lunedì 20 maggio 2013

LA BOTANICA


La botanica è la scienza che studia le piante. Il suo nome, coniato nel 1° secolo d.C. dal naturalista Dioscoride, viene dal greco (botanikè) e vuol dire "arte di curare l'erba". L'interesse per le piante risale al più lontano passato: gli uomini compresero ben presto quanto esse potessero essere utili a migliorare la loro vita.
I vegetali costituiscono un universo di forme e di funzioni. Riforniscono d'ossigeno l'atmosfera e sono alla base della nutrizione degli altri viventi. Ricche di principi attivi nella lotta contro molte malattie, da sempre coltivate per i loro fiori, per i frutti, per l'aspetto ora leggiadro ora maestoso, le piante hanno accompagnato la storia dell'uomo sin dai suoi albori.
Il manto verde che condiziona la vita nel mondo
I vegetali sono presenti ovunque: negli oceani, nei corsi d'acqua, sulle terre emerse. È come se uno sconfinato schermo verde coprisse il nostro pianeta per filtrare e rendere utilizzabile la luce del Sole. L'energia solare permette infatti l'esistenza di tutti i viventi, non solo in quanto li inonda di calore, ma perché si lascia captare e utilizzare dalla prodigiosa sostanza verde presente nelle cellule vegetali: la clorofilla. Questa trasforma l'energia solare in quel tanto di energia chimica necessaria per costruire con semplici sostanze di partenza, acqua e anidride carbonica, molecole di composti organici molto più complessi ed essenziali per la nutrizione: gli zuccheri.
Al tempo stesso si libera ossigeno, che va nell'aria o nell'acqua rendendo così respirabile lo spazio dove vivono tutti gli esseri. I vegetali sono, quindi, i protagonisti di uno sterminato lavoro di produzione che fornisce alimento agli animali erbivori, ai carnivori e all'uomo stesso. Tutti questi insieme partecipano invece a un'immensa opera di consumo delle sostanze prodotte dagli organismi verdi costruttori.
Ai produttori e ai consumatori si affianca una terza categoria di viventi che decompone i rifiuti e i resti delle piante e degli animali morti per renderli ancora disponibili. Ne fanno parte i batteri e molti funghi microscopici, che svolgono una frenetica attività di restituzione all'ambiente delle sostanze semplici primarie poi riassorbite dalle piante verdi.
Ecco cos'è la vita: un incessante e gigantesco ciclo di trasformazione in cui le piante producono, gli animali consumano, i microrganismi decompongono e restituiscono.
In questo quadro l'uomo si delinea qual è: un animale quasi come gli altri. Perché 'quasi'? Perché noi soli, pur essendo consumatori come tutti gli animali, siamo riusciti a costruire potenti mezzi di sfruttamento dell'ambiente naturale di cui facciamo uso con libertà illimitata e spesso, troppo spesso, sconsiderata.
La botanica oggi
A oltre duemila anni dalla sua origine, la botanica ‒ detta dagli antichi scientia amabilis ("amabile scienza") perché si occupa di alberi e fiori, che sono tra le cose più belle della natura ‒ è ancora oggi in piena espansione. Soffermiamoci per esempio su un settore d'importanza strategica, la botanica agraria, che si occupa di migliorare i prodotti e di aumentare il rendimento agricolo.
Il problema della fame nel mondo è gravissimo, ma bisogna dire che i botanici non hanno mai cessato di cercare nuove vie per aumentare la produzione agricola e vincere così la scarsità di risorse. Un esempio ci viene dalla cosiddetta rivoluzione verde degli anni Sessanta del secolo scorso. Si trattò di un notevole incremento nella resa dei raccolti di cereali accuratamente selezionati (famoso fu il riso IR8), anche se la quantità di acqua, di fertilizzanti e di pesticidi richiesti dalle nuove colture fu enorme. È vero: si avevano raccolti mai visti, ma dopo qualche anno e dopo che molti paesi in via di sviluppo si indebitarono oltre misura per comprare le sementi e adeguarsi tecnicamente, ci si rese conto che i danni creati all'ambiente da fertilizzanti e pesticidi erano gravi e la rivoluzione verde apparve meno miracolosa del previsto.
