L'Odissea (greco: Ὀδύσσεια, Odysseia) è uno dei due grandi poemi epici greci attribuiti all'opera del poeta Omero. Narra delle vicende riguardanti l'eroeOdisseo (o Ulisse, con il nome latino), dopo la fine della Guerra di Troia, narrata nell'Iliade.
L'etimologia del nome "Odisseo" è ignota. Lo stesso Omero cerca di spiegarla nel libro XIX connettendola al verbo greco "ὀδύσσομαι", il cui significato è "essere odiato". Odisseo, quindi, sarebbe "colui che odia" (in questo caso i Proci, che approfittano della sua assenza per regnare su Itaca) oppure "colui che è odiato" (in questo caso da tutti coloro che ostacolano il suo ritorno a Itaca). L'origine del nome, però, non viene dalla Grecia ma da una regione dell'Asia Minore, la Caria. In questa regione, Odisseo era il nome di un dio marino, il quale, in seguito all'invasione delle popolazioni indoeuropee, è stato assimilato nella figura di Poseidone. Ciò, dunque, fa intuire che l'Odissea trae le sue radici in antichi racconti marinari. Il nome, in definitiva, può avere il significato di "Colui che odia ed è odiato". Il nome Odisseo presenta tuttavia assonanze interessanti con altri concetti: odos - ou che significa "viaggio" e oud-eis che significa "nessuno" (da cui la risposta di Polifemo che ai ciclopi che gli chiedono perché avesse urlato risponde che "Nessuno ha cercato di ucciderlo"). Il nome Ulisse (Ulixes in latino, Ulixe in etrusco e Oulixes in siculo), datogli da Livio Andronico nella sua traduzione dell'opera, la prima in assoluto al di fuori dal greco, significa "Irritato" ed è stato scelto dal traduttore perché era abbastanza diffuso nel mondo latino e per l'assonanza con l'originale, a differenza di Odysseùs che suonava tipicamente straniero. Altri teorici però ritengono che "Ulisse" sia un soprannome e significhi, al pari dell'etrusco Clausus da cuiClaudio, "Zoppo", e sia più antico dell'opera di Andronico, in riferimento ad una ferita alla gamba riportata da Odisseo.
L'Odissea è un poema diviso in 24 canti, ognuno dei quali indicato con una lettera dell'
alfabeto greco minuscolo, per un totale di 12.110 esametri.
Il poema è uno dei testi fondamentali della cultura classica occidentale, e viene tuttora comunemente letto in tutto il mondo sia nella versione originale che attraverso le numerose traduzioni.
L'Odissea si presenta attualmente in forma scritta, mentre in origine il poema era tramandato oralmente da abili ed esperti
aedi e rapsodi. Questi ultimi recitavano i versi a memoria, mentre gli Aedi, nella narrazione, si servivano di un
metro regolare chiamato "
esametro dattilico" o "esametro epico". Ciascuno dei 12.110 esametri del testo originale è composto da 6
piedi; ciascun piede è alternativamente un
dattilo, uno
spondeo o un
trocheo.
TELEMACHIA
Telemaco, il figlio di Ulisse, era ancora un bambino quando suo padre partì per la
Guerra di Troia. Al momento in cui la narrazione dell'Odissea ha inizio, dieci anni dopo che la guerra stessa è terminata, Telemaco è ormai un uomo di circa vent'anni; condivide la casa paterna con la madre
Penelope e, suo malgrado, con un gruppo di uomini
arroganti, i
proci, che intendono convincere Penelope ad accettare il fatto che la scomparsa del marito è ormai definitiva e che, di conseguenza, lei dovrebbe scegliere tra loro un nuovo marito; la donna ha promesso che lo farà solo quando avrà finito di tessere un sudario per il suocero
Laerte; ma Penelope di notte disfa la tela tessuta durante il giorno.
