venerdì 1 febbraio 2013

IL MONTE OLIMPO


L'Olimpo (in greco Ὄλυμπος) è, con i suoi 2.917 m, la montagna più alta della Grecia. Per tal motivo divenne, nell'immaginario popolare, la sede degli dei nella mitologia greca.
È situato nella parte settentrionale del paese, tra la Tessaglia e la Macedonia, non lontano dal Mare Egeo. Nel 1938 è diventato sede del Parco Nazionale del Monte Olimpo.
Nel mito greco, viene raccontato che sulla sua vetta, perennemente circondata da bianche nubi, c'erano le abitazioni degli dei (detti olimpi) costruite da Efesto; esse avevano la forma di grandi templi, molto belli.
Per i comuni esseri umani era impossibile giungere senza permesso alla dimora degli dei, poiché le bianche nubi che circondavano l'olimpo facevano si da rendere impossibile giungere sulla sua cima, chi tentava perdeva l'orientamento e si perdeva senza poter più trovare la via.
A capo della numerosa famiglia divina c'era Zeus. Le altre divinità erano Era sua moglie, Poseidone suo fratello ed Estia sua sorella, Ares,ErmesEfestoAfroditeAtena, i gemelli Apollo e ArtemideDemetra e Dioniso.
Ade non abita sull'Olimpo, ma nei suoi inferi, pur facendo parte della schiera delle divinità più importanti. Demetra poi deciderà di vivere per sei mesi nell'Ade vicino alla figlia Persefone. Neanche Efesto abita sempre sull'Olimpo, ma per buona parte del tempo preferisce stare nella sua dimora situata dentro Vulcano, la sua officina. Apollo e Dioniso abitano sull'Olimpo, ma trascorrono spesso lunghi periodi sulla Terra.
Secondo la mitologia spesso gli dei davano dei banchetti che erano allietati dalle bellissime Muse e dai festeggiamenti con nettare e ambrosia, ed erano feste lunghissime, addirittura alcune duravano anni interi.La voce Όλυμπος olympos non ha etimo certo.
È stata accostata a termini greci come ollumi (tagliare, radere, distruggere), oloos (distruttore), oulē (intaglio), mentre il suffisso -mpos, è attestato in diversi linguaggi indoeuropei nella formazione degli aggettivi con significato di posizione.
Queste tesi tenderebbero a concepire la parola olympos come "impedimento", "ostacolo", "barriera", e infatti dagli antichi l'Olimpo era considerato una frontiera che separava la Tessaglia dalla Macedonia.
Un'altra etimologia si avvale di parole più prettamente indoeuropee come le radici *wel- ("girare") e *ombh- ("rotondità", ma anche "sommità"). Il senso quindi potrebbe essere "dalla cima circondata", intendendo però cosa?
Più probabile che sia "dalle nuvole", che ne nascondevano spesso la cima, nonché nascondevano agli occhi degli uomini le dimore divine. Secondo altri, invece, "cima circondata dalla neve", e da qui il concetto di "Olimpo luminoso", per il consueto bagliore delle nevi inondate dal sole.

Perché l'Olimpo? [modifica]

