi (ed anche fra i solidi) che impiegherebbe più tempo per riscaldarsi, o meglio che chiederebbe una maggiore quantità di calore per innalzare di un singolo grado °C la sua temperatura, ovvero ancora, come direbbero i fisici, che ha maggiore “calore specificio”.
Il calore specifico di una sostanza si definisce come la quantità di calore necessaria per innalzare di 1°C la temperatura di un grammo della sostanza stessa, e si misura in J/g.K (dove J indica l’energia derivante dal calore e K è un grado Kelvin, ma può comodamente essere sostituito da un comune grado Celsius).
convezione di acqua in pentola riscaldata dalla baseL’acqua ha calore specifico pari a 4.18 J/g.K, eccezionalmente elevato.
Questo porta con sé conseguenze di vitale importanza per l’esistenza stessa del nostro pianeta così come lo conosciamo oggi e per la vita su di esso:
- sta alla base della tendenza da parte dell’acqua di opporsi, mitigandole, alle brusche variazioni di temperatura sotto l’azione di fattori esterni, con conseguenze di preservazione delle caratteristiche degli habitat viventi così come della temperatura all’interno del nostro corpo;
- favorisce il trasferimento di calore tramite lo spostamento stesso di grandi masse di acqua, ovvero con modalità convettiva, con conseguenze di assoluta rilevanza dal piano climatologico alla cottura della pasta.
Ottime capacità solventi
L’acqua rappresenta il solvente ideale per solubilizzare una straordinaria quantità di sostanze chimiche, solide, liquide e gassose: dalle molecole polari come ad esempio i carboidrati, le amine, gli acidi, gli alcaloidi, fino alle specie ioniche come ad esempio i sali inorganici come ad esempio il cloruro di sodio.
ione sodio solvatato in acquaIn acqua si sciolgono quindi sia le specie chimiche in grado di dissociarsi in essa in ioni, comportandosi cioè da elettroliti, che le specie molecolari, indissociabili: in entrambi i casi il fattore chiave che permette al soluto di restare in soluzione sono i legami idrogeno che permettono l’isolamento, molecola per molecola o ione per ione, della specie chimica che resta circondata tutto intorno, ovvero “solvatata”, dal solvente acquoso.
Seppur con una certa approssimazione possiamo infatti dire, almeno nell’ambito della chimica organica, che le molecole che mostrano la minore solubilità in acqua sono quelle incapaci di formare legami idrogeno extramolecolari, in primis quelle che scarseggiano nel loro insieme di legami fortemente polarizzati. Si tratta in altre parole delle sostanze cosiddette “apolari”.
Capacità reattive straordinarie, dirette e indirette
Nonostante le apparenze, dettate in primo luogo dalla sua onnipresenza nella nostra esistenza, tanto da ispirarci sensazioni empatiche di quiete e tranquillità, l’acqua è reattività e trasformazione, stando di fatto alla base di una quantità di reazioni chimiche probabilmente ineguagliabile.
Il suo ruolo nell’ambito della reattività chimica può ricondursi a 3 differenti effetti:
- mantenimento delle molecole in soluzione (di gas, liquidi e solidi, particolarmente di quelli con proprietà polari);
- separazione e solvatazione degli elettroliti (es. sali inorganici, acidi, basi, ecc) in specie ioniche;
- reattività diretta nell’ambito di reazioni chimiche dove l’acqua stessa entra come reagente.
In tutti e tre i casi le reazioni supportate possono essere di tipo ossido-riduttivo oppure acido-base.
compresse effervescenti in acqua
compresse di aspirina + bicarbonato: la reazione è possibile solo in presenza di acqua
E’ così che la presenza di acqua sta alla base dell’ossidazione delle superfici metalliche (ad es. con la formazione di ruggine), così come dell’idrolisi di esteri o eteri complessi di origine biologica (come i polisaccaridi ed i trigliceridi) fino all’indurimento della calce con passaggio del calcio dalla forma idrossido alla forma carbonato.     In molti casi la reazione potrebbe potenzialmente avvenire anche in assenza di acqua (es. per far indurire la calce spenta, idrossido di calcio, basterebbe la sola anidride cabonica: l’acqua non rientra nell’equazione chimica!) ma i tempi potrebbero risultare incredibilmente lunghi a causa della nota reattività molto limitata delle sostanze allo stato solido, sia per ragioni dipendenti dalla ridotta superficie esposta e suscettibile al coinvolgimento reattivo, sia per via della limitata mobilità molecolare o ionica, che riduce drasticamente la possibilità di urti efficaci fra i reagenti coinvolti.