La botanica in rapporto alle biotecnologie e alla genetica
Da quando esiste l'agricoltura, per avere piante più produttive è stata sempre praticata la selezione artificiale, che consiste nell'incrociare varietà con caratteri tra loro diversi ma entrambi utili. Per esempio, un tipo di pianta che resiste bene al freddo viene incrociata con un'altra varietà della stessa specie che resiste meglio alle malattie: ne nascerà un ibrido con i caratteri di entrambi i genitori. Anche se il sistema può sembrare semplice, bisogna conoscere alla perfezione la biologia riproduttiva, e nemmeno in tal caso è garantito il successo. Si ricorre perciò sempre con maggiore frequenza a metodi più sofisticati di biotecnologia o d'ingegneria genetica.
La biotecnologia, che comprende l'ingegneria genetica, è l'insieme delle tecniche, alcune molto antiche, che utilizzano altri esseri viventi per migliorare la qualità di un prodotto d'origine animale o vegetale o addirittura le caratteristiche genetiche di un dato organismo. Questo, dopo il trattamento, diventerà un OGM (organismo geneticamente modificato), detto anche organismo transgenico. Si cerca, per esempio, di ottenere piante poliploidi, cioè con un numero di cromosomi multiplo del normale, utilizzando sostanze che favoriscono la moltiplicazione dei cromosomi. Le piante poliploidi esistono anche in natura, sono molto vitali con alcune caratteristiche potenziate. Così la barbabietola da zucchero poliploide contiene più zucchero di quella normale. Tra i prodotti transgenici più coltivati ricordiamo invece il tabacco, la soia, il riso, la patata, il pomodoro, il mais, il cotone. In tal caso sono stati inseriti nel genoma dell'OGM uno o più geni provenienti da un'altra pianta più idonea per un dato carattere.
Un altro settore di punta della botanica è la genomica vegetale, quel ramo della genetica che si occupa di studiare il genoma (gene), cioè l'intero materiale ereditario contenuto nelle cellule di una specie. La prima pianta di cui è stata studiata tutta la sequenza genica si chiama Arabidopsis thaliana. È una piccola brassicacea, parente stretta del cavolo e della rapa, che chiede poca cura e che si riproduce rapidamente: una vera 'cavia vegetale'. In Arabidopsis thaliana il genoma è costituito da un numero di geni relativamente piccolo, alcuni dei quali però si ritrovano identici in piante più complesse come il riso, il mais, la soia. La sua utilità è perciò quella di costituire un modello genetico di queste altre piante, ma su cui è più facile fare ricerca.
Le possibili applicazioni della genomica si annunciano importanti per l'agricoltura, la medicina, la scienza dell'alimentazione.
La botanica antica
L'uomo della preistoria avviò il suo rapporto con le piante imparando a distinguere le buone dalle nocive e trasmettendone la conoscenza ai discendenti. Più tardi cominciò a praticare l'agricoltura, superando in tal modo l'incertezza dell'approvvigionamento del cibo quotidiano e appassionandosi sempre più al mondo vegetale.
Teofrasto (vissuto a cavallo tra 4° e 3° secolo a.C.) è considerato il fondatore della botanica. Nato in Grecia, a Lesbo, fu allievo di Aristotele, di cui all'inizio aveva condiviso l'idea che le piante fossero state originate da animali immobili ma con molti piedi che, nel tempo, si erano trasformati in radici. Teofrasto abbandonò in seguito questa teoria, affermando che invece le piante hanno caratteristiche proprie e che il mondo animale e quello vegetale sono profondamente diversi tra loro. Cominciò inoltre a classificare le specie vegetali allora note.