La dea
Atena, protettrice di Ulisse, in un momento in cui il dio del mare
Poseidone, suo nemico giurato, si è allontanato dall'
Olimpo, discute del destino dell'eroe con il re degli dei,
Zeus. Quindi, assunte le sembianze di
Mentore, padre dei
Tafi, va da Telemaco e lo esorta a partire al più presto alla ricerca di notizie del padre. Telemaco gli offre
ospitalità e insieme assistono alle gozzoviglie serali dei proci, mentre il cantastorie
Femio recita per loro un poema. Penelope si lamenta del testo scelto da Femio, ovvero il "
Ritorno da Troia"
[1], perché le ricorda il marito scomparso, ma Telemaco si oppone alle sue lamentele.
Il mattino seguente Telemaco convoca un'assemblea dei cittadini di
Itaca e chiede loro di fornirgli una nave ed un equipaggio. Sciolta l'assemblea senza aver ottenuto nulla, Telemaco è raggiunto da Atena (che stavolta ha assunto le sembianze del suo amico
Mentore) che gli promette la nave e i compagni. Così, all'insaputa della madre, fa vela verso la casa di
Nestore, il più venerabile dei guerrieri greci che avevano partecipato alla guerra di Troia e che aveva fatto ritorno nella sua
Pilo. Da qui Telemaco, accompagnato dal figlio di Nestore, Pisistrato, si dirige via terra verso
Sparta, dove incontra
Menelao ed
Elena che si sono alla fine riconciliati. Gli raccontano che erano riusciti a fare ritorno in Grecia dopo un lungo viaggio durante il quale erano passati anche per l'
Egitto: lì, sull'isola incantata di
Faro, Menelao aveva incontrato il vecchio dio del mare
Proteo che gli aveva detto che Odisseo era prigioniero della misteriosa
Ninfa Calipso. Telemaco viene così a conoscenza anche del destino del fratello di Menelao,
Agamennone, re di
Micene e capo dei greci sotto le mura di Troia, che era stato assassinato dopo il suo ritorno a casa da sua moglie
Clitemnestra con la complicità dell'amante
Egisto.
Intanto Odisseo, dopo svariate peripezie che dobbiamo ancora apprendere, ha trascorso appunto gli ultimi sette anni prigioniero sulla lontana isola
Ogigia dove viveva la bellissima
ninfa Calipso. Quest'ultima si innamorò perdutamente di Odisseo. Il messaggero degli dei
Ermes la convince però a lasciarlo andare, e Odisseo si costruisce a questo scopo una zattera. La zattera, dato che il dio del mare
Poseidone gli è nemico, fa inevitabilmente naufragio, ma egli riesce a salvarsi a nuoto toccando alla fine terra a
Scheria sulla cui riva, nudo ed esausto, cade addormentato. Il mattino dopo, svegliatosi udendo delle risa di ragazze, vede la giovane
Nausicaa che era andata sulla spiaggia spinta da Atena a giocare a palla con le sue ancelle. Odisseo le chiede così aiuto, ed ella lo esorta a chiedere l'
ospitalitàdei suoi genitori
Arete e
Alcinoo, re dei Feaci. Questi lo accolgono amichevolmente senza nemmeno, dapprima, chiedergli chi egli sia. Resta parecchi giorni con Alcìnoo, partecipa ad alcune gare atletiche ed ascolta il cieco cantore
Demodoco esibirsi nella narrazione di due antichi poemi.
Il primo narra di un altrimenti poco noto episodio della guerra di Troia, "La lite tra Odisseo ed
Achille"; il secondo è il divertente racconto della storia d'amore tra due dèi dell'Olimpo,
Ares e
Afrodite. Alla fine Odisseo chiede a Demodoco di continuare ad occuparsi della guerra di Troia, e questi racconta dello stratagemma del
Cavallo di Troia, episodio nel quale Odisseo aveva svolto la parte dell'indiscusso protagonista. Incapace di dominare le emozioni suscitate dall'aver rivissuto quei momenti, Odisseo finisce per rivelare la sua identità, ed inizia a narrare l'incredibile storia del suo ritorno da Troia.