Non possiamo infine dimenticare, come ampiamente descritto nell’apposito capitolo che seguirà, che il ruolo dell’acqua risulta fondamentale in praticamente tutte le reazioni biochimiche che avvengono negli esseri viventi.
esempi di liquidi a differente viscositàBassa viscosità
La viscosità dell’acqua è probabilmente inferiore a quella maggior parte dei liquidi ma questo non sarebbe di per sé un fatto sensazionale, sia perché ci sono effettivamente molti liquidi meno viscosi dell’acqua, sia perché il suo effettivo coefficiente di viscosità (pari a 0.8905E-3 Pa*s) non è in assoluto così ridotto da giustificare l’assegnazione di un ulteriore “record” a questa piccola molecola.
Il fatto straordinario è invece che l’acqua mostri un coefficiente di viscosità così basso “nonostante” la sua spiccata caratteristica di formare reti di legami idrogeno, che stanno alla base di buona parte delle altre proprietà descritte finora.   E’ infatti caratteristica comune per le sostanze dove abbondano i legami idrogeno intermolecolari, anche una certa viscosità, che talvolta diventa estremamente consistente come nel caso della glicerina, dei glicoli e della formamide: in pratica i legami idrogeno frenano in un certo senso i movimenti reciproci di una molecola rispetto all’altra, e si frappongono al libero scorrimento della massa del liquido, come in una sorta di attrito interno.
I legami idrogeno dell’acqua, per quanto fitti e forti, risultano facilmente ovviabili; le singole molecole possono mutare facilmente e velocemente la loro connettività, riorganizzandosi in modo differente e consentendo alla massa di liquido di scorrere velocemente, riequilibrando in un brevissimo istante eventuali differenze di pressione…  giusto per tornare agli esempi su scala planetaria: proprio come nel caso delle maree.
Costante dielettrica estremamente elevata
dipolo dell'acquaSi tratta probabilmente di una delle proprietà più complesse da spiegare in poche semplici parole, senza qualche conoscenza pregressa di fisica e di chimica.   Possiamo dire che la costante dielettrica, detta anche permittività elettrica, misura la predisposizione di un materiale a trasmettere il campo elettrico al quale è sottoposto, magari come conseguenza dell’azione di una differenza di potenziale elettrico imposta dall’esterno come nel caso di un
orientamento molecole dipolari in campo elettrico
orientamento molecole dipolari in campo elettrico
processo elettrochimico (pila o elettrolisi), dell’applicazione di una radiazione elettromagnetica (es. microonde) o, molto più semplicemente, in seguito al contatto con esso di una specie chimica di natura ionica, in grado di rilasciare nel materiale delle particelle cariche elettricamente, gli anioni ed i cationi appunto.
L’entità della costante dielettrica è proporzionale alla capacità del materiale di polarizzarsi sotto l’effetto di questo campo elettrico, comunque esso sia stato generato, riducendo “di conseguenza” l’intensità del campo stesso all’interno del materiale.
Oltre che stare a monte, e scusate se è poco, della straordinaria tendenza dell’acqua a formare legami idrogeno multipli, l’esistenza di una costante dielettrica e pure estremamente spiccata nella sua entità sta alla base della proprietà dell’acqua di mantenere in soluzione specie ioniche, separate le une rispetto alle altre ed accuratamente circondate da molecole di acqua opportunamente orientate onde minimizzare il campo elettrico generato dalla carica stessa degli ioni.
