venerdì 29 marzo 2013

I CORPI MINORI DEL SISTEMA SOLARE


Oltre ai vari pianeti ed al Sole il nostro Sistema Solare è popolato da altri oggetti spesso poco conosciuti o poco considerati. Questi oggetti sono denominati nel loro insieme Corpi minori del Sistema Solare ed appartengono a 3 grandi famiglie: Asteroidi, Comete e Meteoriti.

ASTEROIDI
Il nostro Sistema Solare cominciò a formarsi circa 5 miliardi di anni fa.
Le basse temperature che si riscontrano lontano dal Sole e la gran quantità di materia favorirono la nascita dei pianeti giganti: 
Giove, Saturno, Urano e Nettuno.
Le regioni più interne, dove la formazione procedeva più lentamente, risentirono delle forti perturbazioni gravitazionali prodotte in particolare dal massiccio Giove, che ebbero l'effetto di bloccare completamente la crescita di un oggetto di dimensioni planetarie nella zona fra Marte e Giove stesso, dove, infatti, si trova un gran numero di piccoli corpi: gli asteroidi, o pianetini.
Nel 1772 fu formulata una legge empirica che metteva in relazione le distanze dal Sole dei vari pianeti e che prevedeva la presenza di un pianeta tra le orbite di Marte e Giove.

Solamente il 1° gennaio del 1801 fu scoperto dall'abate palermitano Piazzi il primo asteroide, Cerere e si credette di avere finalmente trovato il pianeta mancante, ma negli anni a seguire furono individuati altri oggetti, che furono appunto denominati collettivamente “asteroidi” per via della loro apparenza assolutamente puntiforme al telescopio (asteroide = “a forma di stella”).
Le scoperte crebbero esponenzialmente con l'avvento di nuove tecniche, ad esempio quella fotografica, e oggi sono ufficialmente catalogati almeno 12.000 pianetini: in realtà questo è solo il numero di quelli di cui si conosce l'orbita con sufficiente precisione, poiché il numero reale degli asteroidi nel Sistema Solare, pur non essendo noto, è di gran lungo superiore, stimato nell'ordine dei milioni di corpi ma la loro massa stimata è sicuramente inferiore a quella della Luna.
Tutti gli asteroidi sono completamente privi d'atmosfera per via della debolissima gravità superficiale. Persino il loro aspetto presenta notevoli particolarità: soltanto i maggiori hanno una forma vagamente sferoidale; tutti gli altri, vista la minore massa, presentano piuttosto forma irregolare.
I pianetini mostrano poi notevoli irregolarità superficiali, crateri e cicatrici della loro passata evoluzione collisionale, come si può vedere dalle immagini ottenute dalle sonde spaziali. Un'altra caratteristica comune è la loro bassissima albedo (o riflettività).
L'albedo è il rapporto tra luce assorbita ed emessa dal corpo.
Nel caso dei pianetini questo valore è variabile da 0,02 a 0,4, valore che li pone tra gli oggetti più scuri che si possono incontrare nel Sistema Solare.

La loro densità media varia tra i 2 ed i 3,5 g/cm3
Nel caso degli asteroidi, densità media e albedo sono parametri strettamente correlati alla composizione chimica. Questa appare notevolmente diversa da corpo a corpo, tanto che da varie indagini sono stati riconosciuti e isolati più di una decina di gruppi diversi ma sono tuttavia due quelli principali:

  • I pianetini della classe C, i più numerosi, hanno un colore neutro e un'albedo molto bassa; sono ricchi di carbonati, minerali opachi e fotoassorbenti.
  • Gli asteroidi del tipo fisico S sono invece costituiti da rocce silicacee. Questi asteroidi sarebbero inoltre i corpi progenitori delle meteoriti più comuni che si possono trovare sulla Terra.
È interessante osservare che la distinzione tra le due classi si riflette anche in una diversa distribuzione spaziale. Gli oggetti del tipo S occupano di preferenza la parte interna della fascia asteroidale mentre quelli del tipo C orbitano invece nella zona esterna.
Anche l'albedo degli asteroidi tende a calare con l'aumentare della distanza, e ciò è dovuto alla diminuzione della temperatura col crescere della distanza dal Sole: i materiali più scuri, ricchi di carbonio e acqua, si condensarono nelle regioni più fredde e lontane dalla stella, mentre i materiali rocciosi brillanti erano meno volatili e poterono rimanere all'interno delle regioni più calde e vicine al Sole.
Un'altra osservazione significativa è suggerita dalla grande varietà di orbite percorse dagli asteroidi. Esse infatti non sono in genere né circolari né accuratamente disposte sul piano dell'eclittica: le eccentricità tipiche sono comprese tra 0,05 e 0,3, mentre le inclinazioni vanno normalmente da 0 a 35 gradi con un valore caratteristico di 8 ~ 10 gradi.
Questi valori medi non escludono ovviamente la presenza di oggetti con orbite molto più circolari e meno inclinate, o viceversa: si hanno infatti a volte orbite ellittiche molto schiacciate (con e > 0,3) simili quasi alle orbite cometarie, con inclinazioni che in alcuni casi possono oltrepassare i 60°, sebbene la maggior parte giaccia comunque in prossimità dell'eclittica.
Si osserva però che ben il 95% di essi si concentra in una regione compresa tra circa 2,1 e 3,6 UA [
UA = unità astronomica = 150.000.000 di chilometri.] dal Sole: la cosiddetta “fascia principale degli asteroidi”.
Come si è detto, i pianetini dal diametro apprezzabile sono relativamente pochi ed anche le distanze medie fra oggetti più piccoli sono piuttosto cospicue e si misurano in milioni di chilometri; se un'ipotetica navicella spaziale fosse di passaggio nella fascia degli asteroidi, la collisione con uno di essi resterebbe un evento altamente improbabile: una prima prova a questo proposito si ebbe negli anni 1973-74, quando le due sonde spaziali Pioneer 10 e Pioneer 11 della NASA, dirette verso Giove, attraversarono la fascia principale uscendone indenni dopo 7 mesi, e registrando sulla propria superficie solo l'impatto di pochi micrometeoriti.
Sono stati scoperti anche “asteroidi doppi” costituiti da un asteroide “madre” e da un asteroide “figlio” che ruota attorno al maggiore. Ne sono esempi il sistema Ida-Dactylus (sistema scoperto dalla sonda Galileo nel 1991) e, forse, Toutatis.
Non tutti i pianetini popolano la fascia principale: una piccola parte di essi presenta semiassi al di fuori dell'intervallo indicato o elevate eccentricità orbitali, cosicché non possono essere contenuti entro questa regione. Infatti alcuni sono esterni all'orbita di Giove ed altri possono incrociare l'orbita di Marte, ma, in numero sempre decrescente, anche quella della Terra, di Venere e perfino di Mercurio (l'asteroide 1566 Icarus, al perielio, si avvicina a soli 28 milioni di chilometri dal Sole).
In generale, col termine Near-Earth Objects (NEO) si intendono tutti quei corpi minori (asteroidi e comete) che si trovano a passare nei pressi dell'orbita terrestre durante il loro moto di rivoluzione attorno al Sole; si è assunto che questa distanza minima non debba essere superiore a 0,3 UA (circa 45 milioni di chilometri). Quando invece si parla solo di asteroidi allora si utilizza più correttamente il termine Near-Earth Asteroids (NEA).
Gli Earth-Crossing Asteroids (ECA) o Earth-Grazing Asteroids (EGA), in particolare, sono quegli asteroidi che possono intersecare la sezione di cattura della Terra a causa di perturbazioni a lungo termine dovute ai pianeti, e quindi hanno una possibilità “fisica” di collidere con il nostro pianeta.
Dunque i NEA, e in modo particolare gli ECA, rappresentano un potenziale pericolo per la Terra, e dai calcoli statistici risulta infatti che è probabile qualche collisione ogni milione di anni.
I NEA si suddividono convenzionalmente in tre classi, in base alla combinazione di due parametri orbitali dinamici attuali, il semiasse maggiore e l'eccentricità, che determinano a loro volta la distanza perielica e afelica; i nomi dei tre gruppi derivano dal primo asteroide scoperto avente le caratteristiche comuni agli altri componenti della categoria.
Gli asteroidi del tipo Amor hanno distanze perieliche variabili tra 1,017 e 1,3 UA; dato che la Terra orbita fra le 0,983 e le 1,017 UA dal Sole, essi possono attraversare l'orbita di Marte, e solo approssimarsi esternamente a quella terrestre.
Gli oggetti Apollo hanno il semiasse maggiore dell'orbita superiore a 1 UA mentre il perielio si trova sempre a distanza minore di 1,017 UA, di conseguenza tagliano tutti l'orbita della Terra sebbene abbiano un periodo orbitale più lungo di un anno.
Infine gli Aten, scoperti a partire dal gennaio 1976, sono i NEA più rari: passano la maggior parte del tempo nella zona di spazio interna all'orbita terrestre, incontrando la solo nei pressi del loro afelio, quando raggiungono la distanza di poco più di 1 UA dal Sole; dato che i loro semiassi maggiori sono in media più corti di quello della Terra, il loro periodo orbitale risulta minore di un anno.
Gli Apollo e gli Aten intersecano effettivamente l'orbita terrestre; i primi si trovano di solito esternamente ad essa, mentre i secondi sono spesso localizzati al suo interno, fra Venere e la Terra.
Considerando solo i corpi più grandi di un chilometro, i NEA rappresentano circa lo 0,1% della popolazione asteroidale totale del Sistema Solare. I ricercatori stimano che esistano circa 10.000 NEA con dimensioni comprese tra 0,5 e 5 chilometri, di cui oltre 2000 potrebbero avvicinarsi pericolosamente all'orbita terrestre.
Finora sono stati scoperti e catalogati circa 800 NEA, e in effetti 200 di questi, raggruppati sotto la sigla PHA (Potentially Hazardous Asteroids), presentano caratteristiche tali da avere probabilità di impatto molto maggiori della media. In verità, molti PHA non rappresentano attualmente un pericolo per la Terra, ma devono essere tenuti sotto controllo, perché le loro orbite potrebbero essere alterate dal passaggio radente con altri oggetti simili o con i pianeti stessi. Solo una frazione davvero piccola può considerarsi veramente rischiosa.
A differenza dei corpi orbitanti nella fascia principale risulta inoltre che gli asteroidi vicini abbiano dimensioni generalmente più contenute: i due NEA più grandi, con diametri medi dell'ordine di 30 chilometri, sono 1036 Ganymed e 433 Eros, sebbene in questa categoria siano stati osservati oggetti di dimensioni anche inferiori al chilometro (anzi, alcuni misurano addirittura solo pochi metri).
Pianetini di dimensioni analoghe appartenenti alla fascia principale, a causa della loro distanza, non sono osservabili con telescopi situati a terra, perciò i NEA offrono un'opportunità unica di studiare i corpi più piccoli del Sistema Solare. Inoltre alcuni scienziati non escludono che in futuro questi mini-asteroidi possano essere sfruttati come fonti di preziosi materiali utilizzabili in operazioni spaziali su larga scala.
La comunità dei planetologi è divisa per circa vent'anni tra coloro i quali ritenevano che i NEA fossero frammenti originati nella fascia principale situata fra Marte e Giove da collisioni reciproche tra i numerosissimi asteroidi che la popolano, e chi li considerava invece come probabili nuclei “morti” di comete a corto periodo, ormai prive della loro riserva di elementi volatili e quindi spente.