Dopo aver saccheggiato la città di
Ismara, nella terra dei
Ciconi, lui e le dodici navi della sua flotta persero la rotta a causa di una tempesta che si abbatté su di loro. Approdarono nella terra dei lotofagi e finirono per essere catturati dal ciclope Polifemo figlio di Poseidone, riuscendo a fuggire, dopo aver subito sei gravi perdite, con lo stratagemma di accecargli l'unico occhio e uscire dalla sua grotta appendendosi al ventre delle sue pecore. Questo scatenò però la rabbia di Poseidone. Sostarono per un periodo alla reggia del signore dei venti
Eolo, che diede ad Odisseo un otre di pelle che racchiudeva quasi tutti i venti, un dono che avrebbe garantito loro un rapido e sicuro ritorno a casa. I marinai, però, aprirono sconsideratamente l'otre mentre Odisseo dormiva: i venti uscirono insieme dall'otre, scatenando una tempesta che ricacciò le navi indietro da dove erano venute.
Pregarono Eolo di aiutarli nuovamente, ma egli rifiutò di farlo. Rimessisi in mare finirono per approdare sulla terra dei mostruosi cannibali
Lestrigoni: solo la nave di Odisseo riuscì a sfuggire al terribile destino. Nuovamente salpati, giunsero all'isola della maga
Circe, che con le sue pozioni magiche trasformò in maiali molti dei marinai di Odisseo. Il dio
Ermes venne quindi in soccorso di Odisseo e gli donò un infuso a base di erbe magiche, utile come antidoto contro l'effetto delle pozioni di Circe. In questo modo egli costrinse la maga a liberare i suoi compagni dall'incantesimo. Ulisse diventò poi l'amante di Circe, tanto che restò con lei sull'isola per un anno. Alla fine, i suoi uomini riuscirono a convincerlo del fatto che era giunto il momento di ripartire.
Grazie anche alle indicazioni di Circe, Odisseo e la sua ciurma attraversarono il
Mar Mediterraneo e raggiunsero una baia situata all'estremo limite occidentale del mondo conosciuto, nella terra dei
Cimmeri. Lì, dopo aver celebrato un sacrificio in loro onore, Odisseo invocò le ombre dei morti, allo scopo di interrogare lo spettro dell'antico indovino
Tiresia sul suo futuro. Incontrò poi lo spettro di sua madre, che era morta di crepacuore durante la sua lunga assenza, ricevendo così per la prima volta notizie di quanto succedeva nella sua casa, messa in serio pericolo dall'avidità dei proci. Incontrò poi molti altri spiriti di uomini e donne illustri e famosi, tra i quali il fantasma di
Agamennone (che lo mise al corrente del suo assassinio), quello di Aiace Telamonio (che si rifiutò di parlargli) e quello di
Achille (che gli domandò notizie di suo figlio
Neottolemo e del suo vecchio padre
Peleo).
Quando tornarono all'isola di Circe questa, prima della loro nuova partenza, li mise in guardia sui pericoli che li attendevano nelle rimanenti tappe del loro viaggio. Riuscirono a fiancheggiare indenni gli scogli delle
Sirene e passare in mezzo alla trappola rappresentata da
Scilla, mostro dalle innumerevoli teste, e dal terribile gorgo
Cariddi, approdando sull'isola
Trinacria. Qui i compagni di Odisseo, ignorando gli avvertimenti ricevuti da Tiresia e Circe, catturarono e uccisero per cibarsene alcuni capi della sacra mandria del dio del sole
Elio. Questo sacrilegio fu duramente punito dal Dio, che, con l'aiuto di
Poseidone, colpì Odisseo e i suoi compagni con un naufragio nel quale tutti, tranne Odisseo stesso, finirono annegati. L'Eroe fu spinto dai flutti sulle rive dell'isola di
Calipso, che lo costrinse a restare con lei come suo amante per sette anni.
Dopo aver ascoltato con grande interesse e curiosità la sua lunga storia, i Feaci, che sono un popolo di abili navigatori, decidono di aiutare Odisseo a tornare a casa: nottetempo, mentre è profondamente addormentato, lo portano ad Itaca approdando in un luogo nascosto. Al suo risveglio la dea Atena lo trasforma in un vecchio mendicante. In questi panni si incammina verso la capanna di
Eumeo, guardiano dei porci, che gli è rimasto fedele anche dopo così tanti anni. Il porcaro lo fa accomodare e gli dà da mangiare. Dopo aver cenato insieme, racconta ai suoi contadini e braccianti una falsa storia della propria vita. Dice loro di essere nativo di
Creta e di aver guidato un gruppo di suoi conterranei a combattere a Troia al fianco degli altri Greci, di aver quindi trascorso sette anni alla corte del re dell'
Egitto e di essere alla fine naufragato sulle coste
tesprote e da lì venuto ad Itaca.