Possibilità di organizzazione supramolecolare
Per questa straordinaria e per certi versi inaspettata proprietà, che mette in qualche modo in cantine l’immagine tradizionale dell’acqua come molecolina isolata e indipendente fatta da un atomo di ossigeno legato a due atomi di idrogeno, si rimanda all’ultima parte di questo articolo.
…alla base della anomalie
struttura molecola acquaGran parte delle anomalie appena descritte possono essere fatte risalire a due caratteristiche ancora più basilari dell’acqua, e precisamente ad una elevata differenza di elettronegatività dei suoi elementi costituitivi, pure legati da un legame covalente, con conseguente polarizzazione del legame O-H ad al fatto che i due atomi di idrogeno creino rispetto all’ossigeno al quale sono legati un angolo che è diverso da 180°: queste due caratteristiche insieme fanno sì che l’acqua mostri le caratteristiche di un dipolo elettrico, ovvero si caratterizzi come molecola dipolare.
legami idrogeno di una singola molecola di acqua
Conseguenza di questo è in primo luogo la permanenza di cariche elettriche parziali positive sugli atomi di idrogeno e negative su quelli di ossigeno, che sta alla base delle interazioni elettrostatiche fra gli atomi di idrogeno di una molecola e quelli di ossigeno di un’altra, con la formazione di quelli che vengono appunto definiti legami idrogeno.   Da quanto descritto finora si intuiranno anche le ragioni per le quali non sono favoriti i legami idrogeno multipli fra sole due molecole di acqua, bensì ogni singola molecola si troverà ad interagire solitamente con più di due molecole distinte.
La reticolazione dei legami idrogeno in un sistema tridimensionale complesso, variabile ed in una certa misura “strutturato” nello spazio e nel tempo, fino alla formazione di cluster o clatrati di molecole, deriva inoltre dalla tendenza dell’atomo di ossigeno a formare non solo uno, bensì eventualmente anche due diversi legami idrogeno verso altrettanti atomi elettropositivi appartenenti a distinte molecole di acqua, con la conseguenza che ogni molecola risulta legata ad un numero di fino a 4 altre molecole simili nel caso della formazione del solido cristallino (ghiaccio, con struttura cristallina esagonale) e mediamente a 4.7 molecole simili nel caso dell’acqua liquida, in seguito alla formazione transitoria di “domini” fluttuanti, come avremo modo di vedere più avanti.    Il numero di legami idrogeno con i quali l’acqua risulta “di fatto” impegnata sta alla base della possibilità di indagare per mezzo di tecniche di analisi spettroscopica le “tipologie” di acqua presenti in un campione di un materiale complesso: potremo così individuare ed entro certi limiti quantificare la presenza di acqua a diversi stati di interazione reciproca e con il substrato (es. carboidrati, sali, macromolecle varie), aprendo la strada all’indagine differenziale fra la cosiddetta “acqua legata” rispetto all’acqua totale presente nel nostro materiale.
Nel video che segue, soprattutto nella sua seconda parte, è stata creata una simulazione che mostra la temporaneità e la continua riorganizzazione del sistema di legami idrogeno all’interno dell’acqua liquida, con la possibilità della variazione del loro numero e della loro direzionalità verso molecole diverse:
In ultima analisi, come si vedrà, alcune proprietà dell’acqua, specie nei riguardi dell’interazione con macromolecole, derivano dalle dimensioni veramente ridotte della molecola, con soli 0.9584 Å di distanza internucleare fra l’ossigeno e l’idrogeno della stessa molecola.
Provate a prendere la tavola periodica e ad inventare un’altra molecola con queste poche caratteristiche costitutive: inizierete così a comprendere che le proprietà così peculiari (fisiche, chimiche e biologiche) delle quali gode l’acqua non sono il frutto di un caso o peggio ancora di un’anomalia fortuita degli eventi, ma una conseguenza logica della sua struttura.   Così disarmantemente semplice nel suo minimo comune denominatore costituitivo, così incredibilmente complessa nella sua capacità di creare strutture ed interazioni anche ai livelli più complessi di organizzazione della materia.