COMETE
Le comete sono dei planetesimi che si sono formati nel sistema solare esterno, oltre l'orbita di Giove, costituiti prevalentemente da materiali ghiacciati; sono più numerose degli asteroidi, ma, a differenza di questi ultimi, si muovono su orbite molto ellittiche o addirittura paraboliche.
Le comete si suddividono in quattro famiglie principali:
  1. a corto periodo (fino a 20 anni)
  2. a periodo intermedio (da 20 a 200 anni);
  3. di lungo periodo (oltre 200 anni);
  4. tra le comete di lungo periodo viene distinta una quarta famiglia, quella delle comete nuove (NC), che si muovono su orbite praticamente paraboliche (eccentricità maggiore di 0.999).
I primi due gruppi rappresentano le “comete periodiche”.
Una cometa è sostanzialmente formata dal nucleo, dalla chioma e dalla coda.
Il nucleo
Tutta la fenomenologia di una cometa trae origine da un nucleo monolitico, poroso, avente albedo e densità piuttosto basse e dimensioni che possono variare in diametro da poche centinaia di metri fino a circa 40 chilometri (cometa Hale Bopp). Un nucleo cometario è composto di polveri e di ghiacci volatili (cioè capaci di passare facilmente allo stato di vapore). Questi ghiacci comprendono come composto principale l'acqua, che da sola ne costituisce fino all 80% della massa.
Altri composti presenti sono il monossido di carbonio (10% della massa), il diossido di carbonio (10% della massa), e quantità minori di ammoniaca, metano e cianuro di idrogeno.