Con la caduta dell'Impero Romano (476), Atene e Roma furono sostituite da Bisanzio e poi da Damasco e Baghdad, che divennero importanti centri di cultura e di diffusione del pensiero scientifico. Vi arrivavano studiosi da tutto il mondo: ebrei, indiani, cinesi, greci che, unendo la propria scienza a quella araba, permisero, dall'8° secolo, la straordinaria fioritura della scienza islamica.
In Italia, intorno all'anno 1000, un centro di diffusione della scienza islamica divenne Salerno, dove la locale scuola medica insegnava a coltivare le erbe medicinali per applicarle nella cura delle malattie.
La rinascita del sapere scientifico
Con il passare dei secoli, lentamente, l'Occidente andò recuperando la sua cultura scientifica, ma fu solo nel Rinascimento che ripresero gli studi sulla natura. Tutte le scienze della vita ne trassero impulso e la botanica tornò a fiorire grazie a grandi personalità quali Leonardo da Vinci , che si occupò tra l'altro della riproduzione delle piante e dell'estrazione delle essenze dai fiori, o Andrea Cesalpino (vissuto nel 16° secolo). Quest'ultimo scrisse un'opera in sedici libri, Sulle piante, in cui descrive l'aspetto e le funzioni delle piante allora conosciute e propone un'interpretazione dell'organismo vegetale. Per Cesalpino le radici sarebbero la testa della pianta, mentre alla base, tra radici e tronco, avrebbe sede la sua anima. Il fiore poi sarebbe equivalente al sacco amniotico del feto dei Mammiferi. Anche se queste teorie oggi ci sembrano bizzarre, per la botanica di allora si trattava comunque di un progresso verso una conoscenza più analitica della natura.
Le rivelazioni del microscopio e i progressi della botanica
Nel 17° secolo fu inventato il microscopio che permise alle scienze biologiche (biologia) di compiere passi da gigante, tra cui la scoperta delle cellule. Il nome cellula si deve all'inglese Robert Hooke che nel 1667, osservando al microscopio un frammento di sughero, lo vide formato da cellette simili a quelle degli alveari e da lui chiamate cellule, ossia 'piccole celle'.
Nel Settecento la botanica fece progressi sostanziali, soprattutto nel campo della classificazione sistematica, grazie al lavoro del grande botanico svedese Linneo, che rese più agili le regole di catalogazione dei viventi.
Prima di Linneo si classificava un esemplare osservando l'aspetto esterno dell'animale (o pianta) che poi veniva inserito in un gruppo contenente tutti gli individui con caratteristiche simili. Per esempio, tutti gli animali con le ali venivano messi insieme (farfalla, uccello, pipistrello, e così via); la stessa cosa avveniva per le piante con le spine (rosa, cactus, mimosa, e così via). Per descrivere i vari individui venivano usati nomi comuni o lunghi giri di parole. Linneo propose invece di chiamare una pianta con due nomi latini (nomenclatura binomia): uno, con la lettera iniziale maiuscola, è il genere comune a tutte le specie affini; l'altro, con la lettera iniziale minuscola, è la specie. La rosa selvatica diventa così Rosa (genere) canina(specie), la patata Solanum tuberosum, la melanzana Solanum melongena, il pomodoro Lycopersicon esculentum. Nel 1753, nell'opera Sistema della natura, Linneo estese il suo metodo agli animali e all'uomo.
Tra i botanici dell'inizio dell'Ottocento va ricordato il francese Jean-Baptiste Lamarck che nell'opera La flora francese utilizzò il sistema di classificazione di Linneo, proponendo anche una teoria sulla trasformazione dei viventi in cui elaborava idee di evoluzione già da tempo serpeggianti tra i naturalisti. Lamarck sosteneva che in tutti gli organismi esiste una spinta verso il perfezionamento, da cui deriva la capacità di adattarsi all'ambiente e di trasmettere i vantaggi acquisiti ai discendenti.