L’ACQUA E LA VITA

L’acqua è a tutti gli effetti indispensabile alla vita, così come la intendiamo noi, almeno sul nostro pianeta.  Animale, vegetale, fungina e batterica, e se vogliamo esagerare anche per la replicazione virale.   Più indispensabile dell’ossigeno se consideriamo che esistono microrganismi anaerobi obbligati, sicuramente più indispensabili delle singole specie chimiche attraverso le quali i diversi esseri viventi sono in grado di ricavare catabolicamente vita nel marel’energia richiesta per il mantenimento delle loro funzioni vitali.
Domandarsi se la vita si sia sviluppata sul nostro pianeta grazie al fatto che fosse disponibile acqua libera (ammettendo quindi implicitamente che l’acqua sia necessaria ad ogni potenziale forma di vita) oppure se la vita si è sviluppata sul nostro pianeta in un certo qual modo (piuttosto che in altri attualmente neppure immaginabili) proprio perché l’acqua costituiva una delle molecole solvatanti in assoluto più abbondanti, è un po’ come domandarsi se è nato prima l’uovo o la gallina.
A livello del tutto teorico non dovrebbe essere impossibile immaginare la possibilità di sistemi xeno-biologici che utilizzino solventi diversi in alternativa all’acqua, ad esempio sempre lavorando in condizioni di temperatura e pressioni analoghe alle nostre ambientali un alcol a corta catena come il metanolo, o anche sostanze che solitamente siamo abituati a considerare in forma aeriforme come l’idrogeno solforato e l’ammoniaca.   A ben guardare interi comparti biologici in ambito cellulare sono basati su soluzioni anidre, ad esempio a base “oleosa” sia essa composta da alchil esteri del glicerolo (in pratica i cosiddetti grassi di natura gliceridica), sia nel caso degli oli essenziali a base terpenica (basati invece su idrocarburi più o meno insaturi, ramificati ed eventualmente funzionalizzati).
Pur essendo difficile concepire attività di tipo enzimatico all’interno di questi ambienti, moltissimi  organismi viventi di un po’ tutti i regni sono perfettamente in grado di produrre ed accumulare sostanze che vanno a creare micro-ambienti isolati di questo tipo e di gestire reazioni biochimiche all’interfaccia di essi.   Per di più, sono noti numerosi complessi di reazioni, alcuni dei quali costituiscono veri e propri “cicli” (da quelli di ossidazione
enzima nella sua conformazione più stabile in acqua
enzima nella sua conformazione più stabile in acqua
radicalica degli acidi grassi insaturi al complesso delle reazioni di Maillard) che, seppur non possano essere considerati come facenti parte della biochimica di uno specifico organismo essendo esse di tipo essenzialmente extra-biotico, rappresentano nel loro insieme un esempio di come potrebbe essere per lo meno immaginabile un’attività reattiva complessa, strutturata e coerente anche all’interno di ambienti virtualmente privi di acqua.
Ma ovviamente, come ricordato in premessa, questa situazione esclude la funzionalità di due delle classi di molecole, entrambe in buona misura idrofile, ritenute fondamentali per le funzionalità vitali almeno così come le intendiamo sul nostro pianeta: gli acidi nucleici e gli enzimi.
Domandarsi poi effettivamente perché l’acqua risulti così indispensabile per la vita rischia talvolta di portarci un po’ fuori strada.   In realtà sono poche le caratteristiche dell’acqua a renderla veramente indispensabile ed insostituibile.
Innanzitutto stiamo parlando di una molecola che, presa singolarmente, ha dimensioni davvero minimali.   Tavola periodica degli elementi alla mano, non sono molte le molecole (o gli elementi allo stato elementare) stabili nelle condizioni terrestri, ad avere dimensioni spaziali inferiori a quelle dell’acqua.   L’acqua riesce pertanto ad inserirsi e ad entrare con facilità negli interstizi di macromolecole, quelle per intenderci che possono presentarsi in forma raggomitolata, senza fermarsi alla loro superficie.