La disgregazione di questi materiali volatili di un nucleo cometario inizia quando esso dista dal Sole tra le 5 e le 3 U.A, ovvero quando il calore è abbastanza intenso da provocare la sublimazione del ghiaccio e la contemporanea vaporizzazione delle molecole intrappolate.
Nel marzo 1986 la sonda Giotto, nella sua missione intorno al nucleo della cometa di Halley, ne ha stimato le dimensioni di circa 8 x 15 chilometri. Ha inoltre evidenziato la presenza di fratture che lasciano fuoriuscire il gas e le polveri destinate ad alimentare la struttura della coda e della chioma.
È fuori dubbio che, una volta esaurita la riserva interna di ghiaccio, oppure nella impossibilità di fuoriuscita del materiale sublimato a causa della presenza di una sorta di crosta protettiva, l'aspetto del nucleo non sarà molto dissimile da quello di un asteroide.

La chioma
È l'elemento morfologico che dà il nome a tutti questi corpi celesti. Il primo aspetto da evidenziare riguardo la chioma è la sua enorme estensione rispetto al nucleo. Le dimensioni tipiche della chioma sono comprese tra i 30 mila e i 100 mila chilometri.
È costituita dai gas espulsi dal nucleo e fornisce preziose indicazioni sulla distribuzione della materia eiettata. Il materiale che sublima dal nucleo cometario per il calore solare e trascina con sé parte del materiale superficiale, forma inizialmente getti di gas e polveri diretti verso il Sole.
La coda
Pur essendo, per tradizione, il tratto caratteristico (e certamente più spettacolare di una cometa) non sempre la coda accompagna l'apparizione di questi corpi celesti.
I fotoni solari esercitano una sorta di pressione sulle particelle, denominata “pressione di radiazione” che diminuisce col quadrato della distanza dal Sole.
L'efficienza della pressione di radiazione cala con il crescere delle dimensioni dei granuli di polvere: i più grandi saranno i meno respinti di tutti e resteranno prossimi al nucleo, seguendolo da vicino e disseminandosi lentamente lungo l'orbita a costituire il materiale delle stelle cadenti.
I granuli più piccoli si allontaneranno dal nucleo e dall'orbita, disseminandosi in vaste regioni pressoché complanari con l'orbita stessa e formando la coda di polveri che risulta essere una struttura essenzialmente piatta sul piano dell'orbita. In condizioni geometriche opportune, quando la Terra attraversa il piano orbitale della cometa (cioè si trova in prossimità di uno dei due nodi di tale orbita) e quest'ultima è passata al perielio, è possibile l'osservazione di una coda che, partendo dal nucleo cometario, punta verso il Sole. Si parla in tal caso di “anticoda”, ma l'effetto è legato esclusivamente alla prospettiva. La coda è tuttavia reale e composta dai granuli di polvere più grossi. L'analisi spettroscopica delle code cometarie mostra la presenza di due componenti distinte: coesistono, infatti, sia uno spettro continuo di tipo solare, dovuto alla riflessione della luce solare ad opera del pulviscolo, sia uno spettro in emissione, causato da gas eccitato e ionizzato dalla radiazione solare.