L'Ottocento: nasce la biologia moderna
È con l'inglese Charles Darwin che nasce non solo la botanica, ma tutta la biologia moderna. Nel suo libro L'origine delle specie, pubblicato nel 1859, sostiene l'evoluzione nel tempo di animali, piante e dell'uomo stesso, di cui parlerà in dettaglio nel successivo L'origine dell'uomo, del 1871. Tutti i viventi, sostiene Darwin, discendono da antenati comuni da cui si distaccano nuovi e diversi esemplari che la selezione naturale provvede a scegliere o a eliminare. La teoria dell'evoluzione, da allora, ha rappresentato l'architrave della biologia che, grazie a questa 'rivoluzione copernicana', si è emancipata dai condizionamenti metafisico-religiosi diventando una scienza di frontiera.
Nell'Ottocento continuarono i viaggi di esplorazione, iniziati dopo la scoperta dell'America, che fornirono agli studiosi una quantità enorme di materiali biologici provenienti dal mondo intero. Oltre lo stesso Darwin, gran viaggiatore fu il tedesco Alexander von Humboldt, considerato il fondatore della fitogeografia o geobotanica, che studia la distribuzione delle piante nelle diverse regioni della Terra.
Per tutto il 19° secolo i botanici si dedicarono allo studio delle funzioni vegetali (fisiologia vegetale), tra cui la riproduzione sessuale delle piante con fiore che fu definitamene chiarita dal tedesco Eduard Strasburger nel 1880.
Anche i primi studi di genetica, condotti dal padre di questa disciplina, GregorMendel, furono compiuti su una pianta: il pisello comune (Pisum sativum), che Mendel utilizzò per studiare la trasmissione dei caratteri ereditari nell'arco delle generazioni. I risultati delle sue decennali osservazioni, riportati nel saggioEsperimenti sugli ibridi delle piante pubblicato nel 1865, dimostrarono che le unità ereditarie, più tardi chiamate geni, si trasmettono dai genitori ai figli al momento della fecondazione secondo regole ben precise e prevedibili.
Il Ventesimo secolo
Nel Novecento gli studi di botanica generale e applicata sono diventati sempre più vasti e approfonditi. Nel 1961 il chimico americano Melvin Calvin ha vinto il premio Nobel per le sue ricerche fondamentali sulla fotosintesi, la più straordinaria delle funzioni vegetali.
Si sono affermate inoltre nuove branche tra le quali la botanica farmaceutica, la micologia, cioè lo studio delle muffe e dei funghi, la paleobotanica, che studia le piante fossili, e la palinologia, che si occupa dei pollini sia fossili sia attuali.
Piante amiche, belle, utili, antichissime, fragili, forti. Per chiudere questo breve viaggio nel regno vegetale ricordiamo le parole attribuite a Leonardo da Vinci: "Chi taglia una pianta, quella si vendica colla sua ruina". Ossia chi distrugge una pianta ferisce la natura, ma chi danneggia la natura distrugge sé stesso.
Il polline detective
La palinologia studia i granuli di polline. Questi, prodotti sulle antere del fiore, sono le cellule riproduttive maschili delle piante superiori. Sferici o ellissoidali, visibili bene solo al microscopio, sono provvisti di uno spesso involucro (esina) che presenta caratteristiche di alta specificità quali pori, solchi, sporgenze.
Studiando la forma del polline è possibile cioè riconoscere di quale genere o famiglia di pianta si tratta. L'esina è costituita da un insieme di sostanze, le sporopollenine, molto resistenti nel tempo: fuori dal contatto con l'aria riescono a conservarsi per milioni di anni.
Il polline fossile, prigioniero di strati rocciosi o dei sedimenti del fondo di un lago, diventa quindi prezioso per ricostruire la storia geologica e la paleobotanica di un sito, dandoci informazioni sia sul tipo di piante sia sul clima di una volta.
Il polline viene studiato anche in criminologia o per datare antichi reperti umani.
Uno studio del genere è stato condotto recentemente sui pollini presenti su Oetzi, la mummia di Similaun oggi conservata a Bolzano, rivelando che l'uomo morì in primavera e non in autunno come prima si pensava.
treccani.it

1 commento:

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