A differenza di molte altre piccole molecole, inoltre, l’acqua è in grado di stabilire interazioni dirette e specifiche con determinate parti di queste molecole tramite la formazione di legami idrogeno, sia in direzione acqua-parte della molecola, sia in direzione acqua-acqua.
Queste due caratteristiche insieme fanno sì che, almeno su determinate classi chimiche di molecole grandi e piccine (le cosiddette molecole “idrofile”) l’acqua sia in grado di portarle ad esprimere il massimo delle loro potenzialità e peculiarità specifiche.
sagoma gonfiabileTento ora una metafora azzardata per farvi capire cosa intendo.   Immaginate quelle grosse sagome gonfiabili, alte diversi metri, che vengono spesso utilizzate come richiami nelle fiere, negli spettacoli e nei luna-park.   Quando sono sgonfie non sono molto diverse fra loro ed assomigliano un po’ tutte ad un accumulo pesante ed informe di gomma appoggiato a terra, eventualmente colorato in modo diverso.   Solo facendo arrivare aria al loro interno, queste strutture si alzano, si esapandono, le loro parti di distanziano e di collocano ciascuna in una posizione specifica: ecco comparire un braccio, ecco aprirsi una bocca; i disegni diventano visibili ed interpretabili: ora riconosciamo che si tratta di un uomo, oppure di un drago, o magari di una piovra con otto tentacoli.  Le diverse parti che costituivano già la struttura del gonfiabile, sono ora effettivamente in grado di interagire con l’osservatore, esercitando una loro funzionalità: quella di descrivere la natura e quindi le proprietà del soggetto.   Tutto questo è reso possibile dall’ingresso dell’aria.   In realtà nel caso del gonfiabile qualsiasi fluido sarebbe andato bene: anche un gas diverso, purchè di peso non esageratamente diverso da quello dell’aria circostante.   Fossimo entrati con un fluido molto più leggero o molto più pesante avremmo iniziato ad avere dei problemi: con un fluido troppo pesante le braccia sarebbero state molto appesantite e non si sarebbero sollevate rispetto al corpo, e presumibilmente anche l’espressione del viso sarebbe risultata un po’ “tirata verso il basso”.   Avessimo poi tentato di riempire il gonfiabile con della ghiaia questa probabilmente non sarebbe neanche riuscita a salire in tutta la struttura, e si sarebbe fermata fuori da diverse piccole cavità.
Nel caso delle molecole biologiche in confine fra “dentro” e “fuori” della molecola è inoltre estremamente labile, spesso inesistente, proprio perché la maggior parte della molecole più che come un guanto (in funzione dell’affinità o della repulsione con le molecole dell’ambiente nel quale viene posta) sarebbero più ragionevolmente da intendersi come una sagoma articolata e snodabile, che può assumere svariate conformazioni in funzione delle interazione con l’ambiente circostante o, sempre per attenersi alle metafore, come un ombrello che può rovesciarsi in un senso o nell’altro controvento.
danaturazione e renaturazione di proteineUn approfondimento sull’influenza esercitata dalla solvatazione sugli stati conformazionali delle macromolecole, fino al loro collassamento e denaturazione è reperibile all’articolo “quando la materia si organizza in modo più complesso: l’evoluzione del concetto di sostanza“.
Quindi è vero che il caso dell’acqua presenta numerose anomalie rispetto agli altri liquidi e, se consideriamo anche gli altri suoi stati fisici (liquido e vapore) anche rispetto alle altre sostanze chimiche in generale, ma è altrettanto vere che una buona parte di esse è di tipo “derivato” (ovvero condivide una causa comune con altre caratteristiche), mentre altre fanno risentire il loro effetto in altri campi applicativi ma ben difficilmente nell’ambito delle dinamiche biologico-molecolare che stanno alla base della vita.

…E FORSE NON E’ NEPPURE H2O

Il titolo è sen’altro una provocazione, ma essa nasconde una consistente verità.   Anzi, più di una.