Questa duplice natura diventa molto evidente in alcuni casi (ad esempio la cometa Hale-Bopp) in cui si è potuta notare una vera e propria biforcazione della coda cometaria. Quindi, anche grazie alla osservazione visuale, è possibile identificare la tipologia della coda: nel caso della coda di polveri si può notare una struttura ad arco, mentre la coda di plasma è caratterizzata da una struttura rettilinea disposta lungo la congiungente Sole-cometa.
La tipica forma arcuata della coda di polvere si spiega considerando l'azione di tre componenti: il suo moto orbitale, la forza gravitazionale esercitata dal Sole sui granuli di polvere e la pressione di radiazione.
Modelli cometari
All'inizio del secolo, il modello comunemente accettato sulla morfologia delle comete prevedeva che le comete fossero costituite da un insieme di particelle di materiale meteoritico, di natura estremamente porosa, contenenti una notevole quantità di gas molecolare che, liberato dall'azione del Sole, dava origine alla chioma. Tale modello fu denominato “a mucchio di ghiaia”.
Nel 1950 F. L. Whipple mise in discussione tale modello e ne propose uno nuovo, denominato “a palla di neve sporca”.
Whipple, in sostanza, scartava il concetto di nucleo cometario come aggregato di materiale meteorico legato dalla gravità, introducendo al suo posto un nucleo compatto composto di ghiaccio e di materiale non volatile che rendeva perfettamente conto delle osservazioni.

La causa del moto “non gravitazionale” delle comete può essere identificata nella presenza di un effetto razzo, dovuto alla velocità termica (dell'ordine di decine di m/s) di espulsione delle molecole dal nucleo a seguito della sublimazione di ghiacci.
L'anticipo o il ritardo del ritorno al perielio di una cometa può essere spiegato proprio ricorrendo a questo effetto razzo ed alla presenza di una rotazione del nucleo. Se la rotazione del nucleo è concorde con il moto di rivoluzione, la reazione del getto spingerà la cometa in avanti sull'orbita, allargandola, facendone in tal modo aumentare il periodo; se il nucleo ruota in direzione opposta al suo moto orbitale intorno al Sole, l'effetto razzo causerà una forza frenante che spingerà la cometa verso l'interno in direzione del Sole con la conseguente diminuzione del periodo (anticipo del passaggio successivo).
Tramite l'effetto razzo si può così spiegare, ad esempio, l'anticipo di due ore e trenta minuti della cometa Encke (il cui periodo di 3,3 anni è il più piccolo sinora conosciuto) od il ritardo di 4,1 giorni della cometa Halley.
Orbite
Le comete a lungo periodo, che costituiscono circa l'84% delle comete con orbite conosciute, entrano nella zona planetaria del Sistema Solare con qualsiasi inclinazione rispetto all'asse dell'eclittica e circa il 50% di esse è caratterizzato da rivoluzione retrograda.
Poiché ad ogni passaggio vicino al Sole una cometa perde parte del suo materiale, in un tempo più o meno lungo è destinata ad esaurire le sue componenti volatili.
Dato che dopo miliardi di anni compaiono sempre nuove comete, Oort propose che, a distanze molto grandi dal Sole (da 40 mila ad 80 mila U.A.) esista un serbatoio di centinaia di miliardi di comete, con orbite molto ellittiche e periodi dell'ordine di milioni di anni.
A riprova della validità dell'ipotesi, P. R. Weissman, responsabile della missione NASA sulla cometa Tempel 1, ha costruito un istogramma riportando in ascissa l'energia orbitale originaria delle comete, corretta tenendo conto delle perturbazioni dei pianeti ed in ordinata il numero di comete relative. In esso si nota, evidentissimo, un picco di 80 comete aventi energia orbitale praticamente nulla, cioè aventi un semiasse maggiore di migliaia di U.A.
In suo onore questo materiale fu chiamato “Nube di Oort”, un residuo della nube originaria di polveri e gas che si sarebbe condensata circa 5 miliardi di anni fa formando il Sistema Solare.
Nello stesso periodo in cui Oort avanzava la sua teoria, Kuiper ipotizzava l'esistenza di un grande anello di detriti primordiali, oltre l'orbita di Nettuno, una sorta di “anello saturniano” che cinge il Sistema Solare e che è denominato Kuiper Belt.