Intanto Telemaco fa vela da Sparta verso casa e riesce a scampare ad un'imboscata tesagli dai proci. Dopo essere sbarcato sulla costa di Itaca, va anche lui alla capanna di Eumeo. Finalmente il padre ed il figlio si incontrano: Odisseo si rivela a Telemaco (ma non ancora ad Eumeo) ed insieme decidono di uccidere i proci. Dopo che Telemaco è tornato a palazzo per primo Odisseo, accompagnato da Eumeo, fa ritorno nella sua casa ma continua a restare travestito da mendicante. In questo modo osserva il comportamento violento e tracotante dei proci, e studia il piano per ucciderli. Incontra per primo il suo cane Argo che lo riconosce e dopo un ultimo sussulto di gioia muore felice per aver rivisto il padrone, incontra poi anche sua moglie Penelope, che non lo riconosce, e cerca di capire le sue intenzioni raccontando anche a lei di essere cretese e che un giorno sulla sua isola aveva incontrato Odisseo. Incalzato dalle ansiose domande di Penelope, dice anche che di recente in Tesprozia ha avuto notizia delle sue più recenti avventure.
La vecchia nutrice
Euriclea capisce la vera identità di Odisseo quando egli si spoglia per fare un bagno, mostrando una cicatrice sulla coscia che si era procurato da bambino, ed egli la costringe a giurare di mantenere il segreto. Il giorno dopo, su suggerimento di
Atena, Penelope spinge i proci ad organizzare una gara per conquistare la sua mano: si tratterà di una competizione di abilità nel tiro con l'arco ed i proci dovranno servirsi dell'arco di Odisseo, che nessuno a parte lui stesso è mai riuscito a tendere. Nessuno dei pretendenti riesce a superare la prova e a quel punto, tra l'ilarità generale, quello che è creduto un vecchio mendicante chiede di partecipare a sua volta: Odisseo naturalmente riesce a tendere l'arma e a vincere la gara, lasciando tutti stupefatti. Prima che si riprendano dalla sorpresa rivolge quindi l'arco contro i proci e, con l'aiuto di Telemaco, li uccide tutti. Odisseo e il figlio decidono poi di far giustiziare dodici delle ancelle della casa che erano state amanti dei proci e uccidono il capraio
Melanzio che era stato loro complice. Adesso Odisseo può finalmente rivelarsi a Penelope: la donna esita e non riesce a credere alle sue parole, ma si convince dopo che il marito le descrive alla perfezione il letto che lui stesso aveva costruito in occasione del loro matrimonio.
Il giorno dopo, insieme a Telemaco, va ad incontrare suo padre
Laerte nella sua fattoria, ma anche il vecchio accetta la rivelazione della sua identità solo dopo che Odisseo gli ha descritto il frutteto che un tempo Laerte stesso gli aveva donato. Gli abitanti di Itaca hanno seguito Odisseo con l'intenzione di vendicare le uccisioni dei proci loro figli: quello che sembra essere il capo della folla fa notare a tutti che Odisseo è stato la causa della morte di due intere generazioni di uomini ad Itaca, prima i marinai e coloro che l'avevano seguito in guerra dei quali nessuno è sopravvissuto, poi i proci che ha ucciso con le sue mani. La dea Atena però interviene nella disputa e convince tutti a desistere dai propositi di vendetta.
Ulisse (o Odisseo, dal
greco Ὀδυσσεύς, Odysseus), originario di Itaca, è uno degli eroi
achei descritti e narrati da Omero nell'
Iliade.
Al contrario di
Achille, personaggio principale dell'Iliade, che agisce dominato dagli istinti primordiali (l'Ira in particolare), Ulisse invece (uomo dal multiforme ingegno) ricorre sovente a stratagemmi e ai suoi molteplici talenti (è in grado di costruirsi una zattera sull'isola di
Calipso o di fare il cantastorie presso i
Feaci, ad esempio).
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