Nei corsi di chimica più elementari si tratta di specie ioniche derivanti dalla dissociazione (autoprotolisi) della molecola dell’acqua, e precisamente H+ ed OH-.
formazione idrogenione per autoprotolisi dell'acqua
Gli insegnanti più accorti tuttavia si affrettano a specificare che di fatto H+ sarebbe un protone libero, in quanto l’atomo di idrogeno nel suo isotopo più diffuso sulla Terra, detto anche prozio, non ha neanche un neutrone e, perso l’elettrone per giustificare la carica positiva si troverebbe solo il protone, una particella elementare libera, in grado di andarsene a spasso da sola nella soluzione liquida in un bicchiere…  e già questo non suona molto bene.
Si inizia allora ad introdurre un’equazione un po’ più complessa, che arriva sempre ad una specie di tipo cationico (avente una carica positiva) ed una di tipo anionico (con una carica negativa) ma che non comporti la formazione di “protoni liberi”:
formazione ione idronio
ione idronioOltre all’anione ossidrile o ossidrilione, viene qui prevista la formazione del cosiddetto ione idronio H3O+.    Le specie cationiche derivanti dalla protonazione dell’acqua si formano in misura considerevole, come si sul dire “stechiometrica” quando nell’acqua è introdotto un acido forte, mentre l’ossidrilione, anionico, si forma nello stesso modo per aggiunta di basi, come ad esempio l’ammoniaca.    Ma chi volesse accrescere ulteriormente l’effetto apportato dalla descrizione dello ione idronio, potrebbe iniziare a ragione ad introdurre ulteriori casi, nei quali partecipano all’autoprotolisi diverse molecole di acqua, ma sempre con il risultato di produrre un solo catione ed un solo anione, entrambe monovalenti, ad es.
formazione catione diossido di pentaidrogeno
E che specie chimica sarà mai H5O2+ ?
Fino allo ione idronio H3O+ riuscivamo ancora ad immaginarne la struttura, descritta come una sorta di piramide simile a quella riportata nella figura qui a lato.
D’altronde a strutture protonate del genere avevamo iniziato a fare l’abitudine dal momento che il caso dello ione ammonio NH4+ che rappresenta la forma con la quale l’ammoniaca NH3 si trova più abbondante nelle soluzioni acquose e che compare nei suoi sali ionici.
Ma lo ione diossido di penta idrogeno, se non addirittura strutture ancora più complesse, tutte rispondenti alla formula generica H(2n+1)On+, che conformazione e più di tutto “che significato” possono effettivamente avere?
E’ come se diverse molecole di acqua si fossero unite insieme per formare una molecola unica più grande, con un protone in eccesso che attribuisce ad essa le caratteristiche di un catione: o forse che queste strutture sono già presenti nell’acqua, al di là dell’eventuale autoprotolisi che le mette infine in luce come specie cariche?
cluster a base tetraedrica per 14 molecole acqua
possibile cluster a base tetraedrica composto da 14 molecole di acqua
Ci viene in questo modo il sospetto che quella alla quale siamo abituati, H2O, sia qualcosa di molto simile ad una “formula minima”, ovvero una modalità di rappresentare la sostanza che non solo non ne evidenzi la struttura dei legami (al pari della formula bruta) ma che non specifichi neanche la numerosità esatta degli atomi costituenti all’interno della molecola di cui la sostanza si compone.  In pratica in una formula minima sono solo indicati i rapporti relativi minimi fra i coefficienti stechiometrici degli elementi che compongono la molecola.   Una migliore descrizione del significato di formule minime, brute e delle varie rappresentazioni delle strutture molecolari è reperibile all’articolo “perchè si usano le formule chimiche? (e come interpretarle)“.