La fascia di Kuiper viene attualmente localizzata tra l'orbita di Nettuno e 100 U.A., la cui popolazione caratteristica sarebbe costituita sia da oggetti molto piccoli (raggi di pochi chilometri) sia da corpi di dimensioni maggiori (da 50 ad alcune centinaia di chilometri). Grazie alle osservazioni dell'HST (Hubble Space Telescope) si sono identificati, in orbite situate oltre quella di Nettuno, centinaia di oggetti, il cui raggio, ipotizzando un albedo di 0,4, è stato stimato in 5-10 chilometri. La fascia di Kuiper sarebbe il serbatoio da cui provengono le comete a corto periodo, ipotesi che è stata provata anche dalla possibilità che, grazie a piccole instabilità gravitazionali indotte dai pianeti giganti, questi oggetti possano adeguatamente rifornire l'attuale popolazione delle comete a corto periodo.
Si può comunque affermare che la nube estrema di Oort segna il confine del Sistema Solare. È plausibile pensare che si estenda fino ad 1/3 della distanza che ci separa da Proxima Centauri e che quindi a tali distanze le comete possano facilmente essere perturbate nel loro moto.
I due fattori fondamentali responsabili della perturbazione del moto sono:
  1. la forza mareale della Via Lattea;
  2. il passaggio di un'altra stella in prossimità del Sole.
Secondo Weissman, statisticamente ci si aspetterebbe che una stella passi a meno di 10 mila U.A. dal Sole ogni 36 milioni di anni e a meno di 3 mila U.A. ogni 400 milioni di anni.
Tra 1,4 milioni di anni la nana rossa Gliese 710 attraverserà la parte esterna nube di Oort a circa 70 mila U.A. dal Sole, che dovrebbe incrementare la frequenza delle comete solo del 50%.
È anche interessante notare che una volta all'interno del sistema solare, una cometa può avere un incontro ravvicinato con un pianeta, evento che può modificare i parametri orbitali della cometa.
A volte una cometa può avvicinarsi troppo ad un pianeta e venire distrutta.

È quello che è successo alla Shoemaker-Levy 9, che nel Luglio 1992 è stata spaccata dall'attrazione gravitazionale di Giove la quale, due anni dopo, ha portato il gruppo dei frammenti a schiantarsi contro il pianeta. Tali eventi non sono poi così rari: esempi ne sono le strane catene di crateri scoperte dal Voyager su Callisto e Ganimede, o i crateri da impatto scoperti sulla Luna e sulla Terra in Ciad (Africa).

