martedì 26 marzo 2013

IL QUARTO PIANETA DEL SISTEMA SOLARE:MARTE


Marte è il quarto pianeta del Sistema Solare, contando dal Sole. È anche l’ultimo dei pianeti rocciosi. La sua orbita giace tra quella di Giove e della Terra. È anche uno dei cinque pianeti visibili ad occhio nudo ed il suo aspetto è quello di una brillante stella di color rosa-rossatro. Essendo un pianeta esterno, cioè trovandosi ad una distanza dal Sole maggiore di quella terrestre, può essere osservato in qualsiasi posizione del cielo, sempre compresa nella fascia delle costellazioni zodiacali, come tutti gli altri pianeti.
Il suo colore rossastro ha spinto anticamente i sacerdoti-astronomi babilonesi a chiamarlo Nergal, dal nome del dio della morte e della pestilenza. I Greci a loro volta lo chiamarono Ares, il dio della guerra mentre i Romani lo identificarono col nome attuale che rappresentava il dio delle battaglie.
Una breve scheda tecnica del pianeta ci mostra che il suo raggio equatoriale è di 3.398 chilometri, poco meno della metà di quello terrestre ed ha una massa di circa un decimo di quella del nostro pianeta. In modo del tutto casuale l’inclinazione del suo asse di rotazione ha una certa coincidenza con quella della Terra. Il periodo di rotazione è di 24 ore e 37 minuti, quello di rivoluzione, essendo l’orbita maggiore di quella terrestre, di 687 giorni. In pratica “l’anno” marziano è quasi doppio di quello terrestre. Il “giorno” marziano viene chiamato dagli astronomi “Sol”.
La distanza media di Marte dal Sole è di 228 milioni di chilometri ed essendo l’eccentricità dell’orbita abbastanza marcata tale distanza varia di un 10% circa fatto questo che ha creato non pochi problemi nell’ambito delle esplorazioni con sonde automatiche. Attorno a Marte orbitano due satelliti naturali: Phobos e Deimos che hanno l’aspetto di asteroidi e probabilmente tali sono. In epoche remote questi due oggetti facevano parte della fascia degli asteroidi situata proprio tra le orbite di Marte e di Giove. Phobos ha un diametro di 27 chilometri e compie un’orbita a 9.400 chilometri dalla superficie del pianeta, Deimos ha un diametro di 15 chilometri mentre il diametro della sua orbita è di 23.500 chilometri.
Nell’ambito della storia dell’astronomia il pianeta Marte ha rivestito una grandissima importanza in seguito agli studi di Tycho Brahe prima e di Johannes Kepler in seguito. Fra i grandi personaggi dell’astronomia Tycho Brahe riveste un ruolo di primaria importanza in quanto le sue osservazioni accurate delle stelle e del moto dei pianeti hanno fornito per decenni le migliori tavole di posizioni di oggetti celesti. Gli strumenti fatti costruire da Tycho portavano a precisioni mai avute in quell’epoca. Kepler è stato colui che ha seguito il lavoro di Tycho ed a cui Tycho stesso in punto di morte ha affidato il compito di svelare la forma dell’orbita proprio di Marte che era stato studiato per venti anni sia da Tycho che da Keplero. Tutti i tentativi fatti da Keplero per far coincidere i dati delle osservazioni con un’orbita circolare si rivelarono fallimentari tanto da costringerlo a ripudiare l’orbita circolare a favore di un’orbita ellittica. Probabilmente se i dati in possesso di Keplero non fossero appartenuti a Tycho, lo stesso Keplero li avrebbe scartati piuttosto che scartare l’idea dell’orbita circolare. Keplero sapeva quanto precisi erano quelle osservazioni quindi occorreva cambiare la forma dell’orbita. Da questo studio accurato vengono enunciate le famose Tre Leggi di Keplero, la cui prima appunto definisce le orbite dei pianeti intorno al Sole come ellissi. Il suo lavoro Astronomia Nova pubblicato nel 1609 espone i suoi risultati circa la forma dell’orbita di Marte. Tutto ciò porta a ritenere questo pianeta come estremamente importante nel campo della storia dell’astronomia.
Un altro fatto che ha reso Marte famoso è legato alla ipotetica presenza dei “marziani”.
Ormai il termine marziano è sinonimo di extraterrestre.