Di fatto si è notato che la velocità di spostamento di quello che virtualmente sarebbe indicabile come semplice H+ è di fatto di gran lunga superiore a quello che ci si potrebbe aspettare sulla base della conoscenza dei meccanismi che governano la migrazione degli ioni in un mezzo liquido.   Lo spostamento dello ione Na+ all’interno di una soluzione acquosa diluita di sodio cloruro, magari sotto l’azione di un campo elettrico che lo attira verso il catodo con carica negativa, è fortemente contrastato da una serie di fattori che potremmo intuitivamente intendere come “attriti” nei confronti delle molecole di acqua circostanti e della necessità di queste molecole di acqua di riorganizzarsi per lasciare passare questo catione.   E’ vero che l’ipotetico H+ (che come abbiamo visto non risulta fra l’altro presente in modo autonomo) sarebbe di dimensioni certamente più piccole di Na+, ma questo non giustificherebbe comunque la sua elevatissima capacità di diffusione.    Quello che accade, in realtà, sembra molto più simile all’effetto di quel dispositivo da tavolo costituito da diverse palline di acciaio tenute in sospeso ed allineate l’una a contatto di quella successiva attraverso sottili fili di nylon: staccando di qualche centimetro una pallina con le dita e lasciandola quindi cadere a contatto con le altre allineate, tutto sembra rimanere fermo, tranne l’ultima pallina dalla parte opposta, che si solleva (virtualmente) con la stessa forza e quindi della stessa altezza corrispondente all’impatto ricevuto.
Ecco: la pallina iniziale e finale è la carica elettrica del catione, mentre il gruppo centrale, che appare fermo e che si limita a trasmettere la carica è il clatrato di acqua.
Ma come possiamo intendere queste forme aggregative complesse fra le molecole di acqua che caratterizzano il suo stato liquido?
Nell’acqua allo stato solido, ovvero nel ghiaccio, nessuno si stupirà nel verificare l’esistenza di un reticolo cristallino stabile, per la precisione di tipo esagonale, motivato dal numero e dalla direzionalità dei legami idrogeno intermolecolari ottimizzati .   Esistono altre forme cristalline per il ghiaccio, ma esse si formano con maggiore difficoltà nelle condizioni operative alle quali siamo abituati a partire dall’acqua liquida comportando per esempio una riorganizzazione delle molecole troppo differente da quella che caratterizza lo stato libero dell’acqua, al quale il ghiaccio “Ih” (quello al quale siamo comunemente abituati) assomiglia in modo particolare.  Queste forme cristalline alternative del ghiaccio sono circa 11 fra loro differenti ma, ad eccezione di quella esagonale “Ih”, le altre si formano solo in condizioni di pressione estremamente elevate.
Nella figura qui sopra i legami covalenti fra gli atomi di idrogeno e di ossigeno di quella che formalmente può essere formalmente considerata come una singola molecola di acqua sono rappresentati in nero, mentre tutti i legami idrogeno, fra una molecola e l’altra, sono rappresentati in colore bianco.    Per una trattazione specifica sul fenomeno della cristallizzazione, comprensiva di video con una simulazione sulla formazione del reticolo cristallino esagonale a partire dall’acqua liquida, si rimanda al precedente articolo “vetri e cristalli: agli antipodi del solido“.
Da questa rappresentazione possiamo già trarre due importanti considerazioni: in primo luogo la “rarefazione” fra le molecole di acqua, poste a distanze regolari ed ottimizzate energeticamente nel reticolo cristallino del ghiaccio, a giustificazione della densità relativamente più bassa di questo materiale rispetto alla stessa sostanza allo stato liquido, dove le singole molecole sono lasciate libere di avvicinarsi maggiormente l’una all’altra.    In secondo luogo, come mostra l’animazione, i legami covalenti ed idrogeno non sono da intendere con un ruolo fisso: seppur comportino lunghezze di legame diverse (vedasi immagini precedenti) essi infatti possono essere intesi come fluttuanti, o a rotazione, o in risonanza… formalmente è come se lo stesso atomo di idrogeno potesse passare da una molecola ad un’altra, pur restando fisicamente all’incirca nella stessa posizione nello spazio.