METEORITI E METEORE
Meteoroide: corpo di origine asteroidale o cometaria, più grande di una molecola e più piccolo di un pianetino, che ruota attorno al Sole.
Meteora: complesso di fenomeni luminosi ed acustici che si produce quando un meteoroide entra nell'atmosfera terrestre vaporizzandosi.
Meteorite: residuo solido del fenomeno meteora che giunge al suolo.
Classificazione delle meteoriti
In base alla percentuale di silicati e di metalli le meteoriti possono essere classificate in:
  • Areoliti (94,2%): in prevalenza pietrose.
  • Sideroliti (1,2%): con circa il 50% di metalli ed il 50% di silicati.
  • Sideriti (4,6%): in prevalenza di Fe, Ni, Ge, Ga.
Le aeroliti si suddividono in condriti ed acondriti, a seconda della presenza o meno di piccole sfere chiamate condrule.
A loro volta le condriti si suddividono in ordinarie, le più comuni (74%) e carbonacee, contenenti fino al 5% di carbonio, sotto forma di grafite ed, in alcuni casi, di amminoacidi.
Gli amminoacidi sono i componenti delle proteine; sono i mattoni fondamentali della vita come noi la conosciamo e quindi un inizio extraterrestre dei processi che hanno portato la nascita della vita è assolutamente da prendere in considerazione!
Nella più famosa e più studiata di esse, la Murchison, ve ne sono una settantina di tipi, quindi anche diversi da quelli presenti sulla Terra.
La presenza di amminoacidi sconosciuti conferma l'origine extraterrestre di queste meteoriti.
Anche il materiale più antico conosciuto, 4,56 miliardi di anni, è una condrite carbonacea, caduta vicino al villaggio Allende, Messico, nel febbraio 1969. Ne sono state recuperate più di 2 tonnellate, che costituiscono più dell'ottanta percento di tutte le condriti carbonacee catalogate.

Il 18 gennaio 2000 un'imponente meteora illuminò i cieli sullo Yukon Territory, Canada. Pronte indagini in quel territorio disabitato hanno permesso di recuperare circa un chilo di frammenti, che si erano infilati nella neve e che sono stati poi classificati come condriti carbonacee. Il pronto recupero, l'appropriato imballaggio in atmosfera di azoto e la conservazione al freddo, fanno ben sperare che non vi sia stata eccessiva contaminazione biologica terrestre, nonché la preservazione dei composti più volatili.
Non è ancora stato possibile eseguire l'analisi biochimica; sono state solo eseguite analisi non distruttive e c'è molta attesa nell'ambiente dell'astrobiologia.
Recentemente si è ipotizzato che anche la meteorite Canyon Diablo (15,6 kg), residuo della meteorite di 60 mila tonnellate, che 50 mila anni fa produsse il Meteor Crater, sia di origine marziana.
Fanno parte della classe intermedia delle sideroliti le mesosideroliti; un bel esemplare di esse è stato rinvenuto, nel 1861, nel deserto di Atacama, Cile, presso la località di Vaca Muerta. La sua struttura non uniforme indica che la meteorite è il frutto di parecchie collisioni successive che l'hanno arricchita di differenti tipi di materiale. Un esempio di siderite è la meteorite trovata a Derrick Peak, Antartico.
Le meteoriti sono anche interessanti per l'astrofisica, perché conservano la registrazione del bombardamento di raggi cosmici subìto, talvolta nel lontano passato, durante la loro permanenza negli spazi interplanetari. Da questi preziosi reperti è stato accertato che il flusso medio dei raggi cosmici si è mantenuto costante, entro il 10% negli ultimi 5 mila anni ed entro un fattore 2 negli ultimi 4 miliardi di anni.
Sciami meteorici
Le meteore possono essere sporadiche (spesso associate a grosse meteoriti), o raggruppate in sciami che ogni anno si ripresentano con puntualità attorno a date fisse.
Si deve all'astronomo italiano Schiaparelli il merito di aver spiegato questi ritorni periodici degli sciami con l'attraversamento, da parte della Terra, dell'orbita di alcune comete. Queste, vicine al Sole da molti secoli, hanno distribuito molte particelle lungo la loro orbita, per cui la Terra, ad ogni passaggio, attira nella sua atmosfera un certo numero di piccoli meteoroidi.
PLANET.RACINE.RA.IT

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