Durante l’opposizione del 1877 (si definisce opposizione la distanza minima tra un pianeta e la Terra, in pratica quando il pianeta si trova sull’allineamento Terra-Sole) l’astronomo italiano Giovanni Schiaparelli studiando al telescopio la superficie di Marte descrisse dei “canali” che aveva osservato. La parola italiana “canali” tradotta in inglese risulta essere “channels” cioè canali di origine naturale. Forse venne tradotta come “canals” che significa canali di origine artificiale e da qui l’equivoco.
L’astronomo americano Percival Lowell in seguito a questa notizia iniziò uno studio accurato della superficie del pianeta asserendo anche lui di vedere questi canali artificiali, segno di una civiltà morente che cercava di irrigare i deserti marziani convogliando l’acqua dalle calotte polari fino alle zone equatoriali. Che cosa aveva visto Lowell?

Niente! Gli ipotetici canali di Marte non sono altro che un effetto ottico legato sia alla cattiva qualità delle lenti dei telescopi, sia alla capacità dei nostri occhi di integrare una serie di particolari al limite della percezione e di vedere particolari che in realtà non esistono.
Qualcosa di simili può capitare quando si osserva attentamente ed intensamente la Luna ad occhio nudo: la sensazione è proprio quella di vedere particolari inesistenti. Tuttavia a quell’epoca questa “scoperta” diede il via a tutta una serie di storie fantastiche fra cui spicca la pubblicazione nel 1898 del libro La Guerra dei Mondi di Herbert George Wells che narra appunto dell’invasione dei marziani. Non solo, nel 1938 Orson Welles spaventò una buona parte della popolazione americana con una trasmissione radiofonica e molto realistica liberamente tratta proprio da La Guerra dei Mondi.

L’esplorazione di Marte
Negli anni ‘60 inizia l’esplorazione spaziale del pianeta da parte degli Stati Uniti e dell’Unione Sovietica.
Le sonde Mariner per parte americana e le sonde Mars e Zond per parte sovietica cominciano, dopo una inevitabile serie di insuccessi iniziali, a inviare le prime immagini che mostrano come la faccenda dei canali fosse solo un’illusione ottica. Marte somiglia più alla Luna che ad un mondo abitato da una civiltà morente.
Occorre tuttavia attendere il 1971 e la sonda Mariner 9 per vedere le migliori immagini del pianeta ed i famosi canali, però naturali, oltre a crateri, vulcani imponenti (il Mons Olympus ha una altezza di 27 chilometri ed un diametro alla base di 600 chilometri), un canyon lungo 5.000 chilometri, la Valles Marineris e tutta una serie di particolari che lo diversificano notevolmente dall’aspetto lunare che le prime immagini avevano mostrato.
Tuttavia la svolta più grande alle osservazioni di Marte la danno le sonde Viking 1 e 2. Queste due sonde erano entrambe composte da due parti: un orbiter cioè una sonda orbitante che aveva lo scopo di cartografare il pianeta con una risoluzione maggiore di quella fino ad allora ottenuta ed un lander cioè un modulo di atterraggio che di fatto era un vero e proprio laboratorio di analisi cui ovvio scopo era di trovare tracce eventuali di vita organica sul suolo marziano.
Il 20 luglio 1976 avviene l’atterraggio di Viking 1, mentre il 3 settembre 1976 fu la volta di Viking 2. Queste due sonde furono attive rispettivamente fino al 1980 e 1982, trasmettendo i dati. Anche le sezioni che erano rimaste in orbita proseguirono la trasmissione dei dati sino alla fine degli anni ‘70.
Veniamo agli esperimenti effettuati dai lander che in tutto sono stati tre. Un primo esperimento prevedeva l’uso di una coppia di telecamere che avrebbero ripreso qualunque forma di vita o crescita di piante. Un secondo esperimento veniva eseguito da un gas cromatografo e spettrometro di massa per cercare le molecole organiche nel terreno. Furono cercati il carbonio, l’ossigeno, l’idrogeno e l’azoto sotto forma di composti organici ma non ne furono trovati. Forse queste molecole venivano distrutti dai raggi ultravioletti emessi dal Sole e non bloccati dalla tenue atmosfera marziana. Infine c’era un esperimento biologico il cui obiettivo era la ricerca di processi metabolici come quelli utilizzati dai batteri, dalle piante e dagli animali. Nessuno dei tre esperimenti diede esito positivo, naturalmente, anche se il prelievo di terreno era molto superficiale e forse non proprio caratteristico di tutta la superficie del pianeta.
Le prove su deserti terrestri dei laboratori dei Viking avevano dato lo stesso esito: niente vita sulla Terra!
Le analisi del terreno prelevato dal braccio meccanico del Viking mostrarono che il suolo è prevalentemente composto da biossido di silicio (45%) e di ossido di ferro (19%) che produce la ben nota colorazione rossastra del pianeta. Sono inoltre presenti in quantità minori mangnesio, calcio, zolfo, alluminio, cloro e titanio.

Orografia del pianeta
Le immagini del Mariner 9 e successivamente dell’orbiter del Viking mostrarono tutta una serie di canali naturali.
Alcuni di questi sono catalogati come canali di deflusso e si suppone che si siano formati da inondazioni catastrofiche verificatesi quando il permafrost (strato di terreno ghiacciato situato sotto la superficie del pianeta) fu sciolto dal calore vulcanico con la conseguente formazione di laghi sotterranei defluiti in seguito al crollo del terreno soprastante. In uno di questi canali di deflusso è atterrata la sonda Mars Pathfinder proprio allo scopo di verificare tale ipotesi.
Le riprese dell’orbiter Viking mostrano anche che l’ipotesi di un oceano può essere plausibile.
Un oceano denominato Oceanus Borealis che ricopre una grande zona dell’emisfero settentrionale.
Le immagini mostrano quella che potrebbe essere la linea della costa.

Anche le scarpate che circondano due dei più importanti vulcani: il Mons Olympus ed il Apollinaris Patera mostrano delle strutture che secondo tale ipotesi potrebbero essere le coste di questo oceano.
Il problema che si pone, se tale idea fosse plausibile è dove sia finita tutta l’acqua.
In parte potrebbe essere evaporata e sfuggita nello spazio a causa della debole gravità del pianeta: solo pianeti delle dimensioni della Terra possono con la loro notevole forza di gravità trattenere i gas sia di una atmosfera che di vapor d’acqua di oceani in evaporazione.
Un’altra parte di quest’acqua potrebbe essersi depositata sotto forma di ghiaccio ai poli (su Marte sono presenti due calotte polari visibili da Terra coi telescopi) oppure essersi infiltrata nel sottosuolo e trasformatasi in permafrost in seguito all’abbassamento della temperatura dovuto alla mancanza di atmosfera. Anche molta anidride carbonica si dovrebbe essere dispersa nello spazio.
L’evoluzione climatica del pianeta potrebbe essere andata in questo modo: nel primo miliardo di anni di vita frequenti eruzioni immettono grandi quantità di anidride carbonica in modo tale da compensare quella persa nello spazio.
L’atmosfera era dunque abbastanza densa da scaldare a causa dell’effetto serra la superficie del pianeta con conseguente maggior umidità. Via via che si riduce l’attività vulcanica, col raffreddamento del pianeta, l’atmosfera diviene più rarefatta. Sporadicamente potrebbero esserci state delle modifiche climatiche dovute a residue attività vulcaniche o anche alla variazione dell’inclinazione dell’asse di rotazione del pianeta. Una possibile ripresa dell’attività vulcanica su grande scala, aumentando l’anidride carbonica, avrebbe provocato un riscaldamento dell’atmosfera e della superficie con conseguente scioglimento del permafrost che ha poi, come detto precedentemente, formato i canali di deflusso.
Tutta questa enorme massa d’acqua (le portate dei canali di Marte sono stimate essere cento volte maggiori della portata del Rio delle Amazzoni) si sarebbe riversata nei bassopiani dando origine all’oceano menzionato; un oceano con profondità medie di 700 - 1.700 metri. In tale maniera si sarebbe innescato un ciclo idrologico dall’oceano al suolo con la formazione, nelle zone circumpolari, di ghiacciai di cui oggi si trovano tracce sotto forma di sedimenti.

Mars Pathfinder
Quando il 4 luglio 1997 atterra su Marte la sonda Mars Pathfinder si chiude il ciclo (almeno si spera) della maledizione del pianeta.
Dopo la sonda Viking tutti i successivi tentativi di rivisitare il pianeta erano andati a vuoto: tre da parte sovietica (Phobos 1 e 2 e Mars96) ed uno da parte americana. Tutto ciò aveva alimentato le superstizioni su Marte e simpaticamente rinverdito l’idea dei “marziani” che non ci volevano sul loro pianeta. Inoltre fra le foto di Marte colte dall’orbiter del Viking una aveva mostrato l’inquietante immagine di una montagna che sembrava scolpita a guisa di gigantesca faccia sulla superficie di Marte.
Le ultimissime immagini del Mars Global Surveyor hanno definitivamente chiarito il mistero. ancora una volta l’immaginazione è volata più della realtà. La faccia di Marte è solo una montagna che le ombre della precedente immagine mostravano come un volto umano!
La sonda Mars Pathfinder come il Viking atterra sul suolo del pianeta ed una volta apertasi rilascia un rover, un veicolo a sei ruote delle dimensioni di un forno a microonde, il Sojournerche scorrazza liberamente nel giro di qualche decina di metri dalla sonda madre, denominata Stazione Carl Sagan. La zona dell’atterraggio e l’Ares Vallis che come detto in precedenza dovrebbe essere il letto di un antico fiume o bacino di deflusso.
Le finalità di questa missione, tutte svolte ben oltre le aspettative, erano l’acquisizione di informazioni sull’ambiente marziano da confrontare con quelle vecchie di ventuno anni del Viking. Il Lander ha analizzato l’atmosfera, il sojourner il suolo oltre all’esperienza della deambulazione sulla superficie del medesimo. Sono state misurate la pressione al suolo ed a varie altezze sia durante la discesa che in loco e le intensità del vento. Il sojourner ha naturalmente anche analizzato il suolo e tutta una serie di massi visibili intorno alla zone dell’atterraggio. Il buon successo della missione è stato dovuto anche in base al fatto che la componentistica della sonda si basava su materiali di uso comune e ampiamente collaudati sulla Terra. Questa nuova filosofia della NASA ha permesso di costruire sonde piccole, poco costose e rapide da progettare e spedire. L’era delle grandi sonde come la Galileo su Giove e la Cassini-Huyghens in viaggio verso Saturno ormai è definitivamente tramontata.

Meteorite Marziano
Come ultima informazione degna di importanza al riguardo di Marte è la scoperta di tracce di batteri e molecole organiche rinvenute su un meteorite di origine marziana rinvenuto tra i ghiacci dell’Antartide.
Negli ultimi trent’anni sono stati rinvenuti proprio nell’Antartide una incredibile serie di meteoriti di ogni genere caduti in epoche remote (il meteorite marziano era lì da 13.000 anni) e conservati nel ghiaccio. In seguito al moto dei ghiacciai antartici ed alla successiva evaporazione del medesimo vengono alla luce questi messaggeri dello spazio importantissimi perché recano informazioni su come era il primordiale sistema solare in formazione circa cinque miliardi di anni fa. In uno di questi meteoriti denominato ALH84001 un gruppo di scienziati che coprono varie branche delle discipline scientifiche hanno identificato con ancora un notevole grado di incertezza, al suo interno la presenza di carbonati ed anche la presenza di tracce fossili di batteri.
Tutta una serie di analisi chimico-geologiche mostrano senza dubbio che la roccia è di natura marziana e risalente a 4,5 miliardi di anni fa che in seguito ad un impatto meteorico (il possibile cratere è stato trovato) si sia staccata dal suolo di Marte 17 milioni di anni fa ed abbia vagato nello spazio fino a che 13.000 anni fa è piombato nei ghiacci dell’Antartide. Nel 1984 questo meteorite è stato ritrovato e da allora è stato ampiamente analizzato, sezionato, scaldato e quanto altro fino alle conclusioni prima citate. Questa scoperta, se verrà confermata più specificatamente, unita alle analisi della superficie di Marte potrebbe essere un indizio di una possibile vita passata sul pianeta rosso.
planet.racine.ra.it

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