Nello stesso modo anche nell’acqua allo stato liquido la formazione e la rottura continua di legami idrogeno sta alla base della formazione di aggregati “fluttuanti”, detti anche dominii, aventi una struttura simile a quella chesub-strutture dei cluster icosaedrici di acquaabbiamo visto per il reticolo cristallino del ghiaccio, seppur molto più limitata nella sua estensione e meno duratura nel tempo.    Possiamo così scoprire anche nell’acqua liquida la formazione di clusters composti da un gran numero di molecole d’acqua: nei più semplici di essi possiamo intravedere una struttura di tipo tetraedrico, non molto dissimile da quella dello scheletro carbonioso dell’adamantano che sta alla base dell’edificio cristallino del diamante.  Dal punto di vista formale ogni molecola di acqua è ora circondata mediamente da 4,7 altre molecole dello stesso tipo.  Lo schema di crescita è quello che comporta il passaggio dalla singola molecola di acqua ad un cluster composto da 5 molecole (quella centrale + 4 molecole legate a questa con legami idrogeno), quindi a quello formato da 14 molecole (come il cluster rappresentato in figura), seguendo sempre il criterio secondo i quale ogni atomo di ossigeno può legare 2 atomi di idrogeno di un’altra molecola ed ogni idrogeno può legare allo stesso modo un ossigeno.
Per ragioni di stabilità energetica questi cluster, specie i più complessi, assumono solitamente conformazioni riconducibili alla struttura geometrica dell’icosaedro: un solido a 20 facce triangolari.
E’ così che l’unione di 20 unità tetraedriche costituite da loro volta da 14 molecole possono formare un cluster icosaedrico costituito da ben 280 molecole di acqua, anche se secondo taluni ricercatori sarebbe comunque possibile la formazione di cluster ancora a base icosaedrica di dimensioni ancora più grandi.   La relativa “flessibilità”  dei legami idrogeno coinvolti porta come conseguenza la possibilità di eventuali modifiche conformazionali su questi cluster intermolecolari sotto l’effetto di influenze esterne, con il risultato di un relativo collassamento/espansione al quale sono soggette queste strutture complesse.
cluster icosaedrici formati da 280 molecole di acqua - conformazione espansi e collassata
cluster icosaedrici formati da 280 molecole di acqua
La formazione di stati organizzativi complessi che coinvolgono un gran numero di molecole di acqua è stato osservato certamente quando nell’acqua è introdotto un soluto, polare ma non ionico, o meglio ancora una specie ionica dissociabile, con la formazione di clatrati che coinvolgono anche diverse centinaia di molecole di acqua, tutte opportunamente orientate con i loro dipoli, nella formazione di una sorta  guscio strutturato intorno allo ione in soluzione.   Si ritiene tuttavia che questi clusters costituiscano anche la norma organizzativa dell’acqua liquida allo stato puro e che l’ampiezza e la conformazione di queste strutture possa variare sotto l’effetto di trattamenti fisici, come ad esempio riscaldamento o trattamenti meccanici come reiterati cicli di microfiltrazione.
La durata di permanenza “individuale” di questi stati aggregativi complessi dell’acqua è attualmente un argomento di dibattito molto sentito in seno alla comunità scientifica: a seconda delle evidenze sperimentali registrate, e quindi delle relative teorie sviluppate, questo tempo potrebbe assestarsi su un ordine di grandezza di 50 fs (femto-secondi), 0.1 ns (nanosecondi) o decisamente molto più lungo.   L’ipotesi più accreditata è quella secondo la quale esistano livelli organizzativi diversi, che seguono nel loro rilassamento tempistiche differenti anche per interi ordini di grandezza.
L’interesse per l’argomento tende ad assumere facilmente caratteristiche speculative, affascinanti nelle loro potenziali implicazioni ma altrettanto “sdrucciolevoli” nel rischio della perdita del dovuto rigore di indagine, quando si tenta di individuare in queste strutture, nella loro esistenza, complessità e variabilità anche sotto l’influenza di fattori chimici e fisici esterni, una ragione di quella che molte frange para-scientifiche affermano da moli anni essere una sorta di “memoria dell’acqua”, oltre a gettare le basi di un possibile approccio interpretativo, ancora tutto da percorrere nel futuro, per provare ad interpretare in chiave scientifica alcune presunte evidenze bio-funzionali dell’acqua, in primo luogo quelle che vengono comunemente sfruttate della pratica dell’omeopatia.WWW.CHIMICARE.ORG

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