Olympos 3D
Una tesi sul perché l'Olimpo sia stato considerato sede degli dèi della Grecia la si trova nel Trattato fisico-storico dell'Aurora Boreale, un ponderoso lavoro del geometra francese Jean Jacques Dortous de Mairan, discepolo "eretico" del padre Malebranche nonché successore di Bernard le Bovier de Fontenelle come segretario dell'Accademia delle Scienze di Parigi.
Nel 1716, per oltre un decennio, nei cieli europei fu ben visibile il fenomeno dell'aurora boreale. A esso Fontenelle riservò per cinque anni consecutivi l'apertura dell'Annuario dell'Accademia parigina delle Scienze, sottolineando tra l'altro come il fenomeno potesse chiarire anche una serie di credenze popolari:
« Quei combattimenti che alcune storie riportano esser stati visti in cielo, quei soldati, quei carri, quelle lance infocate potrebbero benissimo non essere che questo tipo di fenomeni raccontati a partire da testimonianze popolari o abbelliti dagli storici. »
Ancora nel 1726 Fontenelle e l’Histoire de l'académie royale des sciences tornarono ad occuparsi del fenomeno in questi termini:
« La luce settentrionale che era stata così rara, almeno per noi, in tutto il secolo precedente, e nel cominciamento di questo, non è mancata di apparire tutti gli anni a partire dal 1716 e sia perché essa diventava comune, senza alcun mutamento considerevole, sia perché pareva indebolirsi, l'Accademia non ne ha quasi più parlato nei suoi ultimi volumi. Ma questo fenomeno, di cui si attendeva l'intera cessazione, è riapparso quest'anno con più splendore, forza e durata come mai prima d'ora, e con alcune circostanze del tutto nuove: è stato il più bello spettacolo che il Teatro del Cielo ci abbia mai donato e, se non fosse stato preparato da dieci anni a questa parte con scene meno brillanti, la sorpresa dei fisici e il terrore del popolo avrebbero raggiunto il culmine »
« Il sig. De Mairan e il sig. Godin hanno fornito ciascuno una descrizione esatta di questa magnifica rappresentazione della notte dal 19 al 20 ottobre. Un grande arco, o piuttosto un grande segmento di cerchio oscuro, attraverso il quale tuttavia si vedevano talora le stelle, posato sull'orizzonte dal lato nord, era la base, e come il deposito della luce, da cui nasceva una zona concentrica luminosa e da cui si slanciavano delle colonne verticali, della chiarità ordinaria in questo fenomeno. Ma in più esse si slanciavano da quasi tutta la circonferenza dell'orizzonte, anche dalla zona quasi in prossimità del mezzogiorno, con un'estensione che esse non hanno l'abitudine di occupare e, ciò che è anche più singolare, tali colonne si elevavano vicinissime allo Zenith, pur senza raggiungerlo, e tutte lasciavano uno spazio circolare vuoto verso lo Zenith in cui non penetravano, di modo che, succedendosi rapidamente le une alle altre, facevano un effetto pressoché continuo e sembrava che tutto il cielo fosse una volta sostenuta o formata da archi circolari luminosi che tendevano tutti al centro, ma per fermarsi in prossimità, facendogli corona. Era come se fosse l'apertura della cupola di un Duomo. Il fenomeno, iniziato prima delle otto di sera, durò diverse ore con questa grande forza e alcuni osservatori hanno sostenuto che non era dissolto neppure al nascere del giorno. »
Per Mairan è proprio l'aurora boreale, vista incombere dai greci pre-omerici sulle pendici della catena montuosa dell'Olimpo, ad aver determinato la nascita del mito che ivi localizza la sede degli dèi.
La luminosità a cui l'Olimpo dovrebbe il suo nome non è il consueto bagliore delle nevi inondate dal sole, o lo splendore di una cima che emerga improvvisa al di sopra delle nubi, ma la più sorprendente e fantastica luce che l'aurora boreale accende nel cuore della notte.

Bibliografia [modifica]

  • J.J. Dortous de Mairan, Traité physique et historique de l'Aurore Boreale, Paris 1733; 2ª ediz. 1754.
  • Id., Conjectures sur l'origine de la fable de l'Olympe, en explication et confimation de ce qu'en a été dit dans l'un des éclaircissemens au Traité physique et historique de l'Aurore boreale in:Mémoires de l'Acadèmie Royal des Inscriptions et Belles-Lettres (t. XXV), 1761.
  • Della congettura mairaniana esiste in italiano la traduzione dell'abate Melchiorre Cesarotti comparsa con il titolo "La conghiettura del Signor Mairan sopra la favola dell'Olimpo " nel tomo V de “L'Iliade d'Omero” per i tipi della Stamperia Penada, Padova 1790, pp.255-271.
Per l'interesse del primo Settecento alla questione dell'origine dei miti cfr.
  • G. Cantelli: "Mito e storia in Le Clerc, Tournemine e Fontenelle" in: "Giornale critico di storia della filosofia"III,1972, 385-401;
  • Id: "Nicolas Fréret: tradizione religione e allegoria nell'interpretazione storica dei miti pagani" in: "Giornale critico di storia della filosofia", III, 1974, pp.264-284 e IV, 1974, pp.386